I Mondiali hanno fatto incontrare persone di diverse nazioni e religioni. Possa lo sport favorire sempre la cultura dell’incontro.
— Papa Francesco (@Pontifex_it) 12 Luglio 2014
E proprio all’insegna di questo spirito di dialogo e pace, il Pontificio Consiglio della Cultura ha lanciato su Twitter l’hashtag #PAUSEforPeace, “Pausa per la pace”. Su questa originale iniziativa, Fabio Colagrande della Radio Vaticana ha intervistato mons. Melchor Sanchez de Toca y Alameda, sottosegretario del dicastero e capo della sezione Cultura e Sport:
R. – E’ un’iniziativa nata da diversi amici in occasione della finale del Mondiale. Perché non approfittare di un evento veramente mondiale quando tutto il mondo sarà davanti agli schermi a guardare la partita per dare alla pace un’opportunità?
D. – Gli aderenti alla campagna quale richiesta fanno? R. – Di osservare un minuto di silenzio prima del calcio di inizio della partita della finale. Ma ovviamente si tratta di far tacere le armi, di far cessare la guerra, non solo durante un minuto ma definitivamente: almeno il gesto di un minuto di silenzio, di preghiera!
D. – Qual è l’idea che sta alla base di questa iniziativa, qualcosa di simile alla tregua olimpica che c’era al tempo dei giochi antichi? R. – Lo sport è nato legato alle festività religiose. Durante le grandi festività c’erano i giochi e cessavano, almeno per quel momento, le guerre. Questo in parte lo vediamo adesso, quando c’è la finale di un grande campionato, una grande partita di calcio, il mondo si paralizza per guardare, almeno per 90 minuti, una partita. Se potessimo estendere questo alla guerra: se per 90 minuti e oltre le guerre si fermassero daremmo un’opportunità alla pace.
Una voce di silenzio sottile (1 Re 19,12) #PAUSEforPeace #Mondiali
— Gianfranco Ravasi (@CardRavasi) 11 Luglio 2014
D. – Il cardinale Ravasi presidente del vostro dicastero ha promosso l’iniziativa venerdì 11 luglio con un tweet, citando il primo Libro dei Re: “Ancora una voce di silenzio sottile”. Dunque nel silenzio si può trovare anche Dio oltre alla pace?
D. – Chiedete anche di aderire su Twitter con un hashtag, #PAUSEforPeace, a questa iniziativa ma proprio sul web nei giorni scorsi molti hanno manifestato sconcerto che ci fosse qualcuno che piangeva o gioiva per una partita mentre è in corso un conflitto come quello in Medio Oriente. Sono contrasti che fanno pensare?
R. – E’ l’ambiguità del calcio che fa sognare e piangere, e per alcuni momenti aliena dalla realtà. Questo ha un suo lato positivo perché ci riporta a un mondo che è quello del gioco, il mondo della passione: per un po’ ci allontaniamo dalla fatica dell’esistenza. Però ha anche un lato negativo: rischiamo di dimenticare la sofferenza di molte persone che non possono concedersi una pausa di 90 minuti nella loro sofferenza. Sono le luci e le ombre di una realtà come quella dello sport.
D. – Vi augurate che anche la stessa Fifa organizzi un minuto di silenzio prima dell’inizio del match, domani?
R. – Questo è l’augurio, noi abbiamo lanciato una palla. Speriamo che continui a rotolare e rotolare e a coinvolgere sempre più gente di buona volontà e che finalmente la Fifa se ne prenda carico, in qualche modo ufficializzi questo. Il mondo ha veramente bisogno di pace. In Medio Oriente di nuovo si sentono i tuoni della guerra. Non possiamo permetterci di guastare una festa bella come quella del calcio con il rumore delle bombe e le lacrime delle vedove e degli orfani.
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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