A Montefalco in Umbria, santa Chiara della Croce, vergine dell’Ordine degli Eremiti di Sant’Agostino, che resse il monastero di Santa Croce e fu mistica e ardente di amore per la passione di Cristo.
(Fonte it.cathopedia.org – Vatican News)
Nasce a Montefalco (Umbria) nel 1268 da Damiano e Iacopa. Aveva una sorella maggiore, Giovanna, che la precederà nelle sue scelte.
Giovanna infatti fonda, con l’aiuto economico del padre, il “reclusorio” di San Leonardo, luogo in cui la stessa Giovanna è rettrice; le donne che lì si ritirano vivendo rinchiuse e pregando, senza seguire una regola precisa, devono obbedire alle sue direttive.
La piccola Chiara resta segnata da un modello così spiccato che la famiglia le propone e, all’età di sei anni, entra nel “reclusorio” di Giovanna intitolato a San Leonardo, dove trascorre i successivi sette anni.
Cresciuta la comunità, Giovanna e le sue donne si trasferiscono sul Colle di Santa Caterina del Bottaccio, non lontano dal luogo più antico, in un edificio ancora incompleto. Ma il nuovo insediamento, che sottintende la costruzione di un vero e proprio monastero, non viene accolto pacificamente in città. Affiancandosi ad altri tre monasteri più antichi, uno francescano, uno agostiniano e un altro benedettino, il reclusorio di Giovanna viene ritenuto dannoso per Montefalco, perché si va ad aggiungere alle altre comunità che già vivevano di elemosina. L’ostilità diventa vera e propria persecuzione volta a convincere le donne a desistere dai loro progetti. Nel 1290 Giovanna chiede al Vescovo di Spoleto l’introduzione della regola di Sant’Agostino in modo da facilitare l’istituzionalizzazione della comunità.
Il monastero prenderà il nome di Santa Croce e Giovanna ne diventerà la Badessa, sempre sotto la diretta giurisdizione del Vescovo.
Chiara cresce seguendo le sorti di questo luogo; soltanto in occasione della grande carestia del 1283, insieme a un’altra compagna, esce dal reclusorio per la questua (elemosina), ma dopo otto uscite le viene impedito di continuare; da questo momento, fino alla morte, rimase isolata in clausura.
Dopo la morte di Giovanna viene eletta badessa. Chiara accetta a malincuore l’incarico, ritenendosi indegna, e invece dà un nuovo impulso alla comunità religiosa: organizza meglio la vita comune, impone a tutte le sorelle il lavoro manuale, ma lascia ampia libertà a quelle più inclini alla preghiera, si prende cura di tutte amorevolmente, istruendole, correggendole e avendo attenzione ai bisogni di ciascuna. Emerge così come donna di illuminata fermezza. Alla sua grata si accostano poveri e bisognosi, ai quali è sempre pronta a donare qualcosa da mangiare o una parola di conforto, e per uomini dotti, sacerdoti e alto clero diviene saggia consigliera, capace com’è di leggere il cuore altrui e di prevedere gli eventi. Tutto ciò nonostante una dura prova di aridità spirituale che la accompagna per 11 anni. Già prima della morte della sorella sperimenta infatti uno stato interiore di deserto e il silenzio di Dio. Ne soffrirà fino al 1299.
All’inizio del 1294, nel giardino del monastero, le appare Cristo, pellegrino e sofferente con la croce, che si rivolge a lei con tali parole: “Io cerco un luogo forte, nel quale possa piantare la croce, e qui trovo il luogo adatto per piantarla”. È il cuore di Chiara, che da allora ripeterà spesso: “Ho Gesù mio dentro il mio cuore”. La tradizione narra che Cristo viandante le avrebbe donato il proprio bastone e che, avendolo piantato, ne sarebbe poi nato un albero, ancora oggi florido. È il Melia Azedarach, originario dell’Himalaya o “albero di Santa Chiara”, i cui acini legnosi, da secoli, vengono utilizzati per realizzare rosari.
