Chi cerca di rendere tutta la vita oggetto di chiacchiera o peggio la tendenza a rendere le cose grandi cose noiose, non spengono il fascino che tali grandi questioni suscitano quando sono proposte con autorevolezza e passione. L’eco sollevata dalla lettera di Papa Francesco a Eugenio Scalfari e ben prima quella, vasta come il mondo, dell’appello per la pace, hanno mostrato in questi giorni come l’uomo si appassioni alle questioni essenziali della vita. La grande intervista a Civiltà Cattolica e il recente viaggio in Sardegna hanno attratto il cuore e l’attenzione di molti. Dio, la pace nel cuore e nel mondo, chi è Cristo e dove lo incontro, la verità, la coscienza, la testimonianza invece dell’accusa, sono argomenti che in questi giorni hanno attraversato non solo i media, ma anche i tavolini dei bar, i viaggi in auto tra amici, i pensieri sospesi tra il caffè e la prima preoccupazione per le questioni di lavoro.
Rompendo tanti schemi, facendo apparire risibili le furbizie di chi pensa che sia solo una questione di “comunicazione”, mostrando che l’interesse non dipende innanzitutto dalle strategie comunicative, ma dalla forza delle cose in gioco rispetto al personale senso del destino. Di fronte alle grandi questioni non si capisce tutto, non si arriva subito a chiarezza. E ad esempio della lettera di papa Francesco a un giornalista non credente c’è chi rimane colpito dall’idea della verità come relazione, chi dalla descrizione del cristianesimo come incontro, o chi da altro. Tutti coloro che si dedicheranno a una lettura attenta e non pregiudizievole vedranno lo splendore di una testimonianza semplice e viva, così come si è confermata nell’intervista a cuore aperto a Civiltà Cattolica. Le grandi questioni sono appassionanti proprio perché infinitamente profonde. E per così dire hanno la misura giusta per il cuore e per la mente umana: infinite, appunto.
Chi vuol rendere piccolo l’uomo e il suo interesse, chi ritiene che l’uomo sia fatto solo per irridere le cose grandi e per sciupare le cose profonde, nutre una amara ironia verso questi fatti di grande dialogo, di grande discussione. Non è raro notare una specie di amara corrosione, di avvelenata ironia quando si affrontano in pubblico o i privato delle grandi questioni. Sono spesso ironie difensive, o tentativi di stare lontano da un fuoco che invece attrae. Accade ad esempio con l’arte, il modo con cui l’uomo ha sempre cercato di affrontare l’emergere dei grandi stupori, dei grandi timori, delle grandi sorprese della vita. Spesso tra i ragazzi è così. E forse proprio per l’anno scolastico appena iniziato sarebbe interessante coi ragazzi, nelle aule, usare queste occasioni di riflettere sulla pace interiore ed esteriore e su cosa è avere fede. Invitare i ragazzi – che ne hanno una fame spaventosa, spesso irrisa da adulti avvelenati – a confrontarsi su questi testi, queste discussioni. Sarebbe triste un adulto che si trovi tra le mani e non lo usasse, in questo momento di crisi, tale tesoro per far scattare la miccia dell’entusiasmo verso le grandi questioni, ovvero dell’unico entusiasmo capace di far affrontare le piccole, le medie, le infime questioni della vita. Sarebbe uno spreco. Una viltà civile. Che si leggano queste cose nelle scuole, tra i ragazzi. Per stare all’altezza del loro desiderio. E del nostro.
(Attualità) autore: Davide Rondoni (Donboscoland)