Francisco Gárate Aranguren è stato un gesuita spagnolo; papa Giovanni Paolo II lo ha proclamato beato il 6 ottobre 1985.
(Fonte santiebeati.it – Autore: Antonio Borrelli)
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Francesco Gárate nasce nel paese di Recarte (Azpeitia), non lontano dal castello di Loyola in Spagna, il 3 febbraio 1857.
La sua vita risentì della spiritualità che ancora impregnava la terra d’origine del grande Sant’Ignazio di Loyola (1491-1556), fondatore della Compagnia di Gesù (Gesuiti).
Fino ai nove anni ricevette dai genitori Francesco e Maria, una forte educazione cristiana e le prime nozioni scolastiche. Poi fino ai 14 anni frequentò la scuola municipale di Azpeitia; nel 1871 si trasferì ad Orduña per occuparsi come domestico nel Collegio gesuita “Nuestra Señora de la Antigua”; nei tre anni di servizio nel Collegio, maturò in lui la vocazione di entrare nella Compagnia di Gesù come Fratello Coadiutore.
A causa della guerra civile scoppiata sul territorio basco, il Noviziato fu trasferito dalla Castiglia a Poyanne nel Sud della Francia, e qui dopo due anni di noviziato, il 2 febbraio 1876 Francesco emise i voti semplici, rimanendo a Poyanne per circa due anni, occupato nei lavori della Casa e dell’infermeria.
Essendosi specializzato come infermiere, nel 1877 fu trasferito nella Comunità e nel Collegio gesuitico di San Giacomo di La Guardia (Pontevedra) ai confini col Portogallo, dove con pazienza, carità e sollecitudine, curò la salute dei ragazzi per circa dieci anni. In questo Collegio emise anche i voti solenni il 15 agosto 1887.
L’anno successivo fu destinato a Deusto (Bilbao) come portinaio del Collegio di Studi Superiori, che divenne poi la nota Università di Bilbao.
Si prodigò in questa missione per 42 anni, fino al termine della sua vita; in tutto questo tempo fu conosciuto da ben tre Padri Gesuiti che divennero poi Generali dell’Ordine, fra cui padre Ledochówski che guidò la Compagnia di Gesù dal 1915 al 1942 e padre Pedro Arrupe, Generale dal 1965 al 1983.
Tutti e tre hanno lasciato delle testimonianze eloquenti sull’operato di fratel Gárate, che usava una mirabile discrezione, in una portineria frequentata come un porto di mare, da persone di ogni età e condizione, con una umiltà congiunta ad un incantevole naturalezza e con uno speciale istinto che indovinava e preveniva il servizio da operare.
I suoi occhi limpidi colpivano per la luminosità e bontà che esprimevano, il suo sguardo raggiungeva il cuore di chi gli parlava, sia esso uno studente sia un padre gesuita.
In quella portineria retta per tanti anni, che per altri sarebbero stati insopportabili, riceveva un via vai continuo di gente, parenti di alunni, persone che cercavano i Padri, fornitori con le loro merci, poveri che chiedevano un aiuto e per tutti fratel Francesco Gárate aveva una buona parola, un sorriso amabile, un’attenzione soddisfacente alle loro richieste.
A chi gli chiedeva come facesse a sbrigare tante occupazioni, rimanendo nel contempo così sereno e tranquillo, senza mai perdere la pazienza, fratel Gárate rispondeva:
“Faccio serenamente quello che posso, il resto lo fa il Signore, che può tutto. Col suo aiuto tutto è leggero e soave, perché serviamo un buon padrone”.
E il quotidiano servizio svolto con l’amore di un atto gradito a Dio, fu il segreto della sua santità, così normale.
Già prima di arrivare a Deusto, lo precedeva la reputazione di Fratello molto laborioso e di una carità squisita, che gli meritò da parte degli studenti, il nome di “Hermano Finuras”, Fratel Gentilezza.
L’8 settembre 1929 in serata fu colpito da gravi dolori, al punto che chiese gli fosse portato il Santo Viatico, poi il suo stato di salute peggiorò man mano, nonostante le cure del medico e dei Fratelli infermieri; nelle prime ore del mattino del 9 settembre, chiese con insistenza l’estrema unzione e alla fine dell’ultima preghiera del rito, appena detto ‘Amen’, spirò serenamente; aveva 72 anni, dei quali 55 trascorsi nella Compagnia di Gesù e 42 come portinaio dell’Università.
Sepolto nel cimitero di Deusto, nell’agosto del 1946, i suoi resti mortali furono traslati all’Università di Bilbao, prima nella Cappella e poi dal 1964, posti accanto alla portineria, dove aveva lavorato per tanti anni.
Considerato già in vita un religioso perfetto e santo, è stato poi beatificato da papa Giovanni Paolo II il 6 ottobre 1985.
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