Cari Fratelli e Sorelle
1. “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce”: quel popolo è l’umanità che cerca la via della serenità e della pace. Quel popolo siamo tutti noi che, in questa notte di prodigio, abbiamo lasciato le nostre case e siamo venuti qui spinti dalla fede, o attratti da un fascino di mistero antico e mai spento. La nostra vita, infatti, senza la luce di Betlemme è un camminare nel buio, un seguire ombre senza volto, illusioni senza consistenza. E quanto più gli anni scorrono veloci, tanto più attorno a noi cade la maschera delle cose che ci mangiano il tempo e ci rubano l’anima, come vivessimo un presente senza futuro. Rincorriamo con affanno le situazioni, ci preoccupiamo per molte cose anche necessarie, ma facilmente trascuriamo le più importanti. Desideriamo la gioia e non di rado siamo insidiati da una malinconia inspiegabile perché cerchiamo la felicità nei beni di questo mondo. Abbiamo bisogno di luce che ci rischiari la strada, di luce che ci sveli il senso del tempo, il mistero della nostra origine: perché sono sulla terra? Perché proprio io? Che ci sveli il significato degli anni e dei sacrifici: dove sto andando? Che cosa resterà di me, delle mie fatiche? Gusterà, il mio cuore, la gioia vera che non perisce? Oppure l’uomo è condannato a cercare e non trovare, a illudersi, a rincorrere fantasmi di promesse non mantenute? E perché facciamo il male? Vogliamo tutti il bene ma non di rado siamo chiusi in noi stessi, non riusciamo ad aprirci al bene, agli altri. Perché amiamo tanto di essere amati eppure resistiamo all’amore? Cari amici, non sono forse queste le domande che rincorrono le nostre anime come ombre che ci seguono senza sosta?
“Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce”: ritornano le parole del Profeta. La luce ci ha raggiunto e noi possiamo vederla. La luce ci è donata nelle notti della nostra esistenza. Dio sta sulla terra e la terra è già cielo; Dio è apparso nella carne di un Bimbo e la terra è diventata aurora. Dio è con noi, è venuto per portare la nostra vita insieme a noi perché ogni solitudine sia abitata dal suo amore. E’ questo il Natale: Dio nasce a Betlemme. Questo Bambino ha acceso negli uomini la luce della bontà e ha dato la forza di resistere all’inganno delle apparenze, delle frivolezze, alla tirannia della vanità e del potere.
2. Il nostro tempo si è lasciato sedurre dalla vanità, dalla cupidigia del denaro facile e del potere: potere e denaro vanno spesso insieme, e danno la sensazione di esistere, di essere importanti e forti, di contare nel mondo, di essere vivi! La crisi, che si prolunga e grava sempre più sulle spalle dei poveri e dei deboli, ha qui la sua vera radice. Le regole del mercato e della finanza si possono cambiare se si rivelano inadeguate; ma è il cuore dell’uomo, la sua coscienza, che formula le regole e le applica. E se il cuore è avido, non c’è legge che tenga: si andrà alla rovina. Per questo non dobbiamo aggiungere illusione a illusione, ma soprattutto menzogna a menzogna. Populismi e demagogie sono dannosi: parlare con luoghi comuni ad effetto è disonesto: si inganna il popolo, specie la povera gente che soffre l’indigenza, lo smarrimento, la paura del domani. Dobbiamo arrenderci alla luce di Betlemme, accoglierla grati nei nostri cuori, lasciare che illumini i meandri dell’anima nostra, delle strutture e del Paese. Sì, anche le strutture e il Paese hanno un’anima: essa è fatta da quel tessuto, non materiale ma ben più decisivo di ogni macchinario, che è una coscienza formata e onesta, perché guidata dalla verità di Dio: Egli ci parla in Gesù. nel suo Vangelo, nei Santi, nella Chiesa. Tocca a noi farci pastori, e seguire con umiltà quella luce che brilla nelle tenebre e riscalda la vita. Vogliamo essere anche noi un piccolo riflesso di quella luce? Esserlo per i nostri fratelli che hanno meno di noi e che neppure forse hanno il coraggio di chiedere? Se lo vogliamo veramente, preghiamo Gesù Bambino, fermiamoci davanti al presepe: allora non ci sentiremo spettatori di un incanto che fa vibrare il cuore ma non lascia il segno. Ci sentiremo dentro al presepe, attori vivi e partecipi di quella notte di luce.
Angelo card. Bagnasco, Arcivescovo di Genova
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