Alessandro De Franciscis è il primo italiano a guidare, dal 2009, il Bureau des Constatations Médicales del Santuario dove la Madonna nel 1858 apparve a Bernadette Soubirous: «Vi spiego come si arriva a dichiarare prodigiosa una guarigione»
Il bollettino ufficiale elenca 70 casi in centosessant’anni, dal 1858 ad oggi. I miracolati di Lourdes sono 56 francesi, 3 belgi, 8 italiani, una donna tedesca, un’austriaca e una svizzera. Il primo miracolo porta la data del 1° marzo 1858, diciassette giorni dopo la prima apparizione (11 febbraio) della Vergine Maria alla quattordicenne analfabeta Bernardette Soubirous. A guarire da una «paralisi di tipo cubitale, da stiramento traumatico del plesso-brachiale» fu la trentottenne Catherine Latapie, detta Chouat, di Loubajac, borgo a sei chilometri da Lourdes. Una voce nella notte tra il 28 febbraio e il 1° marzo le aveva ordinato: «Corri alla grotta e sarai guarita». Il penultimo miracolo porta la data del 4 maggio 1989 e riguarda Danila Castelli di Bereguardo, provincia di Pavia, guarita da un tumore all’utero che le avevano diagnosticato sette anni prima. L’ultimo, il 70°, è stato annunciato l’11 febbraio scorso, festa della Madonna di Lourdes, e riguarda suor Bernadette Moriau, francescana delle Oblate del Sacro Cuore di Gesù, guarita l’11 luglio 2008 da una grave paralisi che le impediva di camminare.
«Miracoli», secondo la Chiesa. «Guarigioni inspiegate allo stato attuale delle conoscenze scientifiche», sostiene Alessandro De Franciscis, 62 anni, ex politico e presidente della provincia di Caserta, dal 2009 il primo italiano alla guida del Bureau des Constatations Médicales di Lourdes che si trova ad appena duecento metri dal Santuario più visitato della cristianità.
Lourdes è l’unico luogo di pellegrinaggio al mondo dotato di un ufficio del genere. A istituirlo nel 1883 fu il medico Georges-Fernand Dunot de Saint-Maclou su richiesta di padre Rémi Sempé, primo rettore del Santuario, per governare il clamore attorno ai sempre più numerosi casi di guarigione e affinché nessun pellegrino lasciasse Lourdes dicendo di essere «guarito» senza aver sottoposto il suo caso a un controllo medico rigoroso e collegiale. «Sono il medico più strano del pianeta», si schermisce De Franciscis, «la gente viene da me non perché sta male ma per dirmi che è guarita».
Quante segnalazioni di guarigioni le arrivano ogni anno?
«Tra persone che ricevo nel mio ufficio, lettere ed e-mail poco più di cento all’anno. Di queste, circa una trentina all’anno sono degne di essere approfondite e potenzialmente interessanti. Il problema è che io da solo non posso fare nulla se non ho la collaborazione delle persone interessate».
Non collaborano?
«Non più di una persona all’anno. In passato molti ammalati arrivavano in pellegrinaggi organizzati. Adesso vengono da soli. L’ultima miracolata riconosciuta, la signora Danila Castelli, arrivò qui insieme con il marito».
Qual è la differenza?
«Se uno guarisce durante un pellegrinaggio organizzato e magari guidato dal vescovo, la comunità negli anni successivi aiuta il mio ufficio a vagliare e analizzare il caso. Oggi invece la presenza è più individuale, in molti casi da turismo mordi e fuggi. Molte persone che vengono a Lourdes non sanno neanche che esiste l’ufficio delle constatazioni mediche. In passato, i miei predecessori ricevevano grande collaborazione anche dagli ospedali francesi che pure erano controllati da anticlericali e massoni. Oggi questo non è possibile. Per ragioni di privacy, solo il paziente interessato può fornire al Bureau tutti i documenti clinici del suo caso».
In nove anni ha analizzato circa 270 casi di guarigione. Tutti miracoli potenziali?
