Corpus et Salus

Il piccolo Davide e quel grande miracolo della vita dopo la morte

Le macchine le hanno permesso di respirare e nutrirsi per 9 settimane. Il resto l’ha fatto il miracolo dell’amore iscritto nella carne di una madre. La forza che nessun parametro medico può misurare o esaurire.

È nato grazie a quella il piccolo Davide (il nome è di fantasia). Cullato e cresciuto nel grembo della sua mamma morta, ma solo per la scienza.

La sua nascita ha qualcosa di miracoloso. Dal punto di vista medico perché le ultime e importantissime settimane di gestazione sono avvenute mentre la sua mamma, una donna di soli 36 anni, era ormai clinicamente morta a causa di un’emorragia cerebrale.

E dal punto vista umano perché il suo papà e i suoi nonni e tutti i suoi familiari hanno visto in pochi mesi compiersi l’orrore della morte e la gioia della nascita.

La donna era arrivata oltre due mesi fa all’ospedale San Raffaele di Milano con un’emorragia cerebrale gravissima. E una gravidanza tanto attesa, tanto festeggiata in casa, giunta appena alla 23esima settimana.

Troppo presto perché il bimbo avesse qualche possibilità di sopravvivere. Di qui la decisione dei medici, nonostante la morte cerebrale ormai accertata: offrire alla mamma supporto respiratorio, cardiocircolatorio e nutrizionale (per mezzo anche di una sonda inserita nel suo intestino, capace di nutrire costantemente al feto) e consentire al piccolo di crescere e avvicinarsi il più possibile al termine di una gravidanza normale, che di norma dura 40 settimane.

Il piccolo che è nato il 18 dicembre pesa ben 1,8 kg.

Quando la sua mamma, lo scorso 21 ottobre, è stata ricoverata era a cavallo tra le 23esima e la 24esima settimana di gestazione. Il primo obiettivo dei medici è stato quello di tenere il bambino almeno fino alla 28/a settimana, per ridurre il più possibile le conseguenze di un parto prematuro. E si è arrivati così alla 32esima settimana quando l’equipe di professionisti, che seguiva questo caso al San Raffaele di Milano, ha deciso di intervenire con un cesareo ritenendo giunto il momento in cui sono garantite per la medicina buone possibilità di vita autonoma al nascituro.

Dopo l’intervento, i familiari della giovane donna hanno consentito il prelievo di organi a scopo di trapianto. Un gesto che non può lasciare indifferenti perché proprio come la nascita di questo bambino, porterà altrettanta gioia e sollievo in famiglie segnate dal dolore.

E il neo papà, sicuramente distrutto in questi mesi per la perdita della sua compagna, ho potuto finalmente provare almeno il sollievo di abbracciare quel figlio che insieme a lei ha cercato e desiderato. Un bambino che ha avuto dalla sua mamma una protezione così grande e immensa che neanche un’incubatrice avrebbe potuto offrirgli; che sta portando uno spiraglio di luce nella vita della sua famiglia e che mostra al mondo senza mezzi termini il miracolo delle vita dopo la morte.

A cura di Redazione Papaboys
Fonti: articolo di Orsola Vetri per Famiglia Cristiana

articolo di Viviana Daloiso per Avvenire

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