Dolindo – che rimanda alla parola “dolore” in napoletano – è un terziario francescano originario di Napoli che la Chiesa venera come servo di Dio e la cui causa di beatificazione è in corso. Nato a Napoli il 6 ottobre 1882, è morto il 19 novembre 1970 dopo una vita di grazie mistiche e di doni straordinari: saper leggere nei cuori. Ma tanti privilegi gli valsero gelosie e accuse, calunnie e condanne – fino a finire davanti al Sant’Uffizio per un interrogatorio e a subire la sospensione a divinis a due anni dall’ordinazione (1905). Don Ruotolo ha accettato tutto, senza mai reclamare giustizia o giudicare la Chiesa per le sue decisioni . Come gli aveva predetto il suo superiore: «Sarai martire, ma nel cuore, non nel sangue». Ed egli ha sopportato tutto senza mai vacillare.
Totalmente riabilitato nel 1939, don Ruotolo avrebbe rinforzato la propria vita spirituale, moltiplicato i sacrifici e il servizio presso i più bisognosi, i disperati e le persone alla ricerca di un senso da dare alle loro vite. Ritenuto un maestro di vita spirituale, scrisse e pubblicò delle brochures e delle opere religiose destinate a un largo pubblico; intrattenne una corposa corrispondenza con figli e figlie spirituali – e non soltanto –, spiegando loro come fare la volontà del Signore in mezzo a mille difficoltà da superare. Era anche stato il direttore spirituale di Padre Pio, a Pietrelcina, e il cappuccino aveva per lui una tale stima da dire ai pellegrini che da Napoli venivano a vederlo: «Perché venite qua se avete Don Dolindo a Napoli? Andate da lui, ché è santo!».
Don Ruotolo non è che “preghiera”, “servizio” e “sacrificio”. In seguito a una visione di Cristo ha consegnato alla Chiesa un atto di abbandono che Gesù stesso gli aveva ispirato, ideale per vincere le angosce a fronte delle difficoltà della vita.- Quando vedete che le cose si complicano, chiudete gli occhi e dite semplicemente:
Gesù, mi abbandono a te: pensaci tu.
Questa preghiera, assicura frate Ruotolo, è la più corta ma «vale più di mille preghiere». Raccomandava a tutti di non dimenticarla mai. Di ripeterla tutte le volte che fosse necessario. «Chiudete gli occhi e lasciatevi portare dalla corrente della mia grazia. Chiudete gli occhi e lasciatemi agire», esortava nel nome di Gesù.
E se questa preghiera è reputata infallibile è perché – come ha detto Gesù attraverso questo sant’uomo che l’ha vissuto in prima persona –
quello che vi perturba e che vi causa un immenso male è il vostro ragionare, il vostro pensare, la vostra ossessione e il fatto di volere a tutti i costi risolvere da voi stessi ciò che vi affligge.
Mentre abbandonarsi a Gesù significa «staccare lo spirito da ogni tribolazione» e lasciare che il Signore agisca, lasciare agire «Lui solo». E se la situazione degenera? Nessun problema, Gesù ha promesso: «Te lo dico, ci penso io: intervengo come un chirurgo e se serve opero un miracolo».
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