Papa Francesco ha ricevuto in udienza la Fondazione del Campus Bio-Medico di Roma, ente no profit costituito nel 2015 e promosso dall’Opus Dei con l’obiettivo di sostenere la ricerca scientifica e l’attività dell’omonima Università e del Policlinico.
(di Salvatore Cernuzio)
Una realtà che si è distinta nei mesi della pandemia per il servizio svolto con il Centro Covid e il Pronto Soccorso, andato di pari passo con l’impegno per gli anziani e coloro che sono affetti da malattie rare con la recente realtà dell’Hospice. Papa Francesco dice di conoscere questo lavoro e si rallegra di ricevere vertici e membri della Fondazione “nel giorno in cui festeggiamo San Luca, che l’Apostolo Paolo chiama il caro medico”. Al contempo, il Papa si dichiara consapevole della difficoltà al giorno d’oggi di “portare avanti un’opera nell’ambito della sanità, specie quando, come accade nel vostro Policlinico, si punta non solo all’assistenza, ma anche alla ricerca per fornire ai malati le terapie più idonee, e soprattutto lo si fa con amore per la persona”.
L’amore è il più importante criterio che il Papa domanda per chiunque operi nell’ambito sanitario. Amore che si sviluppa e si realizza solo operando “insieme”: una parola tanto “semplice” quanto “difficile da vivere”, specialmente in quest’epoca di pandemia. Proprio la pandemia ha però mostrato “l’importanza di connetterci, di collaborare, di affrontare uniti i problemi comuni”.
La sanità, in particolare cattolica, ha e avrà sempre più bisogno di questo, di stare in rete. Non è più tempo di seguire in modo isolato il proprio carisma. La carità esige il dono: il sapere va condiviso, la competenza va partecipata, la scienza va messa in comune.
“I prodotti della scienza se offerti da soli, rimangono dei cerotti in grado di tamponare il male ma non di curarlo in profondità”, ammonisce il Papa.
Questo vale ad esempio per i vaccini: è urgente aiutare i Paesi che ne hanno di meno, ma occorre farlo con piani lungimiranti, non motivati solo dalla fretta delle nazioni benestanti di stare più sicure. I rimedi vanno distribuiti con dignità, non come elemosine pietose.
La logica è sempre quella di “mettere il malato prima della malattia”, “essenziale in ogni campo della medicina” e “fondamentale per una cura che sia veramente tale, veramente integrale, veramente umana”. Questa “centralità della persona” è alla base dell’impegno nell’assistenza, ma anche nella didattica e nella ricerca, perché “aiuta a rafforzare una visione unitaria, sinergica”, afferma Papa Francesco.
Una visione che non mette al primo posto idee, tecniche e progetti, ma l’uomo concreto, il paziente, da curare incontrandone la storia, conoscendone il vissuto, stabilendo relazioni amichevoli, che risanano il cuore.
Ma se mettere al centro la cura della persona è fondamentale, non bisogna però dimenticare “l’importanza della scienza e della ricerca”. “La cura senza scienza – sottolinea Francesco – è vana, come la scienza senza cura è sterile. Le due cose vanno insieme, e solo insieme fanno della medicina un’arte
”.L’indicazione del Papa prende la forma di un appello, rivolto non solo al Campus Bio-Medico ma alla sanità cattolica in generale.
“Noi stiamo vivendo una vera cultura dello scarto e questa è un po’ l’aria che si respira e noi dobbiamo reagire a questa cultura dello scarto”, afferma Francesco a braccio. “Ogni struttura sanitaria – rimarca – in particolare di ispirazione cristiana, dovrebbe essere il luogo dove si pratica la cura della persona e di cui si possa dire: ‘qui non si vedono solo medici e ammalati, ma persone che si accolgono e si aiutano: qui si tocca con mano la terapia della dignità umana’. E questa non va negoziata mai, sempre va difesa”.
È quindi “uno sviluppo umano della ricerca” quello che invoca il Papa. “Spesso, purtroppo – dice – si inseguono le vie redditizie degli utili, dimenticando che prima delle opportunità di guadagno ci sono le necessità degli ammalati. Esse si evolvono continuamente e occorre perciò prepararsi ad affrontare patologie e disagi sempre nuovi. Ho in mente, tra gli altri, quelli di molti anziani e quelli legati alle tante malattie rare, che non si sa cosa siano, ancora non ci sono state le ricerche per capirle bene…”.
In tal senso, il Pontefice loda l’impegno del Campus che, oltre a promuovere la ricerca, aiuta “chi non ha mezzi economici per sostenere le spese universitarie” e affronta “costi rilevanti che il bilancio ordinario non può sostenere”: “Tutto ciò è molto buono, è bello far fronte a urgenze maggiori con aperture sempre più grandi”.
“Capire i contesti, radicare le cure, far crescere la cultura sanitaria”, è quindi il mandato che affida Papa Francesco: “Non è facile”, ammette, ma è una “vera e propria missione” che spetta alla sanità cattolica, chiamata ad essere “sempre più attiva, come espressione di una Chiesa estroversa, in uscita”.
All’inizio dell’udienza il presidente della Fondazione Campus Bio Medico, Paolo Arullani, nel suo saluto al Papa, ha ricordato “l’unità, il clima familiare e lo spirito di servizio” che caratterizzano il Policlinico e il Campus, dove “la ricerca, la didattica e l’assistenza si completano e rafforzano reciprocamente”. In particolare, “l’attenzione alla persona malata è un elemento caratterizzante”, ha detto Arullani, “la persona viene ancor prima della malattia”. Il presidente ha ricordato inoltre come la prima donazione sia provenuta dallo storico attore Alberto Sordi ed era “mirata alla salute dell’anziano con l’obiettivo di accoglierlo tra i giovani universitari”. Un impegno che prosegue ancora nel Campus, insieme a quello di accompagnare le persone fino all’ultimo istante della vita, con una “speciale attenzione verso chi ha più bisogno di vicinanza”: “Impressiona – ha detto Paolo Arullani – vedere gratitudine negli occhi dei pazienti e famigliari in momenti così difficili”.
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