Il capo religioso della comunità ebraica romana, Riccardo Di Segni, racconta a Vatican Insider l’incontro con Francesco e le «preoccupazioni in comune».
«Ho rinnovato l’invito al Papa a venire in sinagoga e lui ha subito risposto di sì. Resta solo da stabilire la data per la visita di Francesco al tempio maggiore». Al termine dei trenta minuti di colloquio, il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni racconta a Vatican Insider l’udienza in Vaticano di lunedì, che si è trasformata in una franca conversazione sui temi più caldi del momento. «Francesco ha fatto un’approfondita analisi politica delle dinamiche che provocano gli sbarchi di immigrati sulle coste italiane – afferma la guida spirituale della più antica comunità ebraica d’Europa – Abbiamo condiviso le stesse preoccupazioni e il dolore per quanto sta accadendo nel canale di Sicilia. Il Papa è consapevole della difficoltà di venire a capo di una situazione complessa».
Tanti gli argomenti affrontati nell’incontro tra il Vescovo di Roma e il Rabbino Capo della Capitale. «Si è mostrato attento e disponibile al confronto – aggiunge Di Segni – Gli ho raccontato due storie private, una delle quali riguarda anche la mia famiglia».
L’udienza doveva avvenire la scorsa settimana insieme con la delegazione dei rabbini europei ma Di Segni aveva rinunciato a causa della morte del suo predecessore, Elio Toaff. «All’inizio dell’incontro il Papa ha ricordato la figura del rabbino Toaff», evidenzia Di Segni. «L’incontro è stato cordiale», sintetizza in una nota il portavoce della comunità ebraica di Roma, Fabio Perugia. «Sono stati affrontati temi di rilievo: dai problemi sociali che affliggono l’Europa all’immigrazione tra i continenti e l’emergenza umanitaria. Il Rabbino Capo e il Papa hanno ragionato sull’impegno delle religioni in questo senso e sui futuri progetti di collaborazione».
Francesco, a poche ore dalla sua elezione, aveva fatto recapitare una lettera personale a Di Segni. Nella missiva il Pontefice prometteva grande collaborazione nel proseguimento dei rapporti tra cattolici ed ebrei. Di Segni, vincitore del premio europeo «Stefano Borgia» per il dialogo interreligioso, la pace e il dialogo tra i popoli, aveva invitato Benedetto XVI in sinagoga e aveva criticato la posizione dei professori della Sapienza che lo avevano indotto a declinare l’invito all’Università in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico. Ma attaccò Joseph Ratzinger per non aver fatto cenno alla Giornata della Memoria il 27 gennaio 2008 e per la nuova preghiera del Venerdì santo (febbraio 2008) destinata a sostituire quella contenuta nel Messale latino del 1962. In particolare là dove invoca che vengano «illuminati i cuori degli ebrei affinché riconoscano Gesù Cristo salvatore di tutti gli uomini»: «Una grave regressione che pone un ostacolo fondamentale alla prosecuzione del rapporto tra ebrei e cristiani». Nel tempo il rapporto è migliorato. Il 20 marzo 2013, ricevuto dal neoeletto papa Francesco, Di Segni pensò a una sua visita in sinagoga. L’11 ottobre 2013 Bergoglio ricevette la comunità ebraica di Roma e Di Segni formalizzò l’invito, che «il Papa ha accolto positivamente». Nei giorni in cui papa Francesco è stato duramente attaccato dalle autorità politiche e religiose turche per le frasi sul genocidio degli armeni, Di Segni ha difeso la sua scelta di denunciare le persecuzioni dei cristiani: «Prendo atto che finalmente un papa ha parlato di questo fenomeno in termini molto chiari e inequivocabili. Ciò che finora ci aveva stupito come comunità ebraica era stato il silenzio e l’indifferenza delle autorità cristiane».
Di Giacomo Galeazzi per Vatican Insider (La Stampa)