La catena che è prevalentemente di formazione calcarea, si stacca dal sistema montuoso centrale della Palestina e da sud-est si prolunga verso nordovest, lasciando a sud-est la pianura di Esdrelon e terminando in un promontorio che domina il mare a sud della baia di Haifa. Misura 30 km di lunghezza e dai 12 ai 16 metri di larghezza, mantenendosi su un’altezza media di 500 metri.
La catena del Carmelo segna il confine fra la Galilea e la Samaria.
Solcato da frequenti valli, forato da numerose grotte che furono sicuro riparo ai perseguitati (Am 9,2-5) e con i fianchi ammantati di ricca vegetazione, il Carmelo è spesso ricordato nella Sacra Scrittura come simbolo di grazia e prosperità per la sua ubertosità, o come simbolo di desolazione per il suo disboscamento (Is 55,9; Gcr 4,26; 50,19; Am 1,2).
Nella spartizione della Terra Promessa il Carmelo venne a trovarsi in mezzo al territorio delle tribù di Aser, Zabulon e Issacar (Gs 19,26). A partire dal secolo IX a.C. divenne celebre come luogo di culto della religione monoteistica giudaica. Su una della sue cime pianeggianti (el-Muhraqah, 514 m) restò immortalato il sacrificio del profeta Elia (1 Rc 18,19-46).
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Invano i sacerdoti di Baal invocarono il fuoco dall’alto per bruciare la vittima sopra l’altare; mentre, alla preghiera di Elia, l’olocausto fu completo sull’altare eretto su 12 pietre. Il Dio degli Isrealiti vi ebbe culto permanente: vi era celebrato il novilunio, il sabato e vi ebbe dimora il profeta Eliseo (2Rc 4,25).
Il luogo è venerato da cristiani, ebrei e mussulmani.
Al sorgere del cristianesimo il Carmelo divenne luogo preferito da monaci ed eremiti. È sulle pendici di questo monte, già spiritualmente legato alla memoria di Elia, che tra la seconda crociata (1147-49) e la terza (1189-92), alcuni devoti pellegrini di Dio, forse ex crociati, provenienti dall’Europa, si riuniscono accanto alla fonte del profeta. Il loro preciso intento è quello di vivere nell’ossequio di Cristo, in santa penitenza, in uno stile rigorosamente eremitico, denso di solitudine e di silenzio, di meditazione e di contemplazione. Dopo alcuni anni chiedono ad Alberto, patriarca di Gerusalemme (1206-1214), di essere riuniti in comunità e da lui ottengono per iscritto anche la Regola.
In essa appare che questi eremiti si sono stabiliti presso la fonte (di Elia) sul Monte Carmelo e qui costruirono in mezzo alle loro celle… un piccolo oratorio in onore di Nostra Signora; per la scelta del titolo sono poi chiamati Frati (fratelli) della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo. Il gruppo dei fratelli quando trasmigra nei primi decenni del 1200 in Europa, porta già il nome di Ordine di Santa Maria del Monte Carmelo, un titolo di privilegio, riconosciuto all’Ordine dalla stessa Sede Apostolica e che appare per la prima volta in un documento pontificio di Innocenzo IV (1252).
È fuor di dubbio che già nella prima metà del 1200 l’Ordine è mariano, fondato in onore della Vergine, e che i religiosi si professano particolarmente dedicati alla Madre di Dio. Tale dedicazione – espressa fondamentalmente nella scelta di Maria quale Signora del primo luogo sul Carmelo – costituiva i fratelli persone poste al suo totale servizio. Con la scelta di Maria come titolare, quindi Domina (Signora), e professandosi fedeli suoi servitori, questi primi eremiti cominciano a vivere di fatto quella consacrazione, o affidamento, che costituisce il nocciolo della pietà mariana dell’Ordine. Appartenere a Maria, vivere in dipendenza da Maria, promuovere il culto a Maria: in ciò consiste l’orientamento vitale e l’apostolato caratteristico di un autentico figlio del Carmelo.
Si può dire che la Vergine del Monte Carmelo, come viene sentita, venerata, contemplata dai suoi fratelli e da quanti partecipano alla loro vita – religiosi, confratres, terziari – è al centro dell’esperienza spirituale del gruppo costituitosi in Terra Santa, con il fine della perfezione evangelica, in una solitudine contemplativa centrata sulla preghiera continua e l’ascolto della Parola, in un clima di semplicità, povertà e lavoro, come la vita di Maria a Nazareth. Il riferimento che nel nome della Madonna si dà al Monte Carmelo è semplicemente geografico – storico, quale indicazione del luogo dove i frati sono nati. Per questo, in origine, il titolo Santa Maria del Monte Carmelo non si riferisce a un’immagine speciale o a un aspetto nuovo di culto.
Tanto è vero che nella manifestazione concreta della loro pietà, espressa subito anche nei titoli delle varie chiese, i Carmelitani accentuano per lo più gli aspetti della maternità divina, della verginità, dell’immacolata concezione, dell’annunciazione. Perciò, nella tradizione primitiva, Santa Maria del Monte Carmelo è semplicemente la Madonna del vangelo, la purissima Vergine Maria, che accoglie e custodisce la Parola e con il suo Fiat (sì) diventa Madre del Figlio di Dio fatto uomo. Tenuti, per Regola, a meditare giorno e notte nella Legge del Signore (la Sacra Scrittura), se nelle pagine dell’Antico Testamento scoprono l’esemplarità di Elia, in quelle del Nuovo, riscontrano in Maria un modello esimio di vita consacrata: accessibile… imitabile, anche se impareggiabile.
Senza voler accentuare troppo quest’aspetto, si può affermare che i fratelli del Carmelo guardano a Maria di Nazareth, ancella del Signore, come all’ispiratrice, guida e signora della vita. Per questo la sentono madre e sorella insieme, in un’atmosfera d’intimità che li orienta a vivere in pienezza la vita teologale “nel servizio di Cristo”, in un clima di semplicità e di austerità. È quanto esprime la prima vitae formula, che presto, fin dal 1300, gli scrittori dell’Ordine vedono incarnata nello stile di vita della giovane donna di Nazareth che nel silenzio della sua casa rimane in preghiera mentre le tornano in mente tutti gli avvenimenti del Figlio e li custodisce nel cuore. Da allora l’Ordine del Carmelo non cessa di ripensare, riformulare e soprattutto di riappropriarsi dei legami che lo uniscono così strettamente alla prima discepola del Signore, la madre sua Maria.
Tra tutte le leggende fiorite attorno all’amore che la Vergine dimostra verso il Carmelo, autentici fioretti dell’epopea che circonda sempre gli inizi di avvenimenti importanti, alcune sono già presenti nei primi scritti giunti sino a noi: si pensi alla lettura in chiave mariana della nuvoletta del Carmelo (1 Re 18,44) apparsa ad Elia e da lui proposta ai suoi discepoli; al racconto delle visite di Maria coi genitori alla comunità del Carmelo (Nazareth dista una trentina di chilometri); al culto che dai Carmelitani sarebbe stato tributato alla Vergine sin dall’antichità o, almeno, dai tempi apostolici. Tali leggende non sono che l’espressione, forse maldestra e goffa, del desiderio affettuoso che i Carmelitani hanno di vedersi coinvolti con il destino di colei che vedono già possedere in pienezza ciò che essi stanno ancora faticosamente cercando.
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