Alessandro Sauli è stato un vescovo cattolico, religioso e teologo italiano dell’Ordine dei chierici regolari di San Paolo, di cui venne eletto superiore generale nel 1567: docente universitario di teologia e di filosofia a Pavia, fu vescovo di Aleria e poi di Pavia. È stato proclamato santo da papa Pio X nel 1904.
(Fonte santiebeati.it/Domenico Agasso)
Nasce a Milano il 15 Febbraio del 1534 da una famiglia nobile genovese, che dà senatori e dogi alla Repubblica marinara.
Aveva una particolare attitudine allo studio; alte relazioni che, adolescente, gli procurano la nomina a paggio di corte: quella di Carlo V, signore d’Europa e d’America, padrone del mondo.
Partendo da lì, uno come lui può arrivare in fretta ai grandi posti. Ma Alessandro Sauli non parte.
A 17 anni chiede di entrare fra i Chierici Regolari di San Paolo, detti Barnabiti, perché risiedono presso la chiesa milanese di San Barnaba. Sono preti legati da una regola di vita comune, da severi compiti di studio e d’insegnamento. Uomini di punta del rinnovamento religioso.
“Domando di essere accolto”, dice, “per abbandonarmi totalmente nelle mani dell’obbedienza”.
Nel segno dell’obbedienza si espone a una prova tra le più sgradevoli: compare nella piazza dei mercanti vestito da nobile, ma portando sulle spalle una pesante croce . Si umilia, insomma, a dar spettacolo, esponendosi allo scandalo e alla beffa. E dà inizio a una consuetudine:
“Da allora, “portar la croce” fa parte delle nostre tradizioni familiari. E’ una delle più care e indimenticabili, perché ogni barnabita inizia il proprio anno di noviziato portando la croce dalla comunità alla chiesa” (P. Luis Origlia Roasio).
Ordinato sacerdote, diviene maestro e formatore di barnabiti, chiamati a esser uomini della croce e del libro, della fede e della cultura strettamente unite, nel XVI secolo come nel XX.
Alessandro Sauli, in quest’opera, è talmente uomo di punta che a soli 34 anni lo fanno già superiore generale. Carlo Borromeo (divenuto santo), arcivescovo di Milano, lo vuole suo confessore.
Pio V nel 1567 lo nomina vescovo di Aleria, in Corsica, dove c’è da fare tutto, compreso lo sfamare i fedeli, vittime di carestie e pirati; e proseguendo col formare preti culturalmente degni, infondendo in loro slancio per l’evangelizzazione.
Per vent’anni la Corsica ha in lui un padre e maestro. E morirebbe lì, ma deve poi obbedire a un suo allievo diventato papa, Gregorio XIV, che lo trasferisce come vescovo a Pavia.
Obbedisce, anche se tanto lavoro l’ha già sfiancato. Eppure intraprende subito la visita pastorale: non smette di “portare la croce”, finché un minimo di forze lo sorreggono.
Muore in una visita pastorale a Calosso d’Asti, dove accettò l’ospitalità del signore del luogo. Ma non nei saloni nobili:bensì al pianterreno con i lavoranti, vicino alla portineria.
E qui l’11 Ottobre 1592 muore l’“Apostolo della Corsica”.
Fu proclamato beato il 23 aprile 1741 da papa Benedetto XIV mentre Papa Pio X lo canonizzò l’11 dicembre 1904.
Il suo corpo è venerato nella cattedrale di Pavia, nella sontuosa cappella settecentesca a lui dedicata.
Alcune reliquie sono ospitate nella basilica di San Michele Maggiore in Pavia e nella basilica santuario di Santa Maria de Finibus Terrae a Santa Maria di Leuca.
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