Il Natale ed il periodo di Avvento nelle parole, e nel pensiero, del Pontefice Emerito Benedetto XVI. In questi giorni che ci accompagnano alla nascita di Gesù, voglio riproporvi alcune riflessioni ‘ripescate’ dalle giornate di attesa, vissute negli anni precedenti, con Benedetto XVI. C’è intensità per far vibrare il cuore, e la possibilità di ‘accenderci’, se per caso ancora fossimo ad intermittenza…
Buon lettura!
I Domenica di Avvento
Cari fratelli e sorelle! Iniziamo oggi, con la prima Domenica di Avvento, un nuovo Anno liturgico. Questo fatto ci invita a riflettere sulla dimensione del tempo, che esercita sempre su di noi un grande fascino. Sull’esempio di quanto amava fare Gesù, desidererei tuttavia partire da una constatazione molto concreta: tutti diciamo che “ci manca il tempo”, perché il ritmo della vita quotidiana è diventato per tutti frenetico. Anche a tale riguardo la Chiesa ha una “buona notizia” da portare: Dio ci dona il suo tempo. Noi abbiamo sempre poco tempo; specialmente per il Signore non sappiamo o, talvolta, non vogliamo trovarlo. Ebbene, Dio ha tempo per noi! Questa è la prima cosa che l’inizio di un anno liturgico ci fa riscoprire con meraviglia sempre nuova. Sì: Dio ci dona il suo tempo, perché è entrato nella storia con la sua parola e le sue opere di salvezza, per aprirla all’eterno, per farla diventare storia di alleanza. In questa prospettiva, il tempo è già in se stesso un segno fondamentale dell’amore di Dio: un dono che l’uomo, come ogni altra cosa, è in grado di valorizzare o, al contrario, di sciupare; di cogliere nel suo significato, o di trascurare con ottusa superficialità.
Tre poi sono i grandi “cardini” del tempo, che scandiscono la storia della salvezza: all’inizio la creazione, al centro l’incarnazione-redenzione e al termine la “parusia”, la venuta finale che comprende anche il giudizio universale. Questi tre momenti però non sono da intendersi semplicemente in successione cronologica. Infatti, la creazione è sì all’origine di tutto, ma è anche continua e si attua lungo l’intero arco del divenire cosmico, fino alla fine dei tempi. Così pure l’incarnazione-redenzione, se è avvenuta in un determinato momento storico, il periodo del passaggio di Gesù sulla terra, tuttavia estende il suo raggio d’azione a tutto il tempo precedente e a tutto quello seguente. E a loro volta l’ultima venuta e il giudizio finale, che proprio nella Croce di Cristo hanno avuto un decisivo anticipo, esercitano il loro influsso sulla condotta degli uomini di ogni epoca.
Il tempo liturgico dell’Avvento celebra la venuta di Dio, nei suoi due momenti: dapprima ci invita a risvegliare l’attesa del ritorno glorioso di Cristo; quindi, avvicinandosi il Natale, ci chiama ad accogliere il Verbo fatto uomo per la nostra salvezza. Ma il Signore viene continuamente nella nostra vita. Quanto mai opportuno è quindi l’appello di Gesù, che in questa prima Domenica ci viene riproposto con forza: “Vegliate!” (Mc 13,33.35.37). E’ rivolto ai discepoli, ma anche “a tutti”, perché ciascuno, nell’ora che solo Dio conosce, sarà chiamato a rendere conto della propria esistenza. Questo comporta un giusto distacco dai beni terreni, un sincero pentimento dei propri errori, una carità operosa verso il prossimo e soprattutto un umile e fiducioso affidamento alle mani di Dio, nostro Padre tenero e misericordioso. Icona dell’Avvento è la Vergine Maria, la Madre di Gesù. InvochiamoLa perché aiuti anche noi a diventare un prolungamento di umanità per il Signore che viene.
