C’è una data che per così dire spiega tutto: 16 aprile 2016. Quel giorno, durante il volo di ritorno dalla visita ai migranti sull’isola di Lesbo, il Papa mostrò i disegni che gli avevano regalato i bambini. Fogli colorati, spiegò, che hanno tutti un denominatore comune, il desiderio di pace, «perché i bambini soffrono». Uno di quei disegni ritraeva un piccolo che annegava in mare. In un altro c’era un barcone pieno di profughi sotto un sole in lacrime.
«E davvero oggi c’era da piangere» aggiunse il Pontefice. Se infatti la sofferenza umana tocca il cuore, quella dei bimbi va ancora più in profondità, procura ferite che sono le più difficili da guarire. Francesco lo ripete spesso, intrecciando con i piccoli un dialogo che va oltre le parole, fatto di ascolto, di tenerezza, di sofferenza condivisa. Un esempio, fresco, ci rimanda al 3 giugno scorso, all’incontro con l’iniziativa del “Treno dei bambini”, quando il Pontefice anziché parlare, volle sentire i suoi ospiti, si fece raccontare le loro storie, i loro sogni. Un altro rimando, recentissimo, chiama in causa il 44° ‘Pellegrinaggio della gioia’ che dal 22 al 26 giugno, su iniziativa della sezione locale dell’Unitalsi (Unione nazionale italiana trasporto ammalati a Lourdes e santuari internazionali) ha portato a Loreto oltre 350 persone con 150 bambini portatori di disabilità provenienti dalle province del Lazio, da alcuni istituti religiosi della capitale e dal reparto pediatrico del Policlinico Gemelli di Roma.
Tra loro il piccolo Andrea che a nome di tutti ha voluto scrivere una lettera al Pontefice per raccontargli l’esperienza. «Caro Papa Francesco – scrive il bambino –, mi chiamo Andrea, ho 9 anni ed abito a Latina, ho ricevuto Gesù per la prima volta domenica 4 giugno. Mamma ha pensato per regalo di farmi partecipare insieme a mia sorella Gaia al pellegrinaggio dei bambini malati organizzato dall’Unitalsi sezione romana laziale. Siamo più di 130 bambini e molti sono malati, altri in sedia a rotelle ed altri sono soli ed accompagnati da alcune suore. Io gioco e parlo con tutti e ho imparato tante cose.
Qui don Gianni ogni giorno ci fa pregare per te ed allora ho pensato di fartelo sapere. Ieri abbiamo fatto la foto tutti insieme. Ho pensato di mandartene una per regalo: così ci vedi tutti, anche se ci sono dei bambini che non si potevano fotografare. Però noi ci conosciamo e ti diciamo che ti vogliamo bene. Ti posso chiedere due cose? Alla fine della Messa ci danno sempre la benedizione. Ti posso chiedere di benedirci mentre ci guardi in foto per essere domani bravi come te? E, se puoi, perché l’an- no prossimo non vieni anche tu a Loreto? Mi hanno già detto che lo stesso pellegrinaggio dei bambini a Loreto si rifarà il prossimo anno a giugno… sai che bello che sarebbe! Ora ti lascio – conclude la lettera – e se potessi ti abbraccerei come faccio con mamma e papà». Inutile dire che Francesco è stato toccato dalle parole di Andrea e ha voluto rispondergli.
«Caro Andrea, è stato bello ricevere la tua lettera e sapere della tua ricca avventura vissuta con l’Unitalsi insieme al pellegrinaggio della gioia a Loreto per i bambini – scrive il Papa nel testo reso noto ieri –. Qualcuno mi ha anche detto che prima di mandare la lettera l’hai letta a tutti i tuoi amici e, quando hai chiesto loro se erano contenti se me la inviavi, hanno applaudito con forza! Grazie allora a te per le belle parole e grazie a tutti i tuoi amici di Loreto.
Grazie anche per la foto di gruppo che mi hai mandato dove ho potuto vedere che siete tanti e bellissimi! Mentre guardavo ogni volto nella foto, ho pregato la Madonna di Loreto per voi e vi ho benedetto di cuore insieme ai vostri genitori, ai volontari, ai sacerdoti e ai responsabili dell’Unitalsi. Grazie per l’invito che mi hai fatto a venire in pellegrinaggio con voi – si legge ancora nella risposta – stare con i bambini per me è la gioia più grande. Un proverbio dice: “Mai dire mai!”. E quindi affidiamo tra le mani della Provvidenza questo sogno». Parole semplici, cariche d’affetto, che mentre richiamano l’enigma della sofferenza dei bambini, «la più difficile da accettare» disse il Pontefice al Gaslini di Genova, ci ricordano quanto il cosiddetto mondo dei grandi abbia da imparare dai piccoli.
«I bambini – sottolineò il Papa durante l’udienza generale del 18 marzo 2015 – ci ricordano che siamo sempre figli: anche se uno diventa adulto, o anziano, anche se diventa genitore, se occupa un posto di responsabilità, al di sotto di tutto questo rimane l’identità di figlio. Tutti siamo figli. E questo ci riporta sempre al fatto che la vita non ce la siamo data noi ma l’abbiamo ricevuta. Il grande dono della vita è il primo regalo che abbiamo ricevuto».
Fonte www.avvenire.it
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