Sulla vita di Santa Rosalia, purtroppo, abbiamo sono poche notizie e in parte leggendarie.
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Nasce a Palermo nel XII secolo e, secondo antichi libri liturgici, morì il 4 settembre del 1160 a 35 anni.
Probabilmente era figlia del Duca Sinibaldo, feudatario, signore di Quisquinia e delle Rose, località ubicate fra Bivona e Frizzi, nel Palermitano. La madre era Maria Guiscarda, cugina del re normanno Ruggero II.
Quando il padre decise il suo fidanzamento con un nobile del luogo, la giovane, per sottrarsi alla scelta paterna, si presentò alla corte con le bionde trecce tagliate, e affermò la decisione di abbracciare la vita religiosa.
Si rifugiò, quindi, presso il monastero delle Basiliane di Palermo. Ben presto anche quel luogo fu troppo stretto, a causa delle continue visite dei genitori e del promesso sposo, visite che avevano lo scopo di dissuaderla dal suo intento.
Rosalia si ritirò quindi in una grotta che ella aveva visitato da fanciulla, presso Bivona sul Monte Quisquina, nei possedimenti del padre.
Solo una pastorella conosceva il luogo del rifugio di Rosalia ed ogni giorno le portava pane e latte. Difficile esporre a quali aspre penitenze e digiuni si sottopose Rosalia. Si vede ancora la grotta in cui dimorava. Vi si scende per una scala come in un sepolcro: umida, oscura.
Si conserva tutt’ora la pietra su cui riposava la Santa e sul muro si vedono scolpite queste parole: «Io, Rosalia, figlia di Sinibaldo, signore di Quisquina e di Rosa, per amore del Signore mio Gesù Cristo scelsi di abitare in questa grotta».
Non vi restò però molto tempo perché probabilmente molte persone si recavano da lei per chiedere un consiglio o un conforto, oppure perché la sua famiglia la stava per scoprire.
Così per continuare a vivere sola e in contatto con Cristo, si diresse verso il monte Pellegrino, dove c’era un’altra grotta: aveva un’apertura appena sufficiente per entrarvi.
La luce, penetrando in essa, ne rischiarava le nere pareti; il suolo era talmente bagnato che a stento Rosalia trovò un angolo dove riposarsi senza sprofondare nel fango.
Condusse quel genere di vita per vari anni, finché lo Sposo Divino la chiamò a se.
Secondo la tradizione quando morì, una viva luce, illuminò tutto il monte Pellegrino. A tale improvviso prodigio tutta Palermo si scosse, non conoscendone la ragione. Allora quell’umile pastorella che conosceva la Santa, corse in città ad annunziare la sua morte.
Fu trovata morta dai pellegrini il 4 settembre del 1165. Il giorno seguente si radunò tutto il popolo ed in processione salirono a prendere il prezioso corpo di Santa Rosalia, trasportandolo trionfalmente nella cattedrale.
D’allora in poi il Signore si degnò di glorificare la Santa con ripetuti miracoli e il culto di lei andò sempre più crescendo nella città di Palermo e fuori.
La tradizione attribuisce poi a Rosalia la salvezza di Palermo dalla peste del 1624. Mentre infuriava l’epidemia, arrivata in città attraverso il porto, la santa apparve infatti in sogno ad un cacciatore indicandogli dove avrebbe potuto trovare i suoi resti, che, portati in processione in città, fermarono l’epidemia.
Rosalia divenne quindi patrona della città al posto delle sante Cristina, Oliva, Ninfa e Agata.
O gloriosa Santa Rosalia, a te con fiducia volgiamo la nostra preghiera e con confidenza di tuoi concittadini ti invochiamo o “Santuzza” a custodia della nostra vita.
Vergine della nostra Chiesa, insegnaci a vivere in attesa del compimento del Regno di Dio, fa’ che alla luce del nostro Battesimo e fortificati al banchetto dell’Eucarestia siamo capaci di stare nella storia come famiglia dei discepoli di Gesù.
Eremita coraggio del Montepellegrino, aiutaci a far crescere il nostro “uomo interiore”, fa’ che siamo custodi gelosi della presenza dello Spirito Santo in noi, perché ci liberi dalla superficialità e dall’indifferenza peste impietosa per l’odierna famiglia umana.
Patrona amata dalla nostra città di Palermo, guidaci nell’avventura della comunione, la nostra appartenenza a Cristo ci renda sempre più autenticamente fratelli e sorelle, perché la città degli uomini diventi fraterna e accogliente, e corrisponda alla città di Dio a cui noi aspiriamo.
Donna meravigliosa e saggia che hai tenuto alto il tenore della tua vita con la lampada preziosa della fede e che hai vissuto la potenza della libertà ponendo salde radici nella parola del Vangelo unisci la nostra preghiera alla tua.
Ogni cuore tuo devoto lo ripeta: Di Te ha sete Signore l’anima mia (Sal 62).
+ Mons. Corrado Lorefice (Arcivescovo Metropolita di Palermo)
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