La questione è che Gesù è lì, ma noi dove siamo? Forse siamo agli inizi della vita, o a metà o verso il termine… ma dove siamo nella strada del nostro mondo interiore? Per che cosa spendiamo energie e tempo? Per andare dove? Quale lo scopo? Le società e le culture possono anche ostacolare la presenza della fede, possono perseguitare e uccidere i cristiani, ma niente e nessuno potrà uccidere la nostalgia di un Oltre, di un Un di Più, che per noi ha il volto di Cristo. I tempi cambiano, ma il cuore resta assetato di felicità, mendicante di assoluto, cercatore di Dio. Ecco perché il migliore alleato del Vangelo resta l’uomo nella verità della sua anima. Basta lasciarla parlare. Sono le domande del Natale di sempre, ma direi in modo particolare del Natale di quest’anno, che protrae una crisi che tutti si sperava fosse molto più breve e meno pesante. E invece è lunga e drammatica per giovani e anziani, singoli e famiglie. La famiglia ancora si rivela la migliore scialuppa di salvataggio, dove i risparmi si dividono con oculatezza, dove si vince la solitudine e la paura del futuro, dove si ritrova il coraggio di lottare.
Al problema del lavoro e dell’occupazione, si aggiunge anche il malcostume che sembra diventare costume generale. Ma così non è! Il rischio più grave è quello dell’avvilimento diffuso, della demoralizzazione globale, della depressione paralizzante. Se gli altri sono disonesti perché io devo essere onesto e sacrificarmi? È la domanda subdola che si può insinuare fino a deprimere o a contagiare. Ma così non dev’essere! L’Italia è un popolo laborioso e onesto, geniale e buono. Se ci sono esempi o sistemi di malaffare, i responsabili devono essere rapidamente accertati e puniti con rigore, ma il popolo degli onesti, cioè degli “uomini”, deve reagire alla disonestà con una onestà ancora più limpida e con una operosità ancora più convinta. Il Natale del Signore ci ricorda che al male non ci si deve arrendere, e che si vince con un bene forte, serio e giusto. I responsabili della cosa pubblica lo sanno.
Ma dovrebbe anche crescere la capacità di stare insieme in modo costruttivo, di fare rete, di integrarsi non solo tra i membri di una famiglia o di un’azienda, ma tra realtà lavorative e tra istituzioni. Non si tratta di confondere ruoli o di uniformare la società, ma di camminare insieme non in modo astratto e retorico, ma concreto, come sono concreti obiettivi e programmi comuni, energie e risorse, sostegno nazionale e internazionale.
Nessuno, sullo scenario del mondo, dovrebbe sentirsi solo a lottare per cercare, procurare e costruire lavoro e occupazione: il “noi tutti” traduce in modo incisivo il “bene comune”. Ma quel “noi tutti” deve poter diventare visibile, pratico, fruttuoso. Le figure del presepe fanno mestieri diversi, ma vanno tutte verso la grotta: hanno lo stesso scopo pur nelle loro diversità. Il messaggio è preciso: quando si ha veramente una meta comune, e non è ciascuno – singoli o gruppi – meta a se stesso, allora l’ingegno trova le strade per camminare insieme senza sbarrare i sentieri agli altri, senza che nessuno rimanga indietro, senza che i doni che si portano al Bambino si lascino o si vendano lungo la strada perché si è affaticati. Davanti al presepe, chi ha il dono della fede sosti pregando, chi non l’ha sosti pensando. Qualcosa di bello accadrà. Auguri sinceri.
Card. Angelo Bagnasco
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