Il Papa: “Lo Spirito Santo, autore della grazia, ci aiuti a vivere nella gratuità, ad amare anche chi non ci ricambia…”
(Fonte Vatican News/Debora Donnini) In una realtà complessa come quella di oggi in cui tanti, “tirati da mille parti”, si sentono “frammentati dentro” e “incapaci di trovare un punto fermo”, Gesù “ci indica il segreto della stabilità nel rimanere in Lui”, come i tralci innestati nella vite da cui traggono la linfa per vivere. Da qui parte il cammino di ciascuno verso l’unità, sottolinea l’omelia del Papa letta dal cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, che nel pomeriggio, nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura, ha celebrato i Vespri a conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, nella Solennità della Conversione di San Paolo. Per il ripresentarsi della sciatalgia, analogamente alla la Messa di ieri, Francesco non ha potuto presiedere la cerimonia che ha visto insieme molti esponenti delle varie comunioni cristiane.
Come partiamo atto, assieme al cardinale Koch, due rappresentanti delle altre Chiese e Comunità ecclesiali, un ortodosso e anglicano, scendono alla tomba dell’Apostolo delle genti, dove sostano per alcuni istanti in preghiera. La pandemia segna anche questa celebrazione come si vede dall’esigua presenza di fedeli, tutti muniti di mascherina.
“Rimanete nel mio amore: produrrete molto frutto” (Gv 15, 5-9) è il tema su cui, dal 18 al 25 gennaio, le Chiese e le confessioni cristiane hanno riflettuto e che il Papa dipana nel suo discorso centrato sull’”indispensabile unità” che, nota, ha più livelli, come tre anelli concentrici di un tronco. Il primo, “quello più interno è rimanere in Gesù” da cui scaturisce “la nostra integrità personale”, il secondo riguarda l’unità con i cristiani, con l’invito a mettere in secondo piano “gli ostacoli di un tempo”, e il terzo, il più ampio, con l’umanità intera. Un forte anelito in questo senso si sprigiona dall’auspicio del Papa:
Rimaniamo uniti in Cristo: lo Spirito Santo, effuso nei nostri cuori, ci faccia sentire figli del Padre, fratelli e sorelle tra di noi, fratelli e sorelle nell’unica famiglia umana. La Santissima Trinità, comunione d’amore, ci faccia crescere nell’unità.
La preghiera e l’adorazione, concretamente, costituiscono “l’essenziale del rimanere in Lui” mettendo ciò che popola il nostro cuore, gioie e paure, nel cuore del Signore.
Come “vasi comunicanti”, il bene e il male fatto da ciascuno si riversa sugli altri, si ricorda ancora nell’omelia, facendo riferimento a quell’unità con i cristiani che costituisce il secondo cerchio. Il Papa nota che nella vita spirituale vige una sorta di “legge della dinamica” per cui “nella misura in cui rimaniamo in Dio ci avviciniamo agli altri e nella misura in cui ci avviciniamo agli altri rimaniamo in Dio”.
La preghiera non può che portare all’amore, altrimenti è fatuo ritualismo. Non è infatti possibile incontrare Gesù senza il suo Corpo, composto di molte membra, tante quanti sono i battezzati. Se la nostra adorazione è genuina, cresceremo nell’amore per tutti coloro che seguono Gesù, indipendentemente dalla comunione cristiana a cui appartengono, perché, anche se non sono “dei nostri”, sono suoi.
Amare i fratelli però non è facile e per questo si spiega, richiamandosi al Vangelo di Giovanni, perché il Padre taglia e pota: per amare “abbiamo bisogno di essere spogliati di quanto ci porta fuori strada e ci fa ricurvare su noi stessi, impedendoci di portare frutto”.
Chiediamo dunque al Padre di recidere da noi i pregiudizi sugli altri e gli attaccamenti mondani che impediscono l’unità piena con tutti i suoi figli. Così purificati nell’amore, sapremo mettere in secondo piano gli intralci terreni e gli ostacoli di un tempo, che oggi ci distraggono dal Vangelo.
Ci si concentra anche sull’azione dello Spirito Santo che ovunque vuole ricondurre all’unità, portandoci a perdonare i nemici e i torti subiti, a essere “creativi nell’amore”:
Ci ricorda che il prossimo non è solo chi condivide i nostri valori e le nostre idee, ma che noi siamo chiamati a farci prossimi di tutti, buoni Samaritani di un’umanità vulnerabile, povera e sofferente – oggi tanto sofferente –, che giace per le strade del mondo e che Dio desidera risollevare con compassione. Lo Spirito Santo, autore della grazia, ci aiuti a vivere nella gratuità, ad amare anche chi non ci ricambia, perché è nell’amore puro e disinteressato che il Vangelo porta frutto. Dai frutti si riconosce l’albero: dall’amore gratuito si riconosce se apparteniamo alla vite di Gesù.
Il Papa rimarca, quindi, come lo Spirito Santo, “artefice del cammino ecumenico”, insegni “la concretezza dell’amore” verso tutti i fratelli con cui condividiamo la stessa umanità: “quell’umanità che Cristo ha unito a sé in modo inscindibile, dicendoci che lo troveremo sempre nei più poveri”. “Servendoli insieme – ricorda – ci riscopriremo fratelli e cresceremo nell’unità”. L’esortazione riguarda anche il prendersi cura della casa comune facendo “scelte audaci” sul modo in cui consumiamo. No dunque allo sfruttamento e allo spreco – indegno – di risorse preziose di cui tanti sono privi.
Riguardo poi alla preghiera di questa sera, mentre si fa esperienza dell’unità che nasce dal rivolgerci a Dio con una sola voce, dalle parole di Francesco scaturisce il ringraziamento per tutti coloro che in questa settimana hanno pregato per l’unità dei cristiani. Così il Papa rivolge i suoi saluti ai rappresentanti delle Chiese e Comunità ecclesiali convenuti: “ai giovani ortodossi e ortodossi orientali che studiano a Roma con il sostegno del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani; ai professori e agli studenti dell’Ecumenical Institute of Bossey, che sarebbero dovuti venire a Roma, come negli anni precedenti, ma non hanno potuto a causa della pandemia e ci seguono attraverso i media”.
Un’invocazione di unità, quella di oggi, così così significativa in un’epoca in cui l’interconnessione che si vive oggi ha mostrato, anche a causa della pandemia, tutta la sua portata.
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