La storia di Adam è quella di un bambino fortunato. Eppure esattamente tre anni anni fa, appena venuto alla luce al Burrows Memorial Christian Hospital, ospedale missionario di Alipur, India, sembrava spacciato. Non solo per le gravissime malformazioni fisiche causate dalla sindrome di Bartsocas-Papas, ma anche perché i suoi genitori non volevano avere più nulla a che fare con lui. Se Adam fosse tornato a casa, dicevano le voci giunte fin dentro l’ospedale, la famiglia lo avrebbe avvelenato per mettere fine alla sua esistenza, ritenuta una vergogna.
LO STOP PROVVIDENZIALE. Venuti a sapere delle intenzioni dei genitori del bambino, però, Jessica Cooksey e Raja Paulraj, una coppia di novelli sposi dipendenti dell’ospedale (lei 25enne missionaria di Jacksonville, Florida, lui 31enne psichiatra indiano), si offrirono – e ottennero – di adottarlo. «Se può sentire il dolore, può percepire anche l’amore», Jessica ne era convinta. Sentiva che «quello di cui questo bambino ha bisogno più di tutto è una famiglia». I due sposi si attivarono immediatamente per trovare medici in grado di aiutarli a curare le malformazioni del figlio. Di qui la necessità di trasferirsi negli Stati Uniti.
FRA LE BRACCIA DI UN PADRE. Il primo a tendere loro la mano, per la ricostruzione degli arti mancanti di Adam, è stato John Van Aalst, un chirurgo plastico dell’ospedale dei bambini di Chapel Hill, North Carolina. Grazie a lui il piccolo, perfettamente sano di mente, ha fatto grandi progressi. E oggi guardando Adam, oltre a un innocente senza naso, con le mani e le gambe monche, si vede un bambino che ama giocare, ridere e farsi coccolare
. Come qualunque altro bambino di tre anni, Adam è felice fra le braccia dei genitori, soprattutto fra quelle di suo padre. Il bambino, che ora ha un fratello con cui crescere, si nutre con la peg e non può parlare perché privo del palato. Ma secondo il dottor Van Aalst, che lo ha operato, Adam «sarà capace di parlare, di dire mamma e papà. Vedo già Jessica e Raja scoppiare in lacrime».IL DONO DI UN SACRIFICIO. Per gli interventi chirurgici i coniugi Paulraj hanno dovuto organizzare una raccolta fondi, dato che il piccolo non essendo ancora cittadino americano non poteva avvalersi di alcuna assicurazione medica. I filmati e le interviste alla famiglia hanno toccato il cuore di molte persone: le donazioni destinate alle cure del piccolo non sono mancate. Persino i medici coinvolti hanno offerto alla famiglia un aiuto al di là di quanto richiesto dalla professione. Lo stesso Van Aalst parla dell’incontro con Jessica e Raja come di un regalo. «Il donarsi totalmente, lo spirito di sacrificio – spiega il medico – è uno dei più grandi doni che Dio può fare alle nostre vite». Anche se i due sposi sono convinti che «sì, ci stiamo prendendo cura di lui, ma è Adam che ci ha insegnato di più sulla vita».
Benedetta Frigerio
Fonte: Tempi
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