Giuseppe Cafasso è stato un presbitero italiano, canonizzato da papa Pio XII nel 1947. È considerato uno dei santi sociali torinesi.
Nasce a Castelnuovo d’Asti il 15 Gennaio 1811 da una famiglia contadina, modesta e profondamente religiosa. Frequenta le scuole pubbliche al suo paese e poi entra nel Seminario di Chieri (Torino). Difficile era prevedere un futuro di oratore: a scuola andava abbastanza male ed inoltre il suo parlare era sommesso, ma divenne prete a 22 anni ed entrò nel Convitto ecclesiastico torinese del teologo Luigi Guala, dove i neo-sacerdoti potevano approfondire le loro conoscenze. Entrato come allievo, Cafasso vi rimase prima come insegnante, poi come direttore spirituale ed infine come rettore.
Nonostante la mancanza di una voce tonante venne chiamato a predicare. Il suo aspetto era gracile, la sua colonna vertebrale deviata lo faceva apparire gobbo. Divenne amico di don Giovanni Bosco e lo consigliò, indirizzandolo ad aiutare i ragazzi poveri di Torino.
In 24 anni di insegnamento Giuseppe forma generazioni di sacerdoti, dedicandosi anche ad un’intensa opera pastorale verso tutti bisognosi.
Luigi Guala lo spinge a compiere opera di catechesi verso i giovani muratori e i carcerati. Condivide le ore estreme con i condannati a morte ed opera tra i carcerati, cui non fa mancare buone parole e sigari, includendo nel suo servizio anche l’aiuto alle famiglie e il soccorso ai dimessi. Spesso si presentava alle esecuzioni capitali seguendo il condannato a morte fino al patibolo per abbracciarlo, farlo sentire amato e indurlo a riconciliarsi con Dio.
Aveva l’ambizione di portare i condannati a morte subito in Paradiso, senza passare per il Purgatorio e per il recupero dei carcerati, è proprio il caso di dirlo, fece più lui di mille legislazioni .
Al clero piemontese raccomandò di non invischiarsi nelle questioni politiche, perciò non si trovarono più sacerdoti in Parlamento, approvanti le leggi regaliste o pronti a professare l’errore dai pulpiti.
Era dotato nella docenza di calma, accortezza e prudenza, fu, soprattutto, il grande nemico del peccato.
Succeduto al Guala, ne perfeziona l’opera, rifiutando sempre ogni titolo onorifico. Grande amico di don Giovanni Bosco (che lo definirà «modello di vita sacerdotale»), lo aiuta materialmente e moralmente nella sua missione. Muore a Torino il 23 Giugno 1860.
Viene beatificato nel 1925 e canonizzato da papa Pio XII nel 1947 e proclamato patrono dei carcerati e dei condannati a morte. I suoi resti si trovano all’interno del Santuario della Consolata, a Torino.
È patrono dei carcerati e dei condannati a morte.
Benedetto XVI del santo dei carcerati afferma: «Conosceva la teologia morale, ma conosceva altrettanto le situazioni e il cuore della gente, del cui bene si faceva carico, come il buon pastore. Quanti avevano la grazia di stargli vicino ne erano trasformati in altrettanti buoni pastori e in validi confessori. Indicava con chiarezza a tutti i sacerdoti la santità da raggiungere proprio nel ministero pastorale». Sono parole che il Santo Padre ha pronunciato durante la Catechesi dell’ Udienza generale del 30 giugno 2010, a pochi giorni dalla chiusura dell’Anno sacerdotale (11 giugno 2010).
(Fonte www.santiebeati.it – Di Cristina Siccardi/it.wikipedia.org)
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