La misericordia è «la sostanza stessa del vangelo» dice papa Francesco, se non sappiamo unire la compassione alla giustizia, finiamo per essere «inutilmente severi e profondamente ingiusti». Molti però possono pensare che la misericordia sia un permettere tutto, quasi disinteressandosi della vita dell’altro.
Ma questa non è la misericordia evangelica, che invece si confronta con la vita dell’altro, che ha a cuore la storia degli uomini, soprattutto di quelli che fanno più fatica nel loro cammino, e che per la fragilità comune a tutti gli uomini possono sbagliare, vivere un esperienza di fallimento, essere anche causa di inciampo per molti fratelli.
La correzione fraterna invece è superamento dell’indifferenza, ed è uno degli atteggiamenti cristiani più decisivi per la salvezza del singolo e per la stessa comunità cristiana, la Chiesa. Se non ci si sente custodi, responsabili del fratello, dell’altro, (Gen.4,9), «sono forse io custode di mio fratello» allora si vive per se stessi, senza guardare agli altri, e di fatto si incoraggia la crescita del male, che sarà sempre più dilagante, in quanto non viene mai giudicato così.
Papa Francesco ci ha ricordato che tra le opere di misericordia, che quest’anno siamo chiamati a riscoprire, vi è «ammonire i peccatori». Dunque la correzione fraterna è al cuore della vita ecclesiale, ed è addirittura indicata come necessaria dalle parole di Gesù, contenute nel vangelo. Ma come praticarla? Innanzitutto prestando attenzione gli uni agli altri, (Eb, 10,24), Ma soltanto se si guarda con attenzione il Signore si diventa capaci di accompagnare con cura i fratelli e vedere l’altro nella verità, cercando di discernere il male compiuto, che non coincide mai con la persona (il vecchio detto si deve distinguere il peccato dal peccatore). Correggere dunque è una dimensione della carità cristiana. Non si deve tacere mai di fronte al male. Nel vangelo di Matteo al capitolo 18,15-17 leggiamo alcune indicazioni concrete date da Gesù: la correzione deve avvenire in tre tappe: «fra te e il tuo fratello», affinché il fratello si ravveda e il male non sia conosciuto da altri; poi se necessario la correzione va fatta in due o tre, in modo che chi ha commesso la colpa sia aiutato da più persone a pentirsi, se ciò non è sufficiente, si faccia ricorso alla correzione in mezzo all’assemblea.
Se no trattalo come un peccatore: cioè vallo a trovare, alloggia presso di lui, mangia con lui e convertilo con il tuo amore, come ha fatto Gesù con pubblicani e peccatori (Mc 2,13-17.). Nel Nuovo Testamento si chiede più volte di praticare la correzione fraterna (Rm.15,14; 2Cor.2,6-8; Tt.3,10-11;), ma si nota quanto sia difficile da attuare. Per correggere è necessaria l’umiltà e amore sincero, mai si deve giudicare, come si legge nel testo di Lc 6,37: questo significa non ritenersi mai superiori a colui che si corregge, in quanto siamo tutti fragili e bisognosi del perdono del Signore. Dunque la correzione fraterna è una declinazione della misericordia da vivere nella Chiesa e in mezzo a tutti gli uomini.
Redazione Papaboys (Fonte www.uccronline.it/Francesco Carensi)