“Siamo noi il futuro della città, se noi scappiamo, chi farà tornare L’Aquila quella che era una volta?” Sono le parole di uno degli oltre 150 giovani intervistati nell’ambito del progetto realizzato dagli allievi del corso di reportage del Centro sperimentale di cinematografia, a 6 anni dal terremoto del 2009
“Il mio futuro lo vedo pessimo, non mi resta che abbandonare una città economicamente, culturalmente distrutta, per cercare fortuna altrove. E invece no, io rimango, tutti noi dobbiamo rimanere, siamo noi il motore della città, se noi scappiamo, chi farà tornare L’Aquila quella che era una volta? Dinnanzi al pericolo e ai problemi non scappo, cosa che tutti gli aquilani, uniti, dovrebbero fare”. Sono le parole di uno degli oltre 150 giovani tra i 15 e i 30 anni intervistati nell’ambito di “L’Aquila, il mio futuro è qui”, percorso multimediale realizzato dagli allievi del Corso di reportage audiovisivo della sede in Abruzzo del Centro sperimentale di cinematografia – Scuola nazionale di cinema , con la direzione didattica di Daniele Segre e il coordinamento del sociologo Stefano Laffi, a 6 anni dal terremoto dell’aprile 2009. Cosa ne esce? Il ritratto di una generazione che vive a L’Aquila, inevitabilmente connotata dall’esperienza del sisma, ma ugualmente affine ad altri contesti italiani. “L’esito delle ricerche è ricco di interesse per il territorio in cui le indagini si sono svolte ma al tempo stesso rappresenta istanze che accomunano ovunque una generazione in cerca di futuro, non solo motivata da questioni anagrafiche, ma anche dalla complessità del momento storico attuale – ha detto Daniele Segre – Il titolo ‘L’Aquila, il mio futuro è qui’ esprime l’augurio per un futuro migliore, insieme alla voglia di scappare dal presente nel quale i giovani non si rispecchiano e dall’intenzione di mettere radici e cambiare il loro domani”. Il percorso multimediale è stato presentato oggi alle 11 nella sede della scuola a L’Aquila.
Lavoratori, studenti, universitari, ricercatori, disoccupati, insegnanti, allenatori, educatori. Sono oltre 150 gli aquilani tra i 15 e i 30 anni che si sono messi in gioco, diventando protagonisti di interviste, radiodocumentari, video e fotoreportage, non per dare luogo a un’indagine statistica ma per raccontare se stessi in prima persona con le proprie paure, i desideri, le aspettative, il bisogno di futuro. “Un evento accomuna tutti, la ferita del terremoto che è ancora aperta nei loro ricordi ed è soprattutto davanti ai loro occhi, ‘quel grande buco nero’ come chiamano il centro della città che, a differenza delle generazioni precedenti, non è qualcosa che hanno perduto, ma qualcosa che non hanno vissuto – dice Stefano Laffi – Non è nostalgia del passato o della routine quotidiana bruscamente interrotte a caratterizzare le loro parole, è il dispiacere di non poter godere oggi di una bellezza – quella architettonica e culturale – che si continua a vedere e riconoscere, ma non si può più vivere, dietro le impalcature”. Il ritratto che emerge dal progetto “L’Aquila, il mio futuro è qui” è quello della generazione del riscatto. “Così, di fronte alla scelta ‘restare o partire’ che ricorre nei pensieri di tanti ragazzi in tutta Italia, i più tra coloro che sono stati intervistati a L’Aquila vogliono restare, per il legame fortissimo con la città, forse più forte perché ferita, per gli amici e la voglia di fare qualcosa dove sono nati”, continua Laffi. Insomma se si parte non è a causa del terremoto, ma perché l’Italia in generale non offre grandi opportunità ai giovani.
E se la parola ‘futuro’ genera paura, smarrimento, interrogativi, dubbi e un forte senso di precarietà a L’Aquila come altrove, l’atteggiamento con cui questi giovani lo affrontano è prevalentemente positivo. “C’è una forte incertezza su cosa ci si attende dal domani, ma c’è la certezza di voler cercare un lavoro in cui realizzarsi, mettere su famiglia, piantare radici in città – afferma il sociologo – Qui, come altrove in Italia, sembrano tornare mete e valori tradizionali, come la famiglia e un posto di lavoro, proprio perché divenuti così incerti e quindi non scontati. Ma radicarsi a L’Aquila riveste una missione diversa, una sfida che molti sentono e raccontano”.
“L’Aquila, il mio futuro è qui” è composto da 9 reportage scritti, 9 in video e 9 radiofonici, un reportage fotografico con circa 2 mila immagini (di cui 200 confluite nella mostra). Per l’indagine sono state fatte interviste a giovani del territorio aquilano e a testimoni privilegiati, sono state raccolte schede autodescrittive nelle scuole superiori, condotti colloqui informali nei luoghi dello svago serale, svolte azioni di osservazione etnografica e di mappatura del territorio, analizzati dati demografici e materiali legati alla produzione culturale giovanile. In totale, sono stati contattati oltre 150 giovani, coinvolti uffici del Comune, dell’Università, delle scuole superiori, e sono state raccolte testimonianze, lettere, immagini. Gli altri docenti che hanno accompagnato gli aspiranti reporter sono Daria Corrias e Lorenzo Pavolini per la radiofonia, Antonio Manca per la scrittura, Emiliano Mancuso per la fotografia, Paolo Ferrari per la fotografia cinematografica. Gli allievi che hanno realizzato la ricerca sono Eva Bearzatti, Manuel De Pandis, Fabio Fusillo, Eleonora Gasparotto, Flaminio Muccio, Chiara Napoli, Giorgio Santise, Giovanni Soria, Giovanni Sfarra. Il percorso multimediale è visitabile il 18 dicembre dalle 9 alle 18, il 21, 22 e 23 dicembre dalle 9 alle 16, e poi dall’11 gennaio 2016 dal lunedì al venerdì alle 9.30 alle 17.30.
Redazione Papaboys (Fonte www.redattoresociale.it/lp)
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