“Accogliere tutti – ha aggiunto – per camminare con tutti”. E ha invitato i nuovi vescovi a “mettersi in cammino con i propri fedeli”, “condividendone gioie e speranze, difficoltà e sofferenze, come fratelli e amici, ma ancora di più come padri, che sono capaci di ascoltare, comprendere, aiutare, orientare”. Quindi, ha rivolto un pensiero speciale ai sacerdoti, i più prossimi al vescovo, “indispensabili collaboratori di cui ricercare il consiglio e l’aiuto, di cui prendersi cura come padri, fratelli e amici”:
“Tra i primi compiti che avete c’è la cura spirituale del presbiterio, ma non dimenticate le necessità umane di ciascun sacerdote, soprattutto nei momenti più delicati ed importanti del loro ministero e della loro vita. Non è mai tempo perso quello passato con i sacerdoti! Riceverli quando lo chiedono; non lasciare senza risposta una chiamata telefonica (…) davanti alla chiamata di un prete: se non posso questo giorno, almeno il giorno seguente rispondere e poi vedere quando possiamo incontrarci essere in continua vicinanza, in contatto continuo con loro”.
Ha poi rivolto il pensiero alla “presenza nella diocesi” del vescovo, ribadendo che i pastori devono “avere l’odore delle pecore”. La vostra presenza, ha proseguito, “non è secondaria, è indispensabile”. Questa presenza, ha detto, “la chiede il popolo stesso che vuole vedere il proprio vescovo camminare con lui, essere vicino a lui”:
“Ne ha bisogno per vivere e per respirare! Non chiudetevi! Scendete in mezzo ai vostri fedeli, anche nelle periferie delle vostre diocesi e in tutte quelle ‘periferie esistenziali’ dove c’è sofferenza, solitudine, degrado umano. Presenza pastorale significa camminare con il Popolo di Dio: davanti, indicando la via; in mezzo, per rafforzarlo nell’unità; dietro, sia perché nessuno rimanga indietro, ma, soprattutto, per seguire il fiuto che ha il Popolo di Dio per trovare nuove strade”.
Un vescovo che vive in mezzo ai fedeli, ha soggiunto, “ha le orecchie aperte” per ascoltare “la voce delle pecore”. E questo anche attraverso gli organismi diocesani che “hanno il compito di consigliare il vescovo”. Questa presenza pastorale, ha proseguito, “vi consentirà di conoscere a fondo anche la cultura, le usanze, i costumi del territorio”. E ha aggiunto che i vescovi devono “immergersi nel proprio gregge!”. Il Papa ha quindi rivolto il pensiero allo “stile di servizio al gregge” che, ha affermato, deve essere quello dell’umiltà, e “anche dell’austerità e dell’essenzialità”:
“Noi Pastori non siamo uomini con la ‘psicologia da principi’, uomini ambiziosi, che sono sposi di una Chiesa, nell’attesa di un’altra più bella, più importante o più ricca. Ma questo è uno scandalo (…). State bene attenti di non cadere nello spirito del carrierismo! E’ un cancro quello eh! Non è solo con la parola, ma anche e soprattutto con la testimonianza concreta di vita che siamo maestri ed educatori del nostro popolo. L’annuncio della fede chiede di conformare la vita a ciò che si insegna. Missione e vita sono inseparabili. E’ una domanda da farci ogni giorno: ciò che vivo corrisponde a ciò che insegno?”
Il Papa è dunque tornato a sottolineare quanto sia importante per il vescovo “rimanere con il gregge”. Rimanere nella diocesi, “senza cercare cambi o promozioni”. Ma, ha osservato anche che “l’antica legge della residenza non è passata di moda! E’ necessaria per il buon governo pastorale”. Certo, ha affermato, “c’è una sollecitudine per le altre Chiese e per quella universale che possono chiedere di assentarsi dalla diocesi”, ma ciò deve avvenire “per lo stretto tempo necessario e non abitualmente”. La residenza, ha proseguito, “non è richiesta solo per una buona organizzazione, non è un elemento funzionale; ha una radice teologica! Siete sposi della vostra comunità”:
“Evitate lo scandalo di essere ‘Vescovi di aeroporto’! Siate Pastori accoglienti, in cammino con il vostro popolo, con affetto, con misericordia, con dolcezza del tratto e fermezza paterna, con umiltà e discrezione, capaci di guardare anche ai vostri limiti e di avere una dose di buon umorismo. E questa è una grazia che dobbiamo chiedere, i vescovi, noi. Tutti noi dobbiamo chiedere questa grazia: ‘Ma, Signore, dammi il senso dell’umorismo’. Trovare la strada di ridere di se stessi, prima, e un po’ delle cose. E rimanete con il vostro gregge! E rimanete con il vostro gregge!”.
“La presenza di due vescovi siriani – ha concluso il Papa – ci spinge ancora una volta a chiedere insieme a Dio il dono della pace. Pace per la Siria, pace per il Medio Oriente, pace per il mondo”.
Il servizio è di Alessandro Gisotti per la Radio Vaticana
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