Per il cardinale la risposta a questa domanda «può soltanto arrivare» se ci si dedica «tutti i giorni all’intero processo di formazione che offre il seminario. A livello umano — ha raccomandato loro — dovreste poter sviluppare le vostre qualità sociali, specialmente nell’interazione con la gente. A livello intellettuale, sviluppare la vostra capacità di abbracciare le conoscenze, specialmente per acquisire la capacità di capire e risolvere le sfide. A livello spirituale, sviluppare il vostro rapporto con Dio, specialmente nell’approfondire il vostro dialogo con lui e nell’ascoltarlo».
Inoltre, ha fatto notare, «la formazione ha come obiettivo la trasformazione dei cuori». In altre parole «tutti i giorni dobbiamo purificare i nostri cuori, sbarazzarci da tutti quei difetti che ci ostacolano nel raggiungimento di due obiettivi essenziali: amare Dio ed essere pronti ad amare senza esitazioni il popolo di Dio che sarà affidato a noi sacerdoti». Essenzialmente «la formazione al sacerdozio è imparare a essere discepoli del Signore, il che richiede un rapporto intimo con Gesù stesso e un desiderio ardente di essere inviati a servire». Proprio questa, ha rimarcato il porporato, «deve essere la nostra preghiera e il nostro lavoro tutti i giorni»: diventare quelli che Papa Francesco chiama “discepoli missionari”.
«Essere un discepolo missionario — ha spiegato ai seminaristi — inizia con la scoperta della presenza di Cristo nelle nostre vite. La vostra formazione deve incentrarsi su quella relazione con il Signore che non delude mai “chi rischia” (Evangelii gaudium, 3) di seguirlo. Questo rapporto ci conduce alla scoperta di chi è veramente Gesù, perché egli “è il volto della misericordia del Padre” (Misericordiae vultus, 1)».
Del resto «il discepolato non è semplicemente una relazione privata» ha affermato. «Al contrario, più profonda è la nostra relazione con Cristo, più siamo spinti ad andare avanti, a essere missionari, a portare ciò che abbiamo ricevuto e cioè l’amore e la misericordia di Dio agli altri, specialmente a coloro che vivono ai confini della società, agli emarginati, a coloro che sono dimenticati». E «questo è il primo e fondamentale obiettivo del nostro ministero e della nostra attività sacerdotale: sì, andare ai margini da coloro che vivono nelle periferie, come ha detto il Papa, fisicamente, socialmente, psicologicamente e spiritualmente, in altre parole, coloro che la società espelle, per farli rientrare nella famiglia di Dio e nella società cui appartengono».
Redazione Papaboys (Fonte L’Osservatore Romano)