«Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita e per goderlo nell’altra». Queste semplicissime parole dell’aureo Catechismo di san Pio X, troppo frettolosamente accantonato e relegato nel dimenticatoio in nome di una sua presunta anacronisticità e inadeguatezza ai tempi moderni, ci ricordano il fine per cui ogni uomo è stato creato: godere Dio nell’altra vita, ossia raggiungere ciò che la Tradizione della Chiesa ha denominato “eterna beatitudine”, che consiste in una perfettissima, ininterrotta, piena e assoluta felicità che non è dato a mente umana poter nemmeno lontanamente immaginare, ma che è promessa a coloro che hanno vissuto temendo, lodando, adorando, amando e servendo Dio.
Anche il Paradiso è una verità di Fede definita, alla cui precisazione dogmatica ha contribuito, più di ogni altro, il Sommo Pontefice Benedetto XII che nella Costituzione Benedictus Deus del 29 gennaio 1336 ebbe modo di scrivere le seguenti splendide e luminose parole: «Con questa costituzione che avrà vigore in perpetuo, Noi, in forza dell’autorità apostolica, definiamo che, secondo la generale disposizione di Dio, le anime di tutti i santi che hanno lasciato questo mondo prima della Passione di nostro Signore Gesù Cristo, e quelle dei santi apostoli, dei martiri, dei confessori, delle vergini e degli altri fedeli che sono morti dopo aver ricevuto il santo Battesimo di Cristo, e nei quali non ci fu nulla da purificare quando morirono, e non ci sarà nemmeno in futuro quando moriranno, oppure qualora ci sia stato o ci sarà in essi qualcosa da purificare, una volta che siano stati purificati dopo la loro morte; e le anime dei fanciulli che sono rinati mediante lo stesso Battesimo di Cristo e di quelli che devono essere battezzati, una volta che sono stati battezzati, e che sono deceduti prima dell’uso del libero arbitrio; subito dopo la loro morte, e la purificazione di cui si è detto in coloro che erano bisognosi di tale purificazione, anche prima della riassunzione dei loro corpi e del giudizio universale, dopo l’ascensione del Salvatore nostro Signore Gesù Cristo in Cielo, furono, sono e saranno in Cielo, nel Regno dei cieli e nel celeste Paradiso, con Cristo, associate alla compagnia degli angeli santi; e che queste, dopo la Passione e la Morte del nostro Signore Gesù Cristo, hanno visto e vedono l’essenza divina con una visione intuitiva e, più ancora, faccia a faccia, senza che ci sia, in ragione di oggetto visto, la mediazione di nessuna creatura, rivelandosi invece a loro l’essenza divina in modo immediato, scoperto, chiaro e palese; e che coloro che così vedono, godono pienamente della stessa essenza divina, e così, in forza di tale visione e godimento, le anime di coloro che sono ormai morti, sono veramente beate e hanno la vita e la pace eterna, e anche quelle di coloro che in seguito moriranno, vedranno la stessa essenza divina e della stessa godranno, prima del giudizio universale; e che una tale visione dell’essenza divina e il suo godimento fanno cessare in esse gli atti di fede e di speranza, in quanto la fede e la speranza sono peculiari virtù teologali; e, dopo che una tale visione intuitiva e faccia a faccia e un tale godimento ha avuto o avrà inizio nelle stesse, la stessa visione e godimento, senza alcuna interruzione o venir meno della visione e godimento di cui si è detto, permangono ininterrotti e continueranno fino al giudizio finale e da questo per tutta l’eternità» (Denz. 1000-1001).
Questa splendida definizione viene in parte completata da quanto asserito nella Bolla Laetentur Caeli del Concilio di Firenze (1439), allorquando precisa che i “gradi di gloria” del Paradiso sono distinti e dipendenti dai diversi meriti delle anime: «Quanto alle anime di coloro che, dopo il Battesimo, non si sono macchiate di nessuna colpa, e anche riguardo a quelle che, dopo aver commesso il peccato, sono state purificate o in questa vita o dopo la loro morte nel modo sopradescritto, esse vengono subito accolte in Cielo e vedono chiaramente Dio, uno e trino, come Egli è, ma alcune in modo più perfetto di altre, a seconda della diversità dei meriti» (Denz. 1305).
Da questi due meravigliosi documenti possiamo dunque descrivere il Paradiso nei termini seguenti.
Il Paradiso è il luogo dove si gode la visione beatifica, oppure visione di Dio faccia a faccia, e questo avviene in modo immediato (ossia senza il ricorso a nessuna mediazione di creatura, di segni, di simboli, di sacramenti, ecc.), intuitivo (cioè con una conoscenza intellettuale diretta che fa immediatamente comprendere e godere l’oggetto contemplato), chiaro (cioè senza più ombra alcuna di mistero o oscurità), scoperto (senza più alcun velo, nemmeno quelli santi della fede e della speranza, i cui atti anzi cessano immediatamente appena la visione beatifica ha inizio). Questa visione produce l’immediata e interminabile felicità (o beatitudine) che proseguirà anche nel corpo glorificato dopo la risurrezione della carne e il giudizio universale ed in ciò consiste la Vita eterna e la pace eterna. La visione di Dio sarà più perfetta a seconda del grado di santità raggiunto dalla creatura in terra. Maggiore sarà la santità conseguita nel tempo dell’esilio, maggiore sarà la conoscenza della divina Essenza e il gaudio beatificante da essa derivante.
Una piccola precisazione, quanto mai opportuna ai nostri giorni, su chi va in Paradiso. Il Paradiso non è affatto meta quasi automatica raggiunta da chiunque muoia comunque abbia vissuto in ragione di una non meglio precisata (anzi, del tutto distorta) “misericordia divina” che accoglierebbe tutti, subito e senza alcuna differenza o distinzione. La Costituzione Benedictus Deus afferma che vanno direttamente in Paradiso, oltre le anime degli apostoli e dei martiri, quelle delle vergini, dei confessori e degli altri fedeli battezzati nei quali non c’è nulla da purificare, perché, qualora ci fosse (come nella quasi totalità dei casi), la visione beatifica è preceduta dalla sosta di purificazione in Purgatorio. Unica eccezione certa sono le anime dei bambini battezzati – si badi – morti prima dell’uso della ragione (o libero arbitrio), perché appena essa iniziasse potrebbero macchiarsi di qualche colpa lieve che necessiterebbe di essere purificata. Non per nulla la divina Maria a Fatima, alla domanda di Suor Lucia se Francesco sarebbe andato subito in Cielo una volta morto, rispose: «Sì, ma deve recitare molti Rosari». Significa che quel fanciullo, pur tanto puro e innocente, alla sua tenerissima età (8 anni) aveva già commesso qualche lieve colpa alla cui espiazione avrebbe concorso la recita di tali Rosari (“molti”, specificò la Madonna). Si eviti pertanto di sostituire a tali dati definiti e rivelati le proprie (comode, ma fuorvianti) eventuali opinioni personali, che lungi dal rendere più accessibile, agevole e facile l’accesso in Paradiso servono solo ad ingrossare il numero delle anime che finiscono dannate, non occupandosi di vivere in grazia e nell’osservanza dei divini precetti nell’illusione che tanto, alla fine, tutti saranno salvati. Il che non è mai stato detto né insegnato da nessuno. Né dall’unico Maestro, il nostro Signore Gesù Cristo, né dalla sua fedele sposa, la Santa Madre Chiesa.
Fonte www.settimanaleppio.it
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