«Nient’affatto. Attualmente sono circa una dozzina i dossier che vanno avanti grazie alla fondamentale collaborazione della persona che sostiene di essere guarita. Bisogna scavare a fondo nella storia medica del paziente, è un lavoro che richiede anni».
Perché si rifiuta di utilizzare l’aggettivo “inspiegabile”?
«Sarebbe un atto di presunzione da parte mia».
Come mai hanno scelto lei come medico permanente del Bureau?
«Nel giugno del 2008 ricevetti la lettera firmata dal vescovo di Tarbes-Lourdes, monsignor Jacques Perrier, che non conoscevo personalmente, il quale, su consiglio di un’altra persona, mi chiedeva di prendere servizio al Bureau. Pensavo fosse uno scherzo».
Perché?
«Ritenevo piuttosto improbabile che il vescovo di Lourdes scrivesse a una persona senza conoscerla, italiano per giunta, e impegnato in politica come ero io all’epoca».
Cosa faceva?
«Ero presidente della Provincia di Caserta dopo essere stato deputato dal 2001 al 2006. Chiesi al vescovo un periodo di riflessione e a settembre del 2008, pochi giorni dopo la visita a Lourdes di Benedetto XVI, chiamai monsignor Perrier per accettare l’incarico. Il 5 marzo 2009 mi sono dimesso da presidente della provincia per dedicarmi completamente a Lourdes».
Le manca la politica?
«No, ora sono l’uomo più felice del mondo».
L’incarico è a vita?
«È legato a un contratto di lavoro a tempo indeterminato con uno stipendio corrisposto dalla diocesi di Tarbes-Lourdes e va avanti fino all’età della pensione. Io dovrei smettere a 67 anni».
Ai dossier aperti dal Bureau collaborano anche medici non credenti?
«Sì, noi facciamo un lavoro strettamente scientifico. Ci sono agnostici, atei, anche qualche anticlericale. Non chiediamo il certificato di battesimo a nessuno. Chiunque si presenta al mio ufficio, purché medico, può analizzare i casi aperti ed esprimere il suo parere. L’anno scorso ho ricevuto al Bureau 4.500 medici».
Li ha contati?
«C’è un registro aggiornato quotidianamente con i loro nomi e gli alberghi in cui soggiornano».
Quali sono i passaggi principali per arrivare a dichiarare miracolo la guarigione di una persona?
«La diagnosi deve riguardare una malattia precisa e avere una prognosi grave, non necessariamente mortale. Giusto per intendersi: se uno ha un raffreddore, arriva a Lourdes, beve un bicchiere d’acqua alla fontana della grotta e il raffreddore sparisce non apro un dossier».
Quali sono i criteri?
«Quelli fissati dal cardinale Prospero Lambertini all’inizio del 1700 che sono gli stessi utilizzati ancora oggi dalla consulta medica della Congregazione per le Cause dei Santi. La guarigione, cioé, deve essere imprevista, senza segni premonitori; istantanea; completa e durevole nel tempo».
Tra i casi di guarigione che le segnalano la malattia prevalente qual è?
«Il cancro».
Dal 1883 ad oggi il Bureau quanti casi ha valutato?
«Nell’archivio conserviamo circa 7.500 casi di guarigioni inspiegate».
Non tutti sono stati dichiarati miracoli.
«No, dopo che il Bureau ha valutato come “inspiegato” un caso di guarigione, lo stesso caso viene sottoposto al giudizio del Comitato medico internazionale di Lourdes (CMIL) che esiste dal 1954, si riunisce una volta all’anno ed è composto da ventisette medici cooptati dal vescovo e rappresentativi delle varie specializzazioni mediche. Ci sono neurologi, internisti, chirurghi, psichiatri, pediatri».
Cosa fanno?
«Riesaminano di nuovo un caso già costatato dal Bureau e votano a scrutinio segreto per garantire la massima libertà a tutti. Per dichiarare inspiegata una guarigione almeno due terzi dei membri del CMIL devono votare a favore tracciando una croce sul “Sì”. I medici del Comitato non utilizzano mai la parola “miracolo” che compete, invece, al vescovo della diocesi dove risiede la persona guarita».