Chiara ebbe dei doni particolari che condussero a bussare alla sua porta personaggi illustri dalle vicende tormentate, come i cardinali Giacomo e Pietro Colonna, Napoleone Orsini, il francescano Ubertino da Casale e tanti altri.
Le sue parole erano come “un fuoco, da cui venivano illuminate, consolate e accese le menti di tutti coloro che l’ascoltavano”.
Parole, dunque, non solo rivolte alla gente del popolo attirata dalla sua fama taumaturgica (compieva prodigi), ma anche a personaggi illustri che ne ammiravano le virtù profetiche, la straordinaria e viva intelligenza che la rendeva consapevole dei fatti del mondo, sebbene conducesse una vita decisamente isolata.
È grazie a queste sue doti che riesce a comprendere in maniera fulminea e a denunciare l’eresia dei frati dello Spirito di Libertà, capeggiati da Bentivegna da Gubbio, anche lui salito sul colle di Montefalco a ricercare un confronto con Chiara.
Nel 1303 promuove l’ampliamento del monastero e la costruzione della chiesa di Santa Croce con l’approvazione del Vescovo di Spoleto che invia la prima pietra benedetta.
Nel 1308, la Santa ormai ammalata raccomanda alle monache di essere umili, obbedienti, pazienti, unite nella carità e si prepara all’incontro con Dio.
Il 17 agosto chiede di essere portata nella chiesa che aveva voluto per il monastero e lì esala l’ultimo respiro. Aveva 40 anni.
Dopo la sua morte il Comune di Montefalco sentì l’esigenza di certificare l’esemplarità della vita di Chiara in un documento con le testimonianze di chi le fu più vicino.
Con questo intento il suo corpo venne aperto alla ricerca di segni prodigiosi che ne testimoniassero in maniera evidente quell’esemplarità che aveva espresso per tutta la vita; e i segni cercati vennero trovati: il cuore, con i segni della passione e i tre globi, di uguale misura, peso e colore, disposti a forma di triangolo, interpretati come il simbolo della Trinità.
Berengario di Donadio da Sant’Africano, biografo di Chiara, scrive: “C’erano … dentro il cuore … in forma di duri nervi di carne da una parte la croce, tre chiodi, la spugna e la canna; e dall’altra parte la colonna, la frusta … e la corona … Nel sacchetto del fiele … vi si trovavano tre pietre rotonde, in tutto uguali … che rappresentavano verosimilmente la Trinità”
La chiesa attuale del monastero di santa Chiara da Montefalco (ricostruita tra il 1615 e il 1643) conserva il corpo della Santa dentro un’urna d’argento. Ai lati, entro due nicchie aperte nel 1718, si conservano come reliquie di Chiara segni straordinari della sua eccezionalità. L’oggetto più suggestivo è certamente il reliquiario a busto d’argento che la raffigura e contiene il suo cuore; nell’altra nicchia si trova il reliquiario a croce, contenente il muscolo cardiaco a forma di croce e i tre globi di uguale grandezza trovati nella cistifellea.
Viene proclamata Santa da Leone XIII nel 1881.
Santa Chiara, Sorella e Madre,
che ci accompagni nei sentieri di Dio
nella ricerca della Bellezza e nell’Amore,
che sempre è possibile
quando il cuore è il centro dell’interiorità.
Insegnaci a fare di questo nostro cuore
la Dimora del Signore
dove possa poggiare la sua Croce,
perché la nostra vita sia un Dono
per tutti e per la Chiesa,
che tu hai amato e servito nella preghiera
che trasforma a immagine di Gesù Cristo
e intercede presso il Padre.
Annunzieremo con te, di buon mattino,
con timore e gioia grande,
che è Bella la vita del Cielo!
Che è Bello quanto il Signore ci dona!
Che è Bello lodare il Signore!
Amen
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