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Il coraggio della gioia! Riflessione di mons. Giovanni D’Ercole sulla cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi

Come tanti anch’io ho seguito la cerimonia d’inizio dei giochi olimpici a Parigi.

Si può discutere sulla bellezza o meno di tutto e ho visto anche la reazione di tante persone che hanno trovato fuori d’ogni gusto alcune coreografie e tra queste soprattutto quella che definiscono la parodia del celebre dipinto dell’ultima cena di Leonardo da Vinci.

Leonardo da Vinci cosa sta pensando di questa riproduzione scenica condotta con tanto spreco di cultura e di denaro?

Siamo nell’epoca del troppo spreco che riesce a oscurare la mente e indurire il cuore (come già prevedeva Dostoevskji proprio alla vigilia della sua morte) per cui si è perso il gusto del poco e del semplice, in altre parole della verità e del bene.

Tutto deve essere esagerato e l’effetto è che si produce tristezza e talora angoscia perché non c’è più la gioia di riconoscere e apprezzare ciò che siamo e ciò che abbiamo. Non manca poi chi grida alla “profanazione” del simbolo cristiano più alto e sublime che è l’Eucaristia.

Inutile mettersi a fare guerre perché ormai la realtà parla da sé. Se noi cristiani rinunciamo a testimoniare lo stupore della fatica di seguire fedelmente Gesù e il suo vangelo, ma ripetiamo che l’importate è l’amore comunque espresso, dobbiamo accettare che anche ciò che riteniamo parodia della fede (o blasfemia) sia una forma di amore, dato che per amore s’intende lasciare che ognuno lo faccia a modo suo.

Sono convinto che serve poco gridare contro le offese alla nostra fede perché la strada l’abbiamo già aperta dichiarando con i fatti che per dialogare con tutti dobbiamo ridurre il vigore della nostra testimonianza.

Molti musulmani con i quali convivo da ormai tre anni sono i primi a rifiutare ogni simile disprezzo della fede anche cristiana. L’estremismo violento di matrice jihadista (che tra l’altro colpisce prima di tutti gli stessi musulmani) esiste e non c’è da meravigliarsi se un giorno, come qualcuno comincia a ripetere, verrà con violenza a piantare i minareti laddove oggi ci sono le chiese e ce lo diranno anche: voi siete infedeli perché non siete più “gente che prega” cioè non avete più fede mentre noi difendiamo Dio, Allah.

Che fare allora? Se serve a poco protestare davanti a simili offese della fede cristiana, anche se è bene che qualcuno lo faccia con autorevolezza come hanno fatto subito i vescovi francesi, ciò che conta è vivere da cristiani sapendo di correre il rischio di essere emarginati e pronti a pagare cara la testimonianza con la vita.

Vescovo.GiovanniDErcole
Vescovo.GiovanniDErcole

C’è solo bisogno d’una cosa ed è possibile a tutti. Nel 1969, in piena crisi postconciliare, a tre giovani tra i quali il sottoscritto da lui incontrati privatamente a Castelgandolfo dopo la recita dell’Angelus san Paolo VI ripeté: “Se le società oggi cristiane un giorno perderanno la loro luce, occorre che resti un piccolo gruppo di cristiani che continuino instancabili a vivere il vangelo con gioia”.

“Il vangelo con gioia senza ambascia – disse proprio così – e con pace perché Dio non muore e ha già sconfitto la prepotenza di satana”. Allora continuiamo a essere cristiani sereni ma convinti, facendo dell’Eucarestia il tesoro irrinunciabile della nostra vita. Tutto ciò che oggi ci sembra fango, un giorno si cambierà in terrà fertile e feconda di bene e di amore, amore vero perché divino

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