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Il «ragazzino» di Puglisi diventa vescovo di Ragusa. «Lo porto con me»

Cuttitta nominato dopo essere stato otto anni ausiliare del cardinale Romeo a Palermo..

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Era uno dei ragazzini di Godrano. Uno dei ragazzini di padre Puglisi. E ha fatto sempre capire che in un certo senso lo è ancora. Anche se ha 53 anni, anche se oggi è stato nominato vescovo di Ragusa, dopo essere stato per otto anni ausiliare del cardinale Paolo Romeo nella complessa diocesi di Palermo. Carmelo Cuttitta anche adesso, dopo la comunicazione ufficiale, è a lui che ritorna: «Porto con me il ricordo di padre Puglisi che è stato il mio parroco, che mi ha seguito spiritualmente, spero di essere evangelizzatore nella mia nuova diocesi come lo fu lui, con lo stesso zelo e donazione di vita».

A Godrano – un grumo di case sul cucuzzolo di una montagna, a circa 40 chilometri dal capoluogo – Puglisi, che vi arrivo 34nne, rimarrà per sette anni, prete povero in una comunità povera, costruttore di pace e di amicizia in un contesto diviso, ferito da faide familiari e mafiose, accogliente, avventuroso, instancabile camminatore lungo i variegati dorsi delle Madonie, dolce e travolgente nei suoi rapporti, soprattutto con i più giovani.

Poiché la famiglia di Cuttitta era molto povera, don Pino, figlio di un ciabattino e di una sarta, lo portava spesso a casa sua. Divenne quasi un nuovo figlio per i Puglisi. «È stato per me padre, fratello maggiore, amico sincero e buono», aveva detto Cuttitta il 7 luglio 2007, nella Messa di consacrazione episcopale per la nomina a vescovo di Novi e ausiliare di Palermo. «Chissà cosa penserà di quanto è accaduto», si chiedeva a voce alta davanti alla Cattedrale colma, quasi come un bimbo stupito, ridiventando per un attimo quel ragazzino di Godrano. «Ha accompagnato i primi passi della mia vocazione – diceva Cuttitta ordinato prete nel 1987 – l’ha sostenuta con discrezione e costante presenza nei momenti di difficoltà, mi ha insegnato a conoscere e amare il Signore, a servirlo senza riserve e nella totale disponibilità, a sapere mettere Cristo e il suo Vangelo al primo posto e a non arrendermi mai: perché la nostra speranza non poggia su cose effimere ma sul Signore Gesù vivo ed eterno. La sua testimonianza di vita, fino al dono totale di se, è per me di esempio e di incoraggiamento mentre mi accingo ad assumere la responsabilità di guidare il gregge di Cristo. Affido anche a lui il mio ministero episcopale». Come oggi.




Redazione Papaboys (Fonte vaticaninsidier.lastampa.it)

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