Ieri sera Israele aveva avvertito “se qualcuno cercherà di sfruttare questa finestra umanitaria per colpire, allora risponderemo fermamente”. Intanto l’attenzione internazionale è rivolta al Cairo dove le due delegazioni sono arrivate nella notte per continuare il negoziato su un cessate il fuoco che possa essere definitivo.
A Gaza intanto le forniture di cibo da parte delle agenzie e organizzazioni umanitarie sono drasticamente diminuite, la popolazione è sempre più povera e vulnerabile. Ingenti danni si contano anche nel settore agricolo indispensabile per la sopravvivenza delle persone e già pesantemente penalizzato dal blocco imposto da Israele. E’ ciò che testimonia al microfono di Francesca Sabatinelli della Radio Vaticana Marco Tinchelli, di Oxfam Italia, in questi giorni a Betlemme e Hebron:
R. – Ci sono tre sotto settori all’interno del settore agricolo: il primo è quello della pesca. Ora i pescatori di Gaza non possono andare in mare, non possono pescare, hanno subito danni alle imbarcazioni, alle attrezzature. Inoltre l’area di pesca, che solitamente è ridotta a sei miglia, è stata ulteriormente ridotta a tre miglia, e comunque – come dicevo – in questi giorni nessuno può uscire in mare. Questo avrà un impatto molto negativo per loro. Il secondo settore è quello dell’agricoltura, anche gli agricoltori stanno subendo dei grossi danni: non c’è accesso ai terreni e le serre e i campi coltivati sono stati gravemente danneggiati. Il protrarsi della crisi porterà molto probabilmente alla perdita dei raccolti, con un grave danno per l’economia di Gaza. Il terzo settore è quello dell’allevamento che riguarda anche i beduini di Gaza. È un settore pesantemente colpito, inoltre siamo nella stagione riproduttiva e lo stress subito dagli animali porterà alla perdita anche di questa. Sono danni molto gravi e l’economia di Gaza ne uscirà davvero a pezzi.
D. – Questa drammatica situazione si inserisce in un contesto che era già fortemente debilitato dal blocco …
R. – Esatto, il blocco imposto da Israele sulla Striscia di Gaza aveva già fatto sì che la situazione economica all’interno della Striscia fosse drammatica per le limitazioni imposte. Ad esempio, come dicevo prima, questa riduzione a sei miglia del limite consentito ai pescatori per pescare; la creazione di una Buffer Zone al confine con Israele che ha portato via terreni produttivi agli agricoltori palestinesi; e poi il blocco dell’ingresso di merci, materiali, anche da costruzione, che danneggia gravemente l’economia della Striscia. Questo avrà un impatto nel momento della ricostruzione, si prevedono tempi molto lunghi per riabilitare le strutture danneggiate perché, appunto, la presenza e l’implementazione del blocco limiterà l’ingresso di materiali per ricostruire e riabilitare le strutture danneggiate.
D. – Tra le strutture danneggiate – lo riportate anche voi nei vostri comunicati – ci sono le strutture idriche. E’ sempre stato problematico arrivare all’acqua per gli abitanti di Gaza. Oggi si parla di impossibilità e soprattutto di contaminazione dell’acqua …
R. – La questione acqua a Gaza è molto critica e lo era anche negli anni passati per via del fatto che c’è un sovrasfruttamento della falda acquifera che è tagliata fuori dal resto di Israele. Per cui l’incremento continuo della popolazione e il fatto che gli abitanti siano chiusi nella Striscia senza possibilità di uscire e di collegarsi a reti esterne, ha fatto sì – appunto – che la falda si impoverisse sempre di più. Poi, specialmente nella fascia costiera, l’acqua del mare ha iniziato a penetrare, quindi l’acqua dell’acquedotto è molto salata. Viene inoltre fatto un abbondante uso di pesticidi, per cui ci sono molte sostanze che filtrano e percolano nel terreno che poi vanno ad inquinare la falda. Con i danni di questi giorni la situazione si è ulteriormente aggravata: ci sono intere aree della Striscia che non hanno accesso all’acqua corrente. Questo potrebbe portare anche a problemi igienico sanitari, già lo sta facendo.
D. – Tu ti dividi tra Gerusalemme, Betlemme ed Hebron, quali reazioni vedi a ciò che sta succedendo a poca distanza da questi luoghi?
R. – La popolazione locale è abbastanza scoraggiata, purtroppo il conflitto in questa area del mondo si protrae da decenni. Per cui da una parte c’è paura e preoccupazione, ma anche una certa forma di rassegnazione. A Gerusalemme che è divisa in parte Est, palestinese, e parte Ovest, ebraica, le reazioni sono diverse. C’è soprattutto paura ad Ovest, mentre ad Est anche quando suonano le sirene la gente non si preoccupa più di tanto, anzi abbiamo visto anche episodi di festeggiamento. Come Oxfam chiediamo un immediato cessate il fuoco per porre fine alle violenze sulla popolazione civile. Deve essere però trovata una soluzione che vada in direzione di una ricerca di stabilità a lungo termine, per cui riteniamo fondamentale l’eliminazione del blocco, la cancellazione della Buffer zone, e delle limitazioni imposte ai pescatori di Gaza.
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