Sofronio Eusebio Girolamo, noto come san Girolamo, è stato un biblista, traduttore, teologo e monaco cristiano romano. Padre e Dottore della Chiesa, tradusse in latino parte dell’Antico Testamento greco e, successivamente, l’intera Scrittura ebraica.
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Il suo nome completo è Sofronio Eusebio Girolamo, nacque nella città natale di Stridone, nell’attuale Croazia. Non si conosce esattamente la sua data di nascita, ma viene collocata intorno al 347.
Di famiglia cristiana e benestante, riceve una solida formazione e, sostenuto dai genitori, perfeziona gli studi a Roma.
Nell’Urbe si dà alla vita mondana, lasciandosi andare ai piaceri; se ne ravvede però presto, riceve il battesimo e si orienta alla vita contemplativa. Si trasferisce per questo ad Aquileia ed entra a far parte di una comunità di asceti. Se ne allontana tempo dopo, deluso dalle inimicizie sorte in quell’ambiente.
Parte per l’Oriente, si ferma a Treviri, torna a Stridone e riparte ancora. Resta per qualche anno ad Antiochia, dove perfeziona la sua conoscenza del greco, poi si ritira da eremita nel deserto di Calcide, a sud di Aleppo.
Per quattro anni si dedica pienamente allo studio, impara l’ebraico e trascrive codici e scritti dei Padri della Chiesa. Sono anni di meditazione, solitudine e di intensa lettura della Parola di Dio, che lo portano anche a riflettere sul divario fra la mentalità pagana e la vita cristiana. Amareggiato dalle diatribe degli anacoreti provocate dalla dottrina ariana, torna ad Antiochia.
Nel 379 viene ordinato sacerdote, poi si sposta a Costantinopoli dove continua a studiare il greco sotto la guida di Gregorio Nazianzeno.
Nel 382 Girolamo torna a Roma per partecipare a un incontro indetto da Papa Damaso sullo scisma di Antiochia. Essendo nota la sua fama di asceta e di erudito, il Pontefice lo sceglie come proprio segretario e consigliere e lo invita a intraprendere una nuova traduzione in latino dei testi biblici.
Nella capitale Girolamo dà vita anche a un circolo biblico e avvia allo studio della Scrittura donne della nobiltà romana che, volendo intraprendere la via della perfezione cristiana e desiderose di approfondire la conoscenza della Parola di Dio, lo designano come loro maestro e guida spirituale.
Ma il suo rigore morale non è condiviso dal clero e le severe regole da lui suggerite alle sue discepole sono ritenute troppo dure.
Scontroso e dal carattere difficile, condannando vizi e ipocrisie e polemizzando spesso anche con dotti e sapienti, Girolamo non è ben visto da molti.
Sicché, morto Damaso, decide di tornare in Oriente e nell’agosto del 385 si imbarca a Ostia per raggiungere la Terra Santa, seguito poi da alcuni monaci suoi fedeli e da un gruppo di sue seguaci, fra cui la nobildonna Paola con la figlia Eustochio.
Intraprende un pellegrinaggio, raggiunge l’Egitto poi si ferma a Betlemme, dove apre una scuola offrendo il suo insegnamento gratuitamente. Grazie alla generosità di Paola, vengono poi costruiti un monastero maschile, uno femminile e un ospizio per i viaggiatori in visita ai luoghi santi.
Girolamo trascorre a Betlemme tutto il resto della sua vita, dedicandosi sempre alla Parola di Dio, alla difesa della fede, all’insegnamento della cultura classica e cristiana e all’accoglienza dei pellegrini.
Consacrò tutta la vita e la sue conoscenze alla traduzione e commento delle Sacre Scritture. Tentato a desistere dall’impresa e ad abbandonare la solitudine, in cui viveva negli ultimi anni, riuscì a vincersi mediante prolungati digiuni e assidua preghiera.
Muore nella sua cella (forse una grotta), nei pressi della grotta della Natività. Era il 30 settembre probabilmente del 420.
Era un uomo irruento, spesso polemico e litigioso, era detestato ma anche amato. Non era facile dialogare con lui, eppure ha dato tanto alla cristianità con la sua testimonianza di vita e i suoi scritti.
A lui si deve la prima traduzione in latino della Bibbia, la cosiddetta Vulgata – con i Vangeli tradotti dal greco e l’Antico Testamento dall’ebraico – che ancora oggi, pur se revisionata, è il testo ufficiale della Chiesa di lingua latina.
Quella Parola, così tanto studiata e commentata, si è pure “impegnato a viverla concretamente”, ha detto Benedetto XVI, che a Girolamo ha dedicato due catechesi alle udienze generali del 7 e del 14 novembre 2007.
“Che cosa possiamo imparare noi da San Girolamo? Mi sembra soprattutto questo: amare la Parola di Dio nella Sacra Scrittura – ha suggerito Benedetto XVI – è importante che ogni cristiano viva in contatto e in dialogo personale con la Parola di Dio, donataci nella Sacra Scrittura … è anche una Parola che costruisce comunità, che costruisce la Chiesa. Perciò dobbiamo leggerla in comunione con la Chiesa viva”.
Girolamo è uno dei quattro Padri della Chiesa d’Occidente (insieme ad Ambrogio, Agostino e Gregorio Magno), proclamato dottore della Chiesa nel 1567 da Pio V.
Di lui ci restano commentari, omelie, epistole, trattati, opere storiografiche e agiografiche; assai noto il suo De Viris Illustribus, con le biografie di 135 autori per lo più cristiani, ma anche ebrei e pagani, per dimostrare quanto la cultura cristiana fosse “una vera cultura ormai degna di essere messa a confronto con quella classica”.
Da non dimenticare il suo Chronicon – la traduzione e rielaborazione in latino di quello in greco di Eusebio di Cesarea andato perduto – con la narrazione della storia universale, tra dati certi e miti, a partire dalla nascita di Abramo fino all’anno 325.
Infine, ricche di insegnamenti e accorati consigli, molte epistole che lasciano trasparire la sua profonda spiritualità.
San Girolamo è il patrono degli archeologi, bibliotecari, traduttori, studiosi in genere e numerosi comuni italiani.
O glorioso San Girolamo,
per quell’amabile zelo che ti condusse allo studio profondo
delle sacre scritture conferendoti tanta luce;
per quello spirito di sacrificio e di mortificazione,
per le pratiche di pietà e per le più edificanti virtù
per renderti sempre più utile alla Chiesa cattolica;
e per tutti i Divini favori di cui puoi disporre in cielo;
sii protettore benevolo ed ottieni a noi tutti
la grazia di meditare continuamente la verità della fede,
di non cercare mai sulla terra che essere graditi a Dio,
e di infervorarci sempre più negli esercizi
della penitenza e delle buone opere,
per assicurarci la nostra eterna salvezza. Amen.
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