Le sante Rufina e Seconda (morte a Roma nel 257) sono venerate come sante, vergini e martiri dalla Chiesa cattolica; il loro culto è antichissimo. Alcuni elementi riportati nella loro storia potrebbero essere fantasiosi, come in molti racconti dei primi martiri cristiani.
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Santa Rufina e santa Seconda sono due martiri realmente esistite a Roma; sono ricordate in numerosi e sicuri documenti, come il ‘Martirologio Geronimiano’, gli ‘Itinerari’ romani e la ‘Notizia’ di Guglielmo di Malmesbury. Inoltre sono menzionate nel famoso ‘Calendario Marmoreo’ di Napoli ed infine nel ‘Martirologio Romano’ che le celebra ambedue il 10 luglio.
L’antica ‘passio’ compilata verso la seconda metà del V secolo, ne colloca il martirio ai tempi di Valeriano e Gallieno, nel 260 ca., e seguendo le narrazioni agiografiche di altre ‘passio’ di celebri coppie di martiri romani, le due sante sono presentate come sorelle e fidanzate con due giovani cristiani.
A seguito delle ricorrenti persecuzioni contro i cristiani, i due fidanzati apostatarono (rinunciare alla fede in Cristo in favore degli dei) e quindi le due ragazze si votarono alla verginità. Ma i due giovani non vollero rinunciare a loro e quindi cercarono di indurle ad apostatare per proseguire il loro fidanzamento. Senza riuscirci.
Così le denunciarono al conte Archesilao, il quale le raggiunse al XIV miglio della Flaminia, mentre nel tentativo di sfuggire ai persecutori, si allontanavano da Roma, e le consegnò al prefetto Giunio Donato, che da antichi documenti risulta essere ‘praefectus urbis’ nel 257.
Come per tanti martiri di quell’epoca, le due sorelle furono sottoposte a pressioni, interrogatori e proposte di apostatare o di matrimonio. Di fronte alla loro resistenza e rifiuto, al prefetto non restò altro che ordinarne la loro morte.
Allora Archesilao le condusse al X miglio della via Cornelia in un fondo chiamato Buxo (oggi Boccea) dove Rufina venne decapitata. Seconda invece, fu bastonata a morte.
I corpi come d’uso, vennero abbandonati in pasto alle bestie, ma una certa matrona romana di nome Plautilla ne raccolse i corpi, dopo che le martiri in sogno le avevano indicato il luogo del martirio e invitandola a convertirsi. Plautilla le seppellì nello stesso luogo.
La selva luogo del martirio, che era denominata ‘nigra’, in ricordo delle due martiri Seconda e Rufina e del successivo martirio nello stesso luogo dei santi Marcellino e Pietro, venne poi chiamata ‘Silva Candida’.
Sulla loro tomba Papa Giulio I (337 – 352), nel IV secolo, fece erigere una basilica in loro onore che nel V secolo venne elevata a sede episcopale: la diocesi di Selva Candida, o di Santa Rufina, venne unita durante il pontificato di Callisto II (1119 – 1124) a quella suburbicaria di Porto, che assunse il nome di Sede suburbicaria di Porto-Santa Rufina.
Papa Anastasio IV (1153-1154) fece trasferire i loro corpi nel Battistero Lateranense nell’altare di sinistra dell’atrio, di fronte a quello dei Santissimi Cipriano e Giustina, dove riposano tuttora; mentre l’antica basilica andò in rovina e ancora oggi non si riescono ad identificarne i resti con precisione. Restano dei pavimenti a mosaici ora esposti al Museo dell’Alto Medioevo all’Eur. (Fonte santiebeati.it – Antonio Borrelli)
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