Dietro questa lettera grande e bella – pensavo – ci deve essere una grande donna e un grande amore ma, sarò sincero, soprattutto pensavo che una donna una lettera così non l’avrebbe mai scritta. Cosa avrebbe fatto una donna? Mentre Melvin dormiva per il riposino pomeridiano, papà ha scritto una lettera al mondo. Se la parti fossero al contrario e il morto fosse Antoine, mamma cosa avrebbe fatto? Di preciso non lo so ovviamente, perché non la conoscevo, ma so quello che fanno le donne che stimo. Loro, quando soffrono da morire per la morte di quanto hanno di più caro, se fanno l’avvocato tornano in ufficio e si buttano sul lavoro. Se sono giornaliste vanno in redazione e se sono medico vanno all’ospedale. Ma soprattutto, quando sono a casa, non scrivono lettere su Facebook. Smontano gli armadi e fanno tutti i cambi di stagione della famiglia in un pomeriggio. Sgrassano la cucina. Puliscono pavimenti tappeti e le fodere del divano. Una lettera così è assolutamente maschile. Non voglio scomodare Freud ma sembra che sia proprio degli uomini avere una dimensione sociale. Noi non sappiamo soffrire in silenzio. Anche se tacciamo si vede che stiamo soffrendo. Lo deve sapere il mondo.
Lettera struggente. Colpisce. Sfonda. Commuove. Come le cinquanta rose rosse che un uomo manda alla sua donna per chiedere scusa per l’ennesimo litigio. Di solito arrivano quando lei ha detto “stavolta basta è troppo”. Cinquanta rose rosse per la cinquantesima volta che non hai capito, marito fidanzato, quello che dovevi capire. Questa lettera fa da audio, da sottofondo struggente, al risveglio del piccolo Melvin – diciassette mesi – che deve fare merenda e non sa perché mamma non c’è. Quando una donna soffre non parla, non scrive, non telefona ma riordina il mondo, il suo. Siamo diversi. Forse per questo ci attraiamo e questa attrazione è il modo in cui l’amore rincolla i cocci del mondo. Ne abbiamo bisogno. Siamo pieni di cocci taglienti.
Di Don Mauro Leonardi
Articolo tratto da L’Huffingtonpost
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