Tutti e due, il diavolo e Cristo, Cristo e il diavolo, hanno appunto questo intendimento di dividere, il diavolo da Dio e Gesù da satana, il diavolo dalla salvezza e Gesù dalla dannazione, il diavolo dal Paradiso e Gesù dall’inferno. Però questa divisione che Gesù è venuto a portare sulla terra, Gesù l’ha voluta addirittura portare a delle ultime conseguenze, in quanto la divisione dal male, dal peccato, dal diavolo e dalla dannazione, questa divisione deve essere preferita anche alla divisione dal papà, dalla mamma, dai fratelli.
Non deve avvenire che per non dividersi dal papà o dalla madre, dai fratelli e dalle sorelle, tu debba dividerti da Dio. La divisione non deve avere nessuna motivazione, anche quella umana più forte, cioè la comunione nel sangue: papà, mamma, fratelli, sorelle, amici carissimi. Questo esempio Gesù lo ha portato nel Vangelo per farci convincere che nessun motivo deve farci dividere dal Signore, dalla volontà di Dio, dalla parola di Dio, dalla salvezza, anche se bisogna dividersi dal papà, dalla mamma, dalle persone più care quando questa unione può portare alla divisione da Gesù.
Nel Vangelo c’è un altro pensiero profondo: se Gesù ha portato questa motivazione – direi umanamente assurda questa divisione – ha voluto sottolineare questo pensiero suo: che cioè la divisione che vuole satana, cioè la divisione dal Padre Celeste e da Gesù, questa divisione dalla salvezza eterna, non deve trovare in noi nessuna motivazione per essere giustificata; perché Gesù ha un amore così grande, che per unirci di nuovo al Padre Celeste, alla sua volontà, alla parola di Dio, alla salvezza, alla gloria del Cielo, è morto sulla croce. Aveva un’angoscia grande finché non compiva questo mistero della nostra salvezza.
Che cosa vuol dire? Lui si è diviso, in un certo senso, dal Padre, è sceso dal Cielo sulla terra, si è diviso dalla Mamma che ha affidato a Giovanni, dai suoi cari, da tutti e da tutto, si è fatto peccato. Lui si è diviso da tutto e ha dato l’esempio di come Lui ha realizzato questa divisione. Il quarto pensiero è questo: noi che siamo coloro che credono in Cristo, abbiamo come programma di vita la divisione da satana, e dal mondo ateo e materialista, cioè la divisione dall’attaccamento eccessivo ai beni di questo mondo, a quei piaceri della carne che i Comandamenti non consentono di godere, e alla superbia della vita: il nostro Egocentrismo.
Noi, come vocazione cristiana, come programma di vita, dobbiamo dividerci radicalmente dal mondo che odia Cristo, per cui odia anche noi; e quindi dobbiamo dividerci da satana. Manteniamo questa divisione e teniamo presente Gesù Crocifisso – Risorto il quale ci ha dato l’esempio: a costo di dividerci da tutto e da tutti pur di rimanere uniti e fedeli con Cristo e con il Padre Celeste. Dobbiamo essere uniti saldamente al fine della nostra vocazione cristiana: poter amare il prossimo con la testimonianza della nostra fede. Approfondiamo il mistero dell’attaccamento al male alla luce della parola di Dio.
“Perché si gloria nella malizia colui che è potente?” Osserva, fratello mio, la gloria della malizia è la gloria degli uomini malvagi, i quali fanno della divisione da Cristo, il loro vanto. Disprezzano tutto quello che sa di religione e di moralità. Che cosa è questa gloria? Perché si gloria nella malvagità il potente? Più precisamente: perché si gloria colui che è potente nella malvagità? Noi dobbiamo essere potenti, ma nella bontà, non nella malizia. Infatti dobbiamo amare anche i nemici, dobbiamo fare del bene a tutti. Seminare il grano delle opere buone, coltivare la messe, aspettare finché maturi, rallegrarsi del frutto: la vita eterna per il quale si è lavorato, è di pochi; incendiare tutta la messe con un fiammifero solo, può invece farlo chiunque.
