San Massimo fu il primo vescovo di Torino; con la sua parola di padre chiamò folle di pagani alla fede di Cristo e le guidò con la celeste dottrina al premio della salvezza.
Pochissime le notizie riguardanti la sua vita, nasce probabilmente in un paese dell’Italia settentrionale nella seconda metà del IV secolo.
Viene chiamato a reggere la nuova cattedra episcopale di Julia Augusta Taurinorum (Torino) appena eretta dal suo maestro Sant’Eusebio di Vercelli.
Il sacerdote marsigliese Gennaio, storico cristiano, nella sua opera “De viris illustribus” ci presenta Massimo quale profondo conoscitore delle Sacre Scritture.
Era un forbito predicatore ed autore di parecchie preziose opere che gli hanno meritato di essere considerato uno dei padri minori della Chiesa universale.
Il suo impegno si concentrò prevalentemente sulla lotta contro la pratica della simonìa e del paganesimo. A tal proposito è ricordato per aver fatto erigere, probabilmente sui resti di un precedente tempio pagano, una piccola chiesa dedicata a Sant’Andrea dai cui resti, nel XII secolo, sorse la celebre chiesa della Consolata.
Solo due date della sua vita sono stabilite storicamente:
Nel 451 prese parte al Sinodo di Milano, dove i vescovi dell’Italia settentrionale accettarono l’epistola dogmatica di Papa Leone I, che stabiliva la dottrina ortodossa dell’Incarnazione contro le tesi dei Nestoriani o degli Eutichiani. Fra i diciannove firmatari, Massimo era l’ottavo: essendo l’ordine determinato in base all’età, si deduce che il vescovo torinese avesse allora circa settant’anni.
La seconda data conosciuta è il 465, in occasione del Sinodo di Roma, cui presenziò. In tal caso, la firma di Massimo segue immediatamente quella di Papa Ilario, dimostrando così che era il più anziano dei 48 vescovi presenti.
La storia non menziona più Massimo dopo il 465: è possibile supporre che sia morto non molto tempo dopo. Molti storici, però, ritengono che la sua morte sia avvenuta già attorno al 420.
Le sue reliquie sono conservate nella Basilica di San Massimo a Collegno (Torino), una delle più antiche chiese cristiane del Piemonte e, molto probabilmente, sede vescovile dello stesso Massimo.
La poderosa mole di scritti tradizionalmente attribuiti a San Massimo costituisce indubbiamente un tesoro di inestimabile interesse per gli storici della teologia.
L’edizione del 1784 curata da Bruno Bruni comprendeva ben 116 sermoni, 118 omelie e 6 trattati, oggi oggetto di un attento esame di autenticità. In quanto alcuni di essi potrebbero essere in realtà attribuibili ad altri autori, anche se non mette in dubbio che il corpus principale di tali opere sia innegabilmente di Massimo e ciò permetta di ricavarne alcuni dati storici e spirituali circa la sua vita terrena.
Da questi brani come da molti altri, emerge quel legame profondo e vitale del Vescovo con la sua città, che attesta un punto di contatto evidente tra il ministero episcopale di Ambrogio e quello di Massimo.
Fra i vari argomenti di storia e liturgia toccati nei discorsi, hanno maggior risalto: l’astinenza durante la Quaresima (omelia 44), il non digiuno ed il non inginocchiamento durante il tempo pasquale (omelia 61), il digiuno della vigilia di Pentecoste (omelia 62), il Sinodo di Milano del 389 in cui fu condannato Gioviniano (omelia 9), le invasioni barbariche (omelie 86-92), la distruzione della Chiesa di Milano per mano dei barbari (omelia 94), le diverse superstizioni pagane ancora prevalenti al suo tempo (omelie 16, 100-102), la supremazia di San Pietro (omelie 54, 70, 72, sermone 114).
Sappiamo che nel 397 fu testimone del martirio dei Santi Alessandro, Sisinnio e Martirio, vescovi missionari in Rezia. I suoi testi ci danno l’opportunità di scoprire i costumi e le condizioni di vita della popolazione lombarda ai tempi delle invasioni gotiche; in un’omelia è contenuta la descrizione della distruzione di Milano operata da Attila.
Tramandò così la memoria dei primi martiri torinesi: “Tutti i martiri devono essere onorati con grandissima devozione, ma devono essere onorati da noi in modo speciale questi di cui possediamo le reliquie […] dimorarono con noi, sia che ci custodiscano mentre viviamo nel corpo sia che ci accolgano quando lo abbandoniamo”. Purtroppo si limitò soltanto a citarne nel titolo i loro nomi, Ottavio, Avventore e Solutore, senza specificare nulla di più sul loro conto.
Approfittò di due omelie di ringraziamento per rammentare ai cristiani il dovere di lodare Dio quotidianamente in particolar modo con l’ausilio dei Salmi, mattino e sera, prima e dopo i pasti. Famose inoltre le sue esortazioni a fare il segno della croce prima di compiere qualsiasi azione, per assicurarsi sempre una benedizione. Condannò infine coloro che vendevano in cambio di denaro il perdono dei peccati anziché prescrivere adeguate penitenze.
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Indubbiamente una grande fama di santità circondò il vescovo Massimo già in vita e la venerazione nei suoi confronti fu perpetuata dai fedeli dopo la sua morte. Il suo culto non incontrò però purtroppo particolare fortune nei secoli successivi. Forse anche a causa della mancanza dei suoi resti mortali, solitamente centro della devozione popolare nei confronti di un santo. A Collegno ancora oggi sorge un’antica chiesa e ciò ha portato a supporre che essa avesse accolto per motivi ignoti la tomba di San Massimo, anche se dopo vari scavi archeologici nulla è mai venuto alla luce. A Torino solo nel XIX secolo gli furono dedicati un edificio sacro e la strada ad esso adiacente e sempre in tale secolo si tentò un processo per attribuirgli il prestigioso titolo di “Dottore della Chiesa”.
L’intera Regione Pastorale Piemontese, comprendente le diocesi di Valle d’Aosta e Piemonte tranne Tortona, commemora il protovescovo torinese al 25 giugno nel suo calendario liturgico. (Fonte santiebeati.it – Fabio Arduino)
O Dio, che in San Massimo, vescovo e servitore del tuo popolo,
hai dato alla Chiesa un’immagine viva del Cristo, buon pastore,
per la sua preghiera concedi a noi di giungere ai pascoli della vita eterna.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con Te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli. Amen.
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