II Domenica di Avvento
Cari fratelli e sorelle! Da una settimana stiamo vivendo il tempo liturgico dell’Avvento: tempo di apertura al futuro di Dio, tempo di preparazione al santo Natale, quando Lui, il Signore, che è la novità assoluta, è venuto ad abitare in mezzo a questa umanità decaduta per rinnovarla dall’interno. Nella liturgia dell’Avvento risuona un messaggio pieno di speranza, che invita ad alzare lo sguardo all’orizzonte ultimo, ma al tempo stesso a riconoscere nel presente i segni del Dio-con-noi. In questa seconda Domenica di Avvento la Parola di Dio assume gli accenti commoventi del cosiddetto Secondo Isaia, che agli Israeliti, provati da decenni di amaro esilio in Babilonia, annunciò finalmente la liberazione: “Consolate, consolate il mio popolo – dice il profeta a nome di Dio –. Parlate al cuore di Gerusalemme e ditele che la sua tribolazione è compiuta” (Is 40,1-2). Questo vuole fare il Signore in Avvento: parlare al cuore del suo Popolo e, per suo tramite, all’umanità intera, per annunciare la salvezza. Anche oggi si leva la voce della Chiesa: “Nel deserto preparate la via del Signore” (Is 40, 3). Per le popolazioni sfinite dalla miseria e dalla fame, per le schiere dei profughi, per quanti patiscono gravi e sistematiche violazioni dei loro diritti, la Chiesa si pone come sentinella sul monte alto della fede e annuncia: “Ecco il vostro Dio! Ecco il Signore Dio viene con potenza” (Is 40,11).
Questo annuncio profetico si è realizzato in Gesù Cristo. Egli, con la sua predicazione e poi con la sua morte e risurrezione, ha portato a compimento le antiche promesse, rivelando una prospettiva più profonda e universale. Ha inaugurato un esodo non più solo terreno, storico, e come tale provvisorio, ma radicale e definitivo: il passaggio dal regno del male al regno di Dio, dal dominio del peccato e della morte a quello dell’amore e della vita. Pertanto, la speranza cristiana va oltre la legittima attesa di una liberazione sociale e politica, perché ciò che Gesù ha iniziato è un’umanità nuova, che viene “da Dio”, ma al tempo stesso germoglia in questa nostra terra, nella misura in cui essa si lascia fecondare dallo Spirito del Signore. Si tratta perciò di entrare pienamente nella logica della fede: credere in Dio, nel suo disegno di salvezza, ed al tempo stesso impegnarsi per la costruzione del suo Regno. La giustizia e la pace, infatti, sono dono di Dio, ma richiedono uomini e donne che siano “terra buona”, pronta ad accogliere il buon seme della sua Parola.
Primizia di questa nuova umanità è Gesù, Figlio di Dio e figlio di Maria. Lei, la Vergine Madre, è la “via” che Dio stesso si è preparata per venire nel mondo. Con tutta la sua umiltà, Maria cammina alla testa del nuovo Israele nell’esodo da ogni esilio, da ogni oppressione, da ogni schiavitù morale e materiale, verso “i nuovi cieli e la terra nuova, nei quali abita la giustizia” (2 Pt 3,13). Alla sua materna intercessione affidiamo l’attesa di pace e di salvezza degli uomini del nostro tempo.
8 dicembre: Solennità della SS.ma Immacolata
Cari fratelli e sorelle! Il mistero dell’Immacolata Concezione di Maria, che oggi solennemente celebriamo, ci ricorda due verità fondamentali della nostra fede: il peccato originale innanzitutto, e poi la vittoria su di esso della grazia di Cristo, vittoria che risplende in modo sublime in Maria Santissima. L’esistenza di quello che la Chiesa chiama “peccato originale” è purtroppo di un’evidenza schiacciante, se solo guardiamo intorno a noi e prima di tutto dentro di noi. L’esperienza del male è infatti così consistente, da imporsi da sé e da suscitare in noi la domanda: da dove proviene? Specialmente per un credente, l’interrogativo è ancora più profondo: se Dio, che è Bontà assoluta, ha creato tutto, da dove viene il male? Le prime pagine della Bibbia (Gn 1-3) rispondono proprio a questa domanda fondamentale, che interpella ogni generazione umana, con il racconto della creazione e della caduta dei progenitori: Dio ha creato tutto per l’esistenza, in particolare ha creato l’essere umano a propria immagine; non ha creato la morte, ma questa è entrata nel mondo per invidia del diavolo (cfr Sap 1,13-14; 2,23-24) il quale, ribellatosi a Dio, ha attirato nell’inganno anche gli uomini, inducendoli alla ribellione. E’ il dramma della libertà, che Dio accetta fino in fondo per amore, promettendo però che ci sarà un figlio di donna che schiaccerà la testa all’antico serpente (Gn 3,15).
