“L’investimento formativo è il migliore antidoto” contro la “marginalizzazione” dei giovani. E’ quanto scrive Papa Francesco all’Università Cattolica del Sacro Cuore, in un messaggio a firma del cardinale Pietro Parolin, in occasione della 91.ma Giornata dedicata all’ateneo sul tema “Giovani, periferie al centro”. Il servizio di Alessandro Gisotti per la Radio Vaticana:
L’Università Cattolica “possa continuare ad essere accanto ai giovani aiutando soprattutto quelli meritevoli che hanno meno possibilità”. E’ l’esortazione che Papa Francesco rivolge alla comunità dell’ateneo nella 91.ma Giornata ad esso dedicata.
Investire nella formazione contro la marginalizzazione
Nel messaggio, a firma del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, il Pontefice esprime la “certezza che l’investimento formativo è il migliore antidoto contro quella marginalizzazione a cui alcune inique dinamiche sociali sembrano” voler “condannare” i giovani. La carenza di lavoro, si legge nel documento, “pregiudica anche la realizzazione di legittime aspirazioni sia in ambito professionale, sia in riferimento alla formazione di una famiglia”. I giovani, avverte il messaggio, “rischiano così di diventare sempre più marginali nel sistema sociale, con gravi conseguenze per la loro vita e per il futuro di tutta la comunità”.
Giovani tornino ad essere protagonisti della vita sociale
Per questo, è l’esortazione del Papa, “è necessario che essi ritornino al centro dell’attenzione e ad essere protagonisti della vita sociale”. Il messaggio ribadisce l’impegno della Chiesa a “sostenere” lo “slancio positivo che è presente” nei ragazzi e in questa prospettiva, si legge, è “davvero rilevante il contributo che può venire dall’Università Cattolica”. Ricevendo una formazione di alto livello “morale e culturale”, è l’auspicio del Papa, i giovani potranno “ritrovare le ragioni vere della speranza per il loro futuro” e potranno “contribuire alla rimozione delle cause che hanno determinato il costituirsi delle tante periferie materiali ed esistenziali che caratterizzano il nostro tempo”.
E in un messaggio per la ricorrenza, la Conferenza episcopale italiana sottolinea l’importanza di “dare un segnale di rinnovata attenzione ai giovani, per riportarli al centro dell’impegno missionario della Chiesa”. Essenziale, inoltre, offrire ai ragazzi una formazione culturale che coltivi “con sapienza l’alleanza tra la ragione e la fede”. Su questo punto, Isabella Piro ha intervistato frate Davide Sironi, dell’Ordine dei Frati Minori, cappellano dell’Ateneo cattolico:
R. – È una sfida che nasce dal fondatore di questa Università, padre Agostino Gemelli, uomo di ragione e di scienza, e uomo di fede. Il suo progetto, infatti, era proprio questo: tenere insieme queste due dimensioni fondamentali dell’essere umano. Io credo che non ci sia una conoscenza senza una fiducia nell’altro, in qualcuno che mi offre una prospettiva nuova, che mi smuove anche dalle mie posizioni, sicurezze, certezze. Credo che apprendere voglia dire anche affidarsi e fidarsi. Quindi, vedo la fede come una fiducia nell’Altro, nel Signore che dilata l’orizzonte del sapere. L’alleanza tra ragione e fede è, perciò, necessaria perché ci sia una crescita integrale della persona. A padre Agostino Gemelli interessava non formare semplicemente degli scienziati, ma formare delle persone.
D. – Cosa Le porta la Sua esperienza di Cappellano dell’Università, nel contatto quotidiano con i giovani, con le loro speranze, ma anche con le loro delusioni?
R. – Credo che i giovani di oggi abbiano bisogno di essere incontrati, laddove si trovano, abbiano bisogno di essere visti. Hanno il desiderio che ci si accorga di loro ed hanno, soprattutto, la speranza di una vita vera, che permetta loro di esprimere le loro potenzialità, i loro doni. Spetta a noi adulti essere soprattutto dei buoni testimoni di quei valori che non deludono e che si radicano nell’esperienza evangelica.
D. – E questo è ciò che gli studenti cercano nelle aule universitarie? L’incontro con la verità che non sia solo una verità scientifica?
R. – Sì, credo proprio di sì. I giovani cercano un contatto, una relazione, un’umanità. Mi sembra che i ragazzi di oggi spesso siano tentati dal rimanere un po’ rinchiusi in una realtà virtuale, costantemente connessi al web, ai social network e c’è il pericolo che, a volte, vivano una sorta di “virtualità”. Invece, credo che essi abbiano bisogno di una realtà concreta che passa attraverso il contatto con l’altro, il potersi guardare negli occhi, il sapere che l’altro c’è per me. Ormai, credo che siamo arrivati ad una società “gassosa”, evanescente, eterea, mentre i giovani di oggi hanno il bisogno di essere riportati ad un’esperienza concreta, solida. Ed è imprescindibile che anche nelle aule universitarie si ritorni a dare questa concretezza di vita, un sapere che intercetti l’esistenza di ciascuno giovane, che dia delle risposte, prima di tutto, a quelle domande fondamentali che i ragazzi portano nel loro cuore.
D. – Qual è il suo auspicio per questa 91.ma Giornata per l’Università Cattolica?
R. – Vorrei che ai giovani venissero restituiti dei luoghi veri, dei luoghi di incontro. L’Università Cattolica è un luogo di apertura non solo della mente, ma anche del cuore: ricordo che il nome completo è “Università Cattolica del Sacro Cuore”, che si rifà, naturalmente, all’icona di Gesù Cristo Sacro Cuore. Però è anche bello pensare che ogni studente che entra in questo Ateneo abbia bisogno che il suo cuore sia coltivato, ascoltato. E l’Università Cattolica vuole fare crescere il cuore degli studenti, perché anche il loro è un “cuore sacro”.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana