«Vivere senza fede, senza un patrimonio da difendere, senza sostenere una lotta per la Verità non è vivere ma vivacchiare…» (Pier Giorgio Frassati)
Pier Giorgio Frassati è stato uno studente italiano, terziario domenicano, membro della Fuci e di Azione Cattolica: è stato proclamato beato nel 1990 da papa Giovanni Paolo II. È considerato, ancorché non canonizzato, uno dei santi sociali torinesi.
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Pier Giorgio Frassati nasce il 6 aprile 1901, da una delle famiglie più in vista dell’alta borghesia di Torino. Era figlio di Alfredo Frassati, direttore della testata giornalistica La Stampa ma anche insigne uomo politico al fianco del liberale Giovanni Giolitti, che lo nominò prima Senatore del Regno e poi, nel 1913, Ambasciatore in Germania. La mamma era Adelaide Ametis, pittrice apprezzata.
Aveva anche una sorella: Luciana Frassati, più giovane di lui di un anno, che morì nell’ottobre del 2007, a 105 anni.
L’educazione che i due fratelli Frassati ricevettero in famiglia fu improntata su metodi e principi piuttosto rigidi, che Luciana ha definito addirittura “spartani”; ella ha raccontato: “La casa signorile in cui vivevamo sembrava una caserma“.
La famiglia quindi trasmise ai figli un duro sistema di regole e doveri, basato sul rispetto, l’ordine, la disciplina e l’onore. La fede fu impartita unicamente dalla madre.
Nel 1914 l’Europa fu insanguinata dalla Grande Guerra e l’anno seguente l’Italia entrò nel conflitto muovendo guerra all’Austria. La famiglia Frassati, giolittiana e liberale, era neutralista. Allo scoppio della guerra, Pier Giorgio, anche se molto giovane, s’impegnò alacremente per rendersi utile. Inoltre inviava regolarmente ai soldati e alle loro famiglie i suoi piccoli risparmi.
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Pier Giorgio e Luciana, nonostante la differenza di un anno d’età, furono avviati insieme agli studi. Come era usanza nelle famiglie signorili di un tempo, la prima istruzione venne loro impartita privatamente, in casa. Poi frequentarono le scuole statali, ma Pier Giorgio non dimostrava molto entusiasmo per lo studio e subì una bocciatura.
Dopo aver conseguito la licenza elementare, entrambi vennero iscritti al Regio ginnasio-liceo “Massimo d’Azeglio” di Torino. Tuttavia l’iter scolastico di Pier Giorgio fu rallentato da due bocciature in latino.
Venne poi iscritto dai genitori all’Istituto Sociale di Torino, un ginnasio-liceo retto dai Padri della Compagnia di Gesù. Qui si avvicinò anche alla spiritualità cristiana e Pier Giorgio conseguì la maturità classica nell’ottobre del 1918.
Il mese successivo si iscrisse alla facoltà di Ingegneria meccanica (specializzazione in mineraria) presso il Regio Politecnico di Torino. Motivò questa scelta universitaria con l’intenzione di poter lavorare al fianco dei minatori (la classe operaia più disagiata a quel tempo), per aiutarli a migliorare le loro condizioni di lavoro. Il padre fece di tutto per fargli fare una brillante carriera all’interno del suo giornale, ma mai vi riuscì. Non capendo mai la profondità del figlio.
Nonostante gli sforzi e l’impegno, Pier Giorgio morì improvvisamente a due soli esami dalla sospirata mèta. Fu però insignito della laurea ad honorem (Alla Memoria) nel 2001.
Una volta gli chiesero: “Sei un bigotto?” (così allora si ingiuriavano i credenti, sia dal versante massonico-liberale, che da quello fascista, che da quello social-comunista).
“No, rispose Pier Giorgio restituendo il colpo con bontà, ma con altrettanta fermezza, no, io sono ‘rimasto’ cristiano!”.
Il 28 maggio 1922, nella chiesa torinese di San Domenico, ricevette l’abito di terziario domenicano: Pier Giorgio, da fervente discepolo di San Domenico, recitava ogni giorno il Rosario, che portava sempre nel taschino della giacca, non esitando a tirarlo fuori in qualsiasi momento per pregare, anche in tram o sul treno, persino per strada. “Il mio testamento – diceva, mostrando la corona del Rosario – lo porto sempre in tasca”.
All’Università ebbe inizio un periodo di intensa attività all’interno di numerose associazioni di stampo cattolico.
In particolare la Gioventù Italiana di Azione Cattolica, la Fuci e il Circolo “Cesare Balbo”, affluente alla Fuci stessa, a cui si iscrisse nel 1919.
Inoltre aderisce anche alla Società San Vincenzo De Paoli del “Cesare Balbo”, profondendo un impareggiabile impegno in favore dei poveri e dei più bisognosi.
Pier Giorgio era un ragazzo molto vivace, solare, sempre allegro e ricco di energie. Praticò numerosi sport, ma furono soprattutto le escursioni in montagna a costituire la sua più grande passione, come documentato dalle numerose fotografie.
S’iscrisse anche a varie associazioni alpinistiche, partecipando attivamente a circa una quarantina di gite ed escursioni. La sua più notevole ascensione è stata la difficile vetta della Grivola (tuttora riservata ad alpinisti esperti).
Tra le altre montagne scalò anche l’Uia di Ciamarella il 20 luglio 1924 insieme agli amici dell’associazione di alpinisti cattolici “Giovane Montagna”.
Spesso raggiungeva a piedi il Santuario della Madonna di Oropa. Arrivato al Santuario, dopo un’ora di marcia e completamente digiuno, era solito assistere alla Santa Messa, poi faceva la Comunione e nel ritorno verso casa recitava il Rosario lungo la via, ad alta voce, cantando le Litanie.
Fu poi proprio la sua passione per la montagna che gli fece conoscere Laura Hidalgo (1898-1976), una ragazza orfana e di modeste origini sociali: Pier Giorgio se ne innamorò, anche se non le confessò mai il proprio sentimento, “per non turbarla”, come scrisse ad un amico.
La ragione per cui non le dichiarò il suo amore fu la netta opposizione della famiglia di lui, che non avrebbe mai accettato per l’erede dei Frassati una consorte che non fosse stata d’altolocata e prestigiosa provenienza sociale.
Rinunciò quindi a questo amore per non suscitare pesanti discussioni in casa e non incrinare ulteriormente il rapporto tra padre e madre. Già in quel momento versava in gravi difficoltà.
Nonostante la sua attivissima partecipazione a numerose associazioni di quell’epoca, il 18 maggio 1924, durante una gita al Pian della Mussa, insieme ai suoi più cari amici fondò la “Compagnia o Società dei Tipi Loschi”. Un’associazione caratterizzata da un sano spirito d’amicizia e d’allegria.
Ma dietro le apparenze scherzose e goliardiche, la Compagnia dei Tipi Loschi nascondeva l’aspirazione a un’amicizia profonda, fondata sul vincolo della preghiera e della fede.
«Io vorrei che noi giurassimo un patto che non conosce confini terreni né limiti temporali: l’unione nella preghiera », scrisse Pier Giorgio ad uno dei suoi amici il 15 gennaio 1925. Ed era proprio il vincolo della preghiera a legare i “lestofanti” e le “lestofantesse”, come scherzosamente si denominavano tra di loro, di questa singolare Compagnia.
Oltre a essere un’intuizione quasi profetica (il cattolicesimo vissuto nella sua interezza anche nelle circostanze ordinarie della vita, senza separazioni e divisioni, in uno spirito di cristiana gioia) è l’occasione di indimenticabili gite in montagna, buffi proclami in stile rivoluzionario e fonte di simpatici soprannomi dei suoi membri.
Dietro l’apparente facezia si celava però il progetto di un’amicizia cristiana a tutto tondo, capace di valere per tutti gli ambiti della vita.
Nonostante le ricchezze della famiglia venissero elargite ai figli con grande parsimonia, Pier Giorgio era spesso al verde perché il più delle volte i pochi soldi di cui disponeva venivano da lui generosamente donati ai poveri e ai bisognosi che incontrava o a cui faceva visita.
Non di rado gli amici lo vedevano tornare a casa a piedi perché aveva dato a qualche povero i soldi che avrebbe dovuto utilizzare per il tram.
Come già accennato, fece attivamente parte della Conferenza di San Vincenzo, aiutando tantissime persone che spesso non avevano di che vivere.
«Aiutare i bisognosi – rispose un giorno alla sorella Luciana – è aiutare Gesù». In famiglia nessuno sapeva niente delle sue opere caritative.
Inoltre non compresero mai appieno chi fosse veramente Pier Giorgio, questo figlio così diverso dal cliché alto-borghese di famiglia, sempre pronto ad andare in chiesa e mai a prendere parte alla vita mondana del suo stesso ceto.
È probabilmente visitando i poveri nelle loro abitazioni che Pier Giorgio contrasse una meningite fulminante che lo portò repentinamente alla morte in meno di una settimana, dal 29 giugno al 4 luglio, giorno in cui spirò.
La mattina del 30 giugno 1925, Pier Giorgio accusò una strana emicrania e anche un’insolita inappetenza. Nessuno però diede molto peso al suo malessere, pensando a comuni sintomi influenzali.
Inoltre, in quegli stessi giorni, tutta l’attenzione dei familiari era rivolta all’anziana nonna materna, Linda Ametis, che morì il 1 luglio.
La notte prima della morte della nonna, come racconta Luciana, non potendo prendere sonno per l’assillante dolore, Pier Giorgio tentò di alzarsi per camminare un po’, ma cadde più volte in corridoio e si rialzò sempre da solo e senza che nessuno, a parte i domestici, se ne accorgessero.
I genitori compresero la gravità delle condizioni del figlio proprio il giorno della morte della nonna, quando egli non riuscì più ad alzarsi dal letto per partecipare alla celebrazione delle esequie. Pier Giorgio stava quindi morendo senza che nessuno se ne rendesse conto e quando il medico accertò le condizioni disperate in cui versava, era ormai troppo tardi per qualsiasi rimedio.
Si tentò tuttavia di fare il possibile. Il padre fece arrivare direttamente da Parigi un siero sperimentale, ma fu tutto inutile.
Ai suoi funerali presero parte molti amici, ragguardevoli personalità, ma soprattutto tantissimi poveri che al tempo erano stati aiutati dal rimpianto estinto. Per la moltitudine dei partecipanti, qualcuno dei presenti paragonò quei funerali a quelli di San Giovanni Bosco, altro Santo torinese popolarissimo.
Davanti al popolo così numeroso, che accorse a dare l’ultimo saluto al figlio, per la prima volta i suoi familiari capirono, vedendolo tanto amato, dove e come aveva vissuto Pier Giorgio. Il padre, con amarezza, disse: «Io non conosco mio figlio!».
Papa Giovanni Paolo II lo proclamò beato il 20 maggio 1990. Il Papa polacco lo aveva definito tra l’altro “un alpinista… tremendo” e “il ragazzo delle otto Beatitudini”.
Il miracolo, riconosciuto dalla Chiesa al fine della beatificazione, è la guarigione di Domenico Sellan, un friulano che aveva contratto, verso la fine degli anni trenta, il morbo di Pott. Questi, quasi in fin di vita, guarì repentinamente e senza un’evidente spiegazione medica dopo che un suo amico sacerdote gli aveva donato un’immagine con una piccola reliquia di Pier Giorgio Frassati, al quale Sellan si rivolse con fiducia, supplicandolo d’intercedere per lui presso il Signore, secondo i principi della religione cattolica, per ottenere la guarigione.
Pier Giorgio è patrono delle confraternite, dei giovani di Azione Cattolica e, nello Stato della Città del Vaticano, è stato eretto patrono del Gruppo Allievi dell’Associazione Santissimi Pietro e Paolo, già Guardia Palatina d’Onore di Sua Santità.
Il Club Alpino Italiano ha dedicato a Pier Giorgio Frassati, dopo la sua beatificazione, una rete di sentieri, detti appunto Sentieri Frassati, estesa in quasi tutte le regioni italiane. Con le tre inaugurazioni previste nel 2011 vi sarà almeno un sentiero in ogni regione, come previsto dal progetto originario. Alcuni sentieri hanno un percorso internazionale. Lungo questi percorsi il beato Pier Giorgio è ricordato con targhe che ne ricordano alcune frasi.
La città di Torino gli ha dedicato una via in Borgata Sassi. L’Operazione Mato Grosso ha dedicato a Pier Giorgio Frassati, un rifugio situato in Valle d’Aosta. Il rifugio, costruito e gestito dai ragazzi volontari dell’Operazione Mato Grosso, è stato dedicato a lui proprio per il suo amore verso la montagna e verso i più poveri.
Nel 2010, in occasione del ventennale della beatificazione, nasce a Salerno la Brigata Frassati, un’associazione senza scopo di lucro fondata sulla devozione verso il Beato Pier Giorgio con l’obiettivo “di vivere giorno per giorno in una gioiosa amicizia nella speranza di condividere con lui l’essere cristiani decisi, sereni e sorridenti”.
Nel 2015, in occasione dei 25 anni dalla beatificazione, le diocesi di Torino e Cracovia hanno deciso di spostare temporaneamente le spoglie del beato durante l’estate dell’anno successivo in concomitanza con la Giornata mondiale della Gioventù 2016. Così nel mese di luglio del 2016 la salma di Pier Giorgio Frassati è stata trasportata per 5000 km da Torino alla basilica della Santa Trinità, convento dei frati domenicani della città polacca.
Durante l’evento migliaia di giovani, provenienti da ogni parte del mondo, hanno così potuto conoscere la storia del beato tanto amato da Giovanni Paolo II.
I “briganti” sono impegnati sia in eventi religiosi che in attività ludiche che ripercorrono le opere e le passioni di Pier Giorgio Frassati in vita, come la pratica dell’adorazione eucaristica, le escursioni in montagna, riunioni formative, ecc.
Alla Brigata Frassati può aderire chiunque condivida gli ideali del Beato attraverso la compilazione del modulo di adesione presente sul sito web dell’associazione.
(Fonte it.wikipedia.org)
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