R. – Con molta gioia perché la gente, certamente conosce molto bene Papa Francesco, la sua comunicazione così diretta e così schietta e attende di poterlo incontrare personalmente.
D. – Anche la comunità musulmana?
R. – Sì, penso che tutti si stiano preparando per questo incontro. C’è il desiderio di poter stare con lui, di poter scambiare qualche parola, qualche cosa.
D. – Viene ricordata la storica visita di Paolo VI, 50 anni fa, quando venne a Betlemme?
R. – Sì, naturalmente, quelli che lo conoscono sono le persone più grandi, i più giovani forse ne sanno di meno. Ma da quando si è cominciato a preparare questa visita, molte persone lo hanno ricordato, raccontando anche le proprie esperienze.
D. – Il prossimo incontro a Gerusalemme tra Papa Francesco e Bartolomeo I sta creando un clima nuovo con i monaci ortodossi della Basilica della Natività?
R. – Noi abbiamo un rapporto molto bello, molto schietto, molto cordiale. E’ chiaro che c’è questa attesa. Dico sempre che le buone relazioni cominciano dalle cose di tutti i giorni. Quindi, questa relazione c’è, ma penso che la visita di Papa Francesco e l’incontro con il patriarca Bartolomeo, serviranno anche per questo, per rafforzare i nostri vincoli.
D. – San Giovanni Paolo II nel 2000 disse che la Terra Santa ha bisogno di ponti e non di muri. A distanza di 14 anni è cambiato qualcosa a livello socio-politico a Betlemme?
R. – Alcune cose sono cambiate, altre ancora rimangono tali e quali, come Papa Giovanni II le trovò quando venne in visita. La speranza è che queste cose si possano cambiare in futuro. Certo, come sappiamo, i cambiamenti non sono così brevi a venire: ci vuole molto tempo, molta pazienza. Ma soprattutto penso che quello che Papa Francesco ricorderà è che la pace nasce dalla riconciliazione e dalla buona volontà delle persone di potersi incontrare.
D. – Gesù Cristo si è incarnato per portare al mondo la pace ma è veramente difficile raggiungerla in questa sua terra martoriata…
R. – Sì, questa terra è sempre stata motivo di contesa, dai tempi biblici, ancora prima. Perciò non c’è da meravigliarsi di questo. Credo che i tempi siano anche i cambiati, è cambiato il modo in cui ci si può presentare: prima non si dialogava, ma si faceva direttamente la guerra. Adesso, almeno ci si siede attorno a un tavolo e si cerca di raggiungere un accordo che possa essere buono per entrambe le parti.
D. – Un’ultima domanda personale. Lei, argentino e francescano, incontra il Papa argentino di nome Francesco: cosa si aspetta da questa visita?
R. – Poter incontrare il mio arcivescovo, prima di tutto, perché lo è stato a Buenos Aires, quando ero là. Poi, poter anche affidare questa piccola comunità che abbiamo qui, a Betlemme, che prega sempre per lui, che desidera soprattutto dare una buona testimonianza. A cura di Redazione Papaboys fonte Radio Vaticana
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