R. – Siamo stati molto contenti e anche molto sorpresi, perché abbiamo provato a scrivere una lettera così, dicendo: “Proviamoci, dai! Risponde a tutti!”, ma l’abbiamo buttata un po’ sullo scherzo … Invece è arrivata la risposta, l’abbiamo letta ai missionari, prima, e poi l’abbiamo letta ieri sera in chiesa: c’è stato un grande applauso e un urlo – “Francesco! Francesco!” – che ha mostrato i nostri sentimenti di gratitudine.
D. – Quanto vi sta ispirando, Papa Francesco, in questa uscita missionaria sulle spiagge?
R.- Diciamo così: che Papa Francesco ci sta confermando – magari è un pizzico di orgoglio, il nostro, ma è dal 2003 che noi abbiamo lanciato questa esperienza di andare nelle periferie di Riccione: io sono parroco qui dal 2002 e mi chiedevo come fare ad arrivare a tutti questi giovani che veramente arrivano qua a migliaia, dentro Riccone, e noi non potevamo fare niente. Avendo un tipo di pastorale ordinaria, infatti, non riuscivamo a fare entrare i ragazzi in chiesa o comunque a passare loro il messaggio di Gesù. Invece questa è stata veramente l’iniziativa che ha stravolto la nostra pastorale e ci ha dato la possibilità di arrivare a tanti giovani. Per un parroco, vedere tutte le notti ragazzi che vengono in chiesa, che si inginocchiano davanti a Gesù, che si confessano è un miracolo: è un miracolo, di questi tempi!
D. – Il Papa ringrazia per la “bella lettera”, come dice lui. Che cosa avete scritto in questa lettera?
R. – Semplicemente abbiamo scritto quello che facciamo. L’abbiamo messo in un linguaggio abbastanza giovanile, però fondamentalmente gli abbiamo raccontato quello che facciamo, cioè che andiamo sulle strade, sulle spiagge, che incontriamo cuori assetati di Gesù … Quindi in qualche modo gli abbiamo detto cose a cui lui crede profondamente. Per questo motivo io penso che il Papa sia rimasto contento, perché sono le cose che lui dice, che comunica, in cui crede … Quindi, trovarle in uno specchio, in una lettera semplice penso l’abbia colpito …
D. – Com’è andata l’esperienza di quest’anno?
R. – L’esperienza di quest’anno si va sempre più assestando: noi facciamo questa missione dal 2003. Nel 2003-2004 è stata esplosiva, avevamo tantissimi missionari: 200 missionari, il primo anno, 150 il secondo … Poi ci siamo detti: per poter essere fedeli dobbiamo fare una cosa più equilibrata, più ottimizzata. Sempre fuori dall’ordinario, certamente, ma anche con delle regole, con degli schemi. Per cui noi prendiamo esattamente 80 missionari e non di più, li formiamo, abbiamo un rapporto personale, in questa settimana, con ciascuno di loro … non è spersonalizzante, la missione, perché prima di tutto fa bene ai missionari: sono loro che crescono nella fede e in umanità, perché la fede si vive soltanto quando la comunichi, altrimenti è un intimismo che non serve a niente. E quindi è andata bene: è andata come ci aspettavamo, con tutti i piccoli-grandi miracoli degli incontri avvenuti in questi giorni.
D. – I giovani rispondono?
R. – I giovani rispondono, sì: i giovani rispondono. Penso che non siano più arrabbiati, i giovani, come magari lo erano negli anni Settanta-Ottanta nei confronti della Chiesa; i giovani hanno bisogno di qualcuno che li raccolga e che li ascolti. Se c’è qualcuno, vengono: hanno bisogno, di questo. Durante le notti vedo questi giovani missionari – perché avranno 20, 22, 25 anni al massimo – che si mettono lì, sulle panche, insieme a questi ragazzi che hanno incontrato per strada e iniziano discussioni sul senso della vita … mi sembrano piccoli preti o piccole suore che confessano, in maniera più laica, ma che ascoltano i problemi dei ragazzi, e i ragazzi lasciano fare …
A cura di Redazione Papaboys fonte: Radio Vaticana
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