Da quando lei è medico permanente quante volte si è riunito il Comitato?
«Tre volte. Tra i casi esaminati due sono stati dichiarati miracolosi. Riguardano entrambe due italiane: suor Luigina Traverso di Novi Ligure, guarita il 23 luglio 1965 da lombosciatica paralizzante, e la signora Danila Castelli di Pavia».
Dopo il via libera del Comitato cosa succede?
«Il vescovo di Lourdes scrive una lettera al vescovo della diocesi dove risiede la persona guarita. Quest’ultimo può decidere di riconoscere quella guarigione inspiegata un miracolo operato da Dio per intercessione della Vergine di Lourdes e, implicitamente, dà mandato al guarito di testimoniarlo nella comunità come segno della Provvidenza divina. Molti vescovi, ad esempio, dopo aver ricevuto la segnalazione del vescovo di Lourdes decidono di non fare nulla».
La sua prima volta a Lourdes?
«Nel giugno 1973. Arrivai come barelliere con un pellegrinaggio dell’Unitalsi di Napoli. Frequentavo il quarto anno di liceo classico. Rimasi affascinato. Pensavo fosse un’esperienza solo mia, dopo ho scoperto invece che è così per molti pellegrini. Lourdes mi ha cambiato la vita».
Racconti.
«Qui ho deciso di iscrivermi a Medicina e di diventare medico pediatra».
Perché proprio pediatria?
«Mi misero di servizio alle piscine dove venivano immersi i bambini. Vidi di tutto. A sera, mentre assistevo un adolescente cieco dalla nascitascoppiai a piangere. Mi chiedevo: perché Dio permette tutto questo?».
E che risposta si è dato?
«Lourdes. Lo specifico di questo luogo è quello di essere un luogo di guarigione. La cosa curiosa è che nelle diciotto apparizioni a Bernadette, la Madonna non fa riferimento a miracoli, prodigi, persone malate. Tre giorni dopo la scoperta della sorgente accanto alla grotta, nella nona apparizione di giovedì 25 febbraio, cominciano a verificarsi una serie di guarigioni abbastanza eclatanti e inspiegate per i medici dell’epoca. Alla fine delle apparizioni, il 16 luglio, le guarigioni sono venti, a fine estate sono 40 e a fine anno 58. C’è un fenomeno imponente e inatteso di prodigi che spinge Lourdes a diventare un luogo specialista di guarigioni del corpo ma anche dell’anima».
E chi non ottiene il miracolo?
«Lourdes è il luogo che accoglie le fragilità umane. Grazie alla sua fama, si trasforma ben presto in un luogo che organizza un servizio di volontariato ad hoc per accogliere i malati, li fa arrivare qui grazie al trasporto integrato ferro-gomma, allestisce le piscine per consentire loro di ripetere il gesto chiesto da Maria a Bernadette di andare a lavarsi con l’acqua della sorgente accanto alla grotta».
Per questo le apparizioni di Lourdes sono riconosciute dalla Chiesa?
«I Papi hanno avuto un rapporto particolare con questo luogo. Pio XII nel 1957 gli dedica un’enciclica, unico luogo di pellegrinaggio ad avere questo privilegio. Ma il vero interprete dello spirito di Lourdes è stato Giovanni Paolo II il quale con vari atti di magistero indica Lourdes come il luogo di guarigione della Chiesa. L’11 febbraio del 1984, festa della Madonna di Lourdes, firma la Lettera apostolica Salvifici doloris sul senso cristiano della sofferenza. L’11 febbraio 1985 istituisce con Motu Proprio il Pontificio Consiglio per la pastorale dei malati e degli operatori sanitari. Il 13 maggio 1992 istituisce la Giornata mondiale del Malato fissandola all’11 febbraio. E l’11 febbraio 1994, davanti agli interrogativi della bioetica, istituisce la Pontificia Accademia per la Vita».
Credito: Famiglia Cristiana