Obbedire alla volontà di Dio, lasciando agire la sua misericordia senza sfidarla, questo è il messaggio lanciato alle prime ore dell’alba da Papa Francesco presso la Cappella di Santa Marta. Bergoglio questa mattina pronunciando un’omelia del tutto incentrata sull’amore misericordioso ha fatto intendere a molti che la Chiesa deve mantenere un atteggiamento aperto e di comprensione, deve pertanto riscoprire la sua natura originaria di madre che cura il suo bambino e che gli mostra qual è il problema da affrontare.
“Alcuni giorni fa, il giorno della festa degli angeli custodi, abbiamo riflettuto sulla docilità a Dio, la docilità allo Spirito Santo, come strada di santità e di vita cristiana”, ha ricordato Francesco all’inizio dell’omelia. Poi, facendo riferimento alla resistenza del profeta Giona, ha proseguito, “in questi tre giorni — ieri, oggi e domani — la liturgia ci fa riflettere sopra il contrario, cioè la resistenza alla volontà di Dio: non fare quello che Dio vuole, non essere docile”.
Giona è definito infatti dalle Letture bibliche “testardo” (1, 1-2,1.11), perché caratterizzato da una durezza di cuore verso Dio. Un atteggiamento che si riscontra spesso nell’uomo moderno, il cui peccato forse più grande è proprio non comprendere la Misericordia e non seguire l’insegnamento divino. E in questi giorni, più di ogni altro momento, la questione non solo riaffiora tra i banchi della Chiesa ma si espande a largo raggio anche tra le varie schiere dell’opinione pubblica. Come sovente accade quando la Chiesa si interroga su tematiche delicate e fondamentali per il suo magistero, i commentatori tendono a schierarsi a destra o a sinistra, da questa o da quell’altra parte, senza cercare di trovare una giusta misura o perlomeno un cammino comune che conduca tutti a una medesima destinazione.
La divisione tra Guelfi e Ghibellini, tra Montecchi e Capuleti, e ancora tra Savoia e Aosta, non sono affatto gradite da Bergoglio, il quale non solo sta edificando il suo ministero petrino sulla Misericordia ma desidera ad ogni costo che tutti, cattolici e non cattolici, comprendano l’importanza dell’amore divino. “Non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole”
(Rm 13,8). Commentando il brano della Lettera di San Paolo ai Romani che iniziava proprio con questa frase, l’allora arcivescovo di Buenos Aires, il 7 settembre 2008, in occasione della Celebrazione Eucaristica per la Giornata del Migrante, disse che l’unico debito che ciascun uomo deve avere con gli altri è l’amore. “Chi non ha il cuore aperto al fratello di qualsiasi razza, di qualsiasi nazione, non fa il suo dovere, la sua vita finisce come una cambiale non pagata […] I concetti non si amano, le parole non si amano, si amano le persone!”, aveva spiegato Bergoglio esortando i presenti a farsi carico di un lavoro di prossimità e di avvicinarsi al dolore del prossimo.
Accanto a questi due interventi di Jorge Mario Bergoglio, il primo tratto dall’omelia di questa mattina, e il secondo da un’omelia pronunciata nel 2008 presso il Santuario di Nostra Signora Madre degli emigranti a Buenos Aires, si accosta una terza riflessione pastorale del cardinale argentino. Il 17 gennaio 2010, per commemorare le vittime del terremoto di Haiti, commentando l’episodio delle nozze di Cana e – appunto – della Vergine che si avvicina a Gesù e gli dice “Guarda il problema!”, egli supplicò tutti a seguire questo modello di vita offertoci dal Vangelo: guardare il margine del camino, guardare coloro che si nascondono per vergogna o paura perché non hanno il coraggio di stare con gli altri perché non si sentono considerati dal resto della comunità.
Questa è la vera parresia di Papa Francesco, guardare il problema, questo il fil rouge dell’attuale Sinodo sulla famiglia, aperto solennemente domenica in Piazza San Pietro, o comunque di quel percorso para-sinodale portato avanti dal pontefice della Misericordia, che ha sempre mostrato una marcata attitudine a guardare e ad avvicinarsi ai più bisognosi cercando di scalfire quell’aridità dei cuori propria di molti: “Un cuore cristiano non è mai in vacanza. È sempre aperto al servizio perché sa che dove c’è una necessità c’è un diritto”, aveva aggiunto a braccio nell’omelia del 2010 il futuro Papa della Chiesa Cattolica che oggi chiede ai Padri sinodali di camminare insieme con uno spirito di collegialità e di sinodalità, affinché avanti ad ogni altra cosa venga posto il bene della Chiesa, della famiglia e della salus animarum.
Di Alessandro Notarnicola
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