Fin dal principio, dunque, “l’eterno consiglio” – come direbbe Dante – ha un “termine fisso” (Paradiso, XXXIII, 3): la Donna predestinata a diventare madre del Redentore, madre di Colui che si è umiliato fino all’estremo per ricondurre noi alla nostra originaria dignità. Questa Donna, agli occhi di Dio, ha da sempre un volto e un nome: “piena di grazia” (Lc 1,28), come la chiamò l’Angelo visitandola a Nazareth. E’ la nuova Eva, sposa del nuovo Adamo, destinata ad essere madre di tutti i redenti. Così scriveva sant’Andrea di Creta: “La Theotókos Maria, il comune rifugio di tutti i cristiani, è stata la prima ad essere liberata dalla primitiva caduta dei nostri progenitori” (Omelia IV sulla Natività, PG 97, 880 A). E la liturgia odierna afferma che Dio ha “preparato una degna dimora per il suo Figlio e, in previsione della morte di Lui, l’ha preservata da ogni macchia di peccato” (Orazione Colletta).
Carissimi, in Maria Immacolata, noi contempliamo il riflesso della Bellezza che salva il mondo: la bellezza di Dio che risplende sul volto di Cristo. In Maria questa bellezza è totalmente pura, umile, libera da ogni superbia e presunzione. Così la Vergine si è mostrata a santa Bernadette, 150 anni or sono, a Lourdes, e così è venerata in tanti santuari. Oggi pomeriggio, secondo la tradizione, anch’io Le renderò omaggio presso il monumento a Lei dedicato in Piazza di Spagna. Invochiamo ora con fiducia la Vergine Immacolata, riprendendo con l’Angelus le parole del Vangelo, che l’odierna liturgia propone alla nostra meditazione.
.
.
III Domenica di Avvento
Cari fratelli e sorelle! questa domenica, la terza del tempo di Avvento, è detta “Domenica gaudete”, “siate lieti”, perché l’antifona d’ingresso della Santa Messa riprende un’espressione di san Paolo nella Lettera ai Filippesi che così dice: “Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti”. E subito dopo aggiunge la motivazione: “Il Signore è vicino” (Fil 4,4-5). Ecco la ragione della gioia. Ma che cosa significa che “il Signore è vicino”? In che senso dobbiamo intendere questa “vicinanza” di Dio? L’apostolo Paolo, scrivendo ai cristiani di Filippi, pensa evidentemente al ritorno di Cristo, e li invita a rallegrarsi perché esso è sicuro. Tuttavia, lo stesso san Paolo, nella sua Lettera ai Tessalonicesi, avverte che nessuno può conoscere il momento della venuta del Signore (cfr 1 Ts 5,1-2) e mette in guardia da ogni allarmismo, quasi che il ritorno di Cristo fosse imminente (cfr 2 Ts 2,1-2). Così, già allora, la Chiesa, illuminata dallo Spirito Santo, comprendeva sempre meglio che la “vicinanza” di Dio non è una questione di spazio e di tempo, bensì una questione di amore: l’amore avvicina! Il prossimo Natale verrà a ricordarci questa verità fondamentale della nostra fede e, dinanzi al Presepe, potremo assaporare la letizia cristiana, contemplando nel neonato Gesù il volto del Dio che per amore si è fatto a noi vicino.
In questa luce, è per me un vero piacere rinnovare la bella tradizione della benedizione dei “Bambinelli”, le statuette di Gesù Bambino da deporre nel presepe. Mi rivolgo in particolare a voi, cari ragazzi e ragazze di Roma, venuti stamattina con i vostri “Bambinelli”, che ora benedico. Vi invito a unirvi a me seguendo attentamente questa preghiera:
Dio, nostro Padre,
tu hai tanto amato gli uomini
da mandare a noi il tuo unico Figlio Gesù,
nato dalla Vergine Maria,
per salvarci e ricondurci a te.