Avere un figlio, una volta nato, nutrirlo, educarlo, condurlo all’età giovanile, è una grande impresa; mentre basta un solo istante per ucciderlo e un qualsiasi demente può farlo. Poiché, quando si tratta di distruggere gli impegni e i valori del cristianesimo è ben facile. “Chi si gloria, si glori nel Signore” : chi si gloria, si glori nella bontà. È facile cedere alla tentazione, difficile invece è respingerla per ubbidienza a Cristo. Leggi quello che dice Sant’Agostino: Tu invece ti glori perché sei potente nel male. Che cosa farai, o potente, che cosa farai per vantarti così? Ucciderai un uomo? Ma questo può farlo anche uno scorpione, la febbre, un fungo velenoso. A questo si riduce dunque tutta la tua potenza: ad essere come quella di un fungo velenoso? Ecco al contrario ciò che realizzano i buoni, i cittadini della Gerusalemme celeste, i quali si gloriano non della malizia, ma della bontà.
Prima di tutto essi si gloriano non in sé, ma nel Signore. Inoltre quel che essi compiono a scopo di edificazione, lo compiono con diligenza, interessandosi di cose che abbiano valore duraturo. Che se compiono qualcosa in cui ci sia della distruzione, ciò essi fanno a edificazione degli imperfetti, non per opprimere gli innocenti. Se dunque a un potere malefico viene rapportata quella compagine terrena, perché non vorrà ascoltare quelle parole: Perché si gloria nella malizia colui che è potente? (Sant’Agostino). Il peccatore si porta in cuore la propria punizione dei suoi peccati. Nella iniquità tutto il giorno egli cerca di estorcere il piacere dal suo peccato. Non si stanca mai di pensare, di desiderare e di approfittare di tutte le occasioni favorevoli per agire, senza intervallo, senza pausa. Quando è impegnato in qualche cosa, e specialmente quando dovrebbe rivelare la sua iniquità, essa è presente e opera nel suo cuore. Quando non arriva alla conclusione dei suoi progetti infami, egli maledice e bestemmia.
In famiglia è taciturno, se gli viene chiesto qualcosa, si arrabbia; se il marito o la moglie, prova ad insistere, diventa cattivo, a volte violento e pericoloso. Quest’uomo, questa donna, deve attendersi il castigo che viene dalle sue azioni malvagie. La punizione più grande però la sente nel cuore, egli è la punizione di se stesso. Il fatto che diventa intrattabile e cattivo, è la manifestazione palese che il suo cuore è inquieto, è un infelice, è un disperato. La fedeltà e la serenità di chi gli sta vicino, gli dà fastidio e lo irrita. Il castigo di quello che sta facendo se lo porta dentro. Nonostante gli sforzi, non riesce a nascondere la sua inquietudine. Dio non lo minaccia, lo abbandona a se stesso. “l’ho abbandonato a satana perché si ravveda nell’ultimo giorno”, scrive San Paolo di un credente che voleva continuare ad essere sporcaccione.
Ci pensa il demonio quindi a tormentarlo facendolo continuare per quella strada che lo porta sempre più in basso, fino alla esasperazione e alla disperazione. Sant’Agostino dice ancora: Per incrudelire fortemente con lui, tu lo vorresti gettare alle belve; ma abbandonarlo a se stesso è peggio che darlo alle bestie. La belva, infatti, può dilaniare il suo corpo, ma egli non riuscirà a lasciare senza ferite il suo cuore. Nel suo intimo egli infierisce contro se stesso, e tu vorresti procurargli delle piaghe esterne? Prega piuttosto Dio per lui, affinché sia liberato da se stesso. (commento ai Salmi). Io non ho trovato una preghiera per i malvagi e neppure contro i malvagi. La sola cosa che possiamo e dobbiamo fare è quella di perdonare se gli offesi siamo noi; e di invocare su di loro la misericordia di Dio, nel senso che dobbiamo chiedere al Signore che il castigo che si sono procurati da se stessi, li porti alla conversione a Cristo per ottenere il perdono e la pace. di Don Vincenzo Carone
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