Da oggi in Italia basteranno appena sei mesi per rompere il legame matrimoniale ed essere divorziati; al massimo un anno, se si decide di ricorrere al giudice, contro i tre anni che servivano fino a oggi. Un tempo che diversi esperti, psicologi e mediatori familiari, considerano necessario per consentire alla coppia quantomeno di riflettere sulla propria decisione. Soprattutto se ci sono di mezzo i figli. Non sono poche le coppie che magari dopo un attento esame e una pausa di riflessione, opportunamente aiutati, cambiano idea e non si separano più.
Il Parlamento ha offerto dunque una prova di forza trasversale a danno, ancora una volta, della famiglia.
Con l’approvazione in via definitiva (con 398 sì, 28 no e 6 astenuti) da parte della Camera la riforma delle norme sul divorzio, a 41 anni dal referendum del 1974, è cosa fatta. A favore hanno votato Pd, Sel, M5S, Scelta civica, Psi e Alternativa libera. Forza Italia e Area popolare (Udc e alfaniani) hanno dichiarato il loro sì lasciando, però, anche libertà di coscienza, viste le «diverse sensibilità» presenti nei gruppi. La Lega ha lasciato libertà di coscienza ma la maggior parte dei deputati leghisti, secondo quanto viene riferito, ha votato contro. In dissenso da Forza Italia, il deputato Antonio Palmieri ha votato contro.
Il tempo di attesa tra separazione e divorzio scende a un anno (invece di tre) se l’addio è giudiziale, ma se il divorzio tra i coniugi è consensuale il tempo scende a 6 mesi.
E non cambia nulla se nella coppia ci sono figli minori.Il testo che era stato approvato in prima lettura alla Camera, poi modificato al Senato – con lo stralcio della norma che prevedeva il divorzio immediato ma non solo – è stato definito dalla relatrice del Pd Alessia Morani «una norma di civiltà».
«Un altro impegno mantenuto. Avanti, è la #voltabuona», ha twittato il premier Renzi.
Dopo l’approvazione del “divorzio breve”, alcuni parlamentari hanno messo subito le mani avanti chiedendo rapidità nell’approvazioni di leggi sulle unioni civili, comprese quelle omosessuali. «L’approvazione del divorzio breve», ha scritto in un post su Facebook il senatore e sottosegretario agli esteri Benedetto Della Vedova, «dimostra che questa legislatura può garantire un deciso avanzamento del processo riformatore anche sui temi civili, su cui per lunghi anni l’attività legislativa ha fatto segnare gravi passi indietro, come sulla fecondazione assistita e la ricerca scientifica, o insostenibili battute d’arresto, come sul riconoscimento delle unioni civili e, in particolare, di quelle omosessuali. Ora si tratta, proprio a partire da questi dossier, di proseguire il lavoro fino al 2018».
Ridurre il matrimonio e il suo significato giuridico e sociale a qualcosa di sempre più simile a un patto elastico di convivenza, che si può sciogliere in brevissimo tempo e con estrema facilità, è un pericolo per tutti a cominciare dai figli. A parole, tutti i politici affermano di voler difendere e sostenere la famiglia ma purtroppo, nei fatti, si legifera in senso esattamente contrario come dimostra questa riforma.
Di Antonio Sanfrancesco per Famiglia Cristiana
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