Ti preghiamo, perché con la tua benedizione
queste immagini di Gesù, che sta per venire tra noi,
siano, nelle nostre case,
segno della tua presenza e del tuo amore.
Padre buono,
dona la tua benedizione anche a noi,
ai nostri genitori, alle nostre famiglie e ai nostri amici.
Apri il nostro cuore,
affinché sappiamo ricevere Gesù nella gioia,
fare sempre ciò che egli chiede
e vederlo in tutti quelli
che hanno bisogno del nostro amore.
Te lo chiediamo nel nome di Gesù,
tuo amato Figlio, che viene per dare al mondo la pace.
Egli vive e regna nei secoli dei secoli.
Amen.
Ed ora recitiamo insieme la preghiera dell’Angelus Domini, invocando l’intercessione di Maria affinché Gesù, che nascendo porta agli uomini la benedizione di Dio, sia accolto con amore in tutte le case di Roma e del mondo
IV Domenica di Avvento
Cari fratelli e sorelle! il Vangelo di questa quarta domenica di Avvento ci ripropone il racconto dell’Annunciazione (Lc 1,26-38), il mistero a cui ritorniamo ogni giorno recitando l’Angelus. Questa preghiera ci fa rivivere il momento decisivo, in cui Dio bussò al cuore di Maria e, ricevuto il suo “sì”, incominciò a prendere carne in lei e da lei. L’orazione “Colletta” della Messa odierna è la stessa che si recita al termine dell’Angelus e, in italiano, dice così: “Infondi nel nostro spirito la tua grazia, o Padre. Tu, che all’annunzio dell’Angelo ci hai rivelato l’incarnazione del tuo Figlio, per la sua passione e la sua croce guidaci alla gloria della risurrezione”. A pochi giorni ormai dalla festa del Natale, siamo invitati a fissare lo sguardo sul mistero ineffabile che Maria ha custodito per nove mesi nel suo grembo verginale: il mistero di Dio che si fa uomo. E’ questo il primo cardine della redenzione. Il secondo è la morte e risurrezione di Gesù, e questi due cardini inseparabili manifestano un unico disegno divino: salvare l’umanità e la sua storia assumendole fino in fondo col farsi carico interamente di tutto il male che le opprime.
.
.
Questo mistero di salvezza, oltre a quella storica, ha una dimensione cosmica: Cristo è il sole di grazia che, con la sua luce, “trasfigura ed accende l’universo in attesa” (Liturgia). La stessa collocazione della festa del Natale è legata al solstizio d’inverno, quando le giornate, nell’emisfero boreale, ricominciano ad allungarsi. A questo proposito, forse non tutti sanno che Piazza San Pietro è anche una meridiana: il grande obelisco, infatti, getta la sua ombra lungo una linea che corre sul selciato verso la fontana sotto questa finestra, ed in questi giorni l’ombra è la più lunga dell’anno. Questo ci ricorda la funzione dell’astronomia nello scandire i tempi della preghiera. L’Angelus, ad esempio, si recita al mattino, a mezzogiorno e alla sera, e con la meridiana, che anticamente serviva proprio per conoscere il “mezzogiorno vero”, si regolavano gli orologi.
Se i cieli, secondo le belle parole del salmista, “narrano la gloria di Dio” (Sal 19[18],2), anche le leggi della natura, che nel corso dei secoli tanti uomini e donne di scienza ci hanno fatto capire sempre meglio, sono un grande stimolo a contemplare con gratitudine le opere del Signore.
Torniamo ora con lo sguardo verso Maria e Giuseppe, che attendono la nascita di Gesù, ed impariamo da loro il segreto del raccoglimento per gustare la gioia del Natale. Prepariamoci ad accogliere con fede il Redentore che viene a stare con noi, Parola d’amore di Dio per l’umanità di ogni tempo.