Un passo ‘in avanti’ del Vescovo di Padova che dice tutta la sua mitezza: lo fa con un chiarimento in una intervista pubblicata da Avvenire, e dimostra che tutto il bene che si dice di lui è vero.
Pace e amicizia, giammai rinuncia al presepe. Non si tira indietro, monsignor Claudio Cipolla, vescovo di Padova, per precisare la lettera e il senso delle sue parole, che oggi hanno rischiato di aprire un altro fronte nelle ormai quotidiane polemiche sui simboli religiosi.
Alla televisione locale Reteveneta il presule lunedì aveva detto che farebbe «tanti passi indietro per mantenerci nella pace, nell’amicizia e nella fraternità. Non vorrei – aveva aggiunto – che ci presentassimo pretendendo qualche cosa che anche le nostre tradizioni considerano come ovvie». Parole semplici, che non lasciano supporre nessuna rinuncia a presepi, Bambinelli, ma che volevano forse stemperare un clima di esasperazione in cui i simboli religiosi talvolta vengono usati in chiave politica.
In ogni caso, le parole di monsignor Cipolla hanno suscitato molte reazioni: la più articolata è stata quella del governatore veneto Luca Zaia, che in una lunga lettera aperta sostiene che la difesa del presepe «sta diventando un argine identitario» per tutti, credenti e non, perché riguarda i concetti di «democrazia e di di libertà: libertà di pensiero e libertà di professare una religione». Secondo Zaia, la “presa di posizione” (che in realtà tale non è) del vescovo non è a favore della «civile convivenza, ma una affermazione che riesce a far apparire i cristiani che difendono il Presepe, e il suo valore religioso e identitario, come dei veri e propri fondamentalisti». «Un grande errore», conclude Zaia. Del resto, c’è da notare che in questi giorni, da Rozzano a Sassari, il Bambinello è spesso brandito in modo improprio: come una spada di civiltà, un vessilo di battaglia.
Il sindaco di Padova Massimo Bitonci (Lega Nord) su facebook ha chiesto ai padovani di stringersi «attorno al nostro Vescovo Padre Claudio perché non abbia paura di difendere le nostre tradizioni, la nostra cultura, le nostre radici cristiane». Toni concilianti, anche se in un’intervista a Reteveneta parallela a quella di monsignor Cipolla annunciava una serie di verifiche da parte dei funzionari negli asili e nei nidi comunali per capire se il Natale «viene celebrato con canti e presepi in maniera dignitosa».
In ogni caso, il presule, che altri in alcuni blog hanno accusato di «appeasement» (una sorta di “volemose bene”), ha voluto rimarcare di non aver mai detto di rinunciare al presepe. Piuttosto, in questo tempo in cui Papa Francesco chiama a costruire un mondo di pace, «non possiamo utilizzare le religioni per alimentare conflitti o inutili tensioni. Purtroppo le religioni spesso sono strumentalizzate per altri interessi».
A monsignor Cipolla è toccato di ribadire l’ovvio, è cioè di non essere contro la «presenza della religione nello spazio pubblico, né tantomeno contro le tradizioni religiose», ma né l’una né l’altra possono essere «strumenti di separazioni, conflittualità, divisioni». Fare un passo indietro dunque non è certo nascondere il presepe in cantina, ma «trovare nelle tradizioni, che ci appartengono e alimentano la nostra fede, germi di dialogo». Le fedi religiose, in particolare la fede cristiana, è la conclusione del vescovo, che è fatto il suo ingresso a Padova da poche settimane, “costruiscono relazioni, rispetto e dialogo e aprono ponti. Tutto ciò significa rifiutare ogni forma di strumentalizzazione polemica, perché le fedi sono sempre occasioni di incontro e di reciprocità, senza rinunciare alla propria storia, ma riscoprendone il valore più autentico”.
Redazione Papaboys (Fonte www.avvenire.it/Antonella Mariani)
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