San Felice (Giacomo) Amoroso da Nicosia è stato un religioso cappuccino che svolse i più umili servizi in semplicità e purezza di cuore.
Giacomo Amoroso è nato a Nicosia il 5 Novembre 1715; il padre Filippo era calzolaio e la madre Carmela Pirro badava alla numerosa famiglia. Il padre decise di far lavorare il figlio nella calzoleria più importante del paese affinché si specializzasse in questo mestiere. Giacomo presto imparò il mestiere e nello stesso tempo si era avvicinato alla congregazione dei Cappuccinelli presso il convento di Nicosia. Era per tutto esempio in quanto la sua spiritualità la testimoniava in tutte le cose di ogni giorno.
Nel 1733 decise di chiedere di entrare come fratello laico nell’ordine dei Cappuccini, ma non fu accolto, anche a causa delle condizioni economiche precarie della sua famiglia alla quale era fondamentale il suo apporto.
Una volta morti i genitori nel 1743 riprovò a chiedere di essere ammesso tra i Cappuccini direttamente al provinciale che era in visita a Nicosia. Finalmente, dieci anni dopo la sua prima richiesta venne ammesso al noviziato nel convento di Ristretta con il nome di fra Felice. L’anno seguente fece la professione. Fu inviato nello stesso suo paese di origine dove per 43 anni esercitò il compito di questuante. Nel convento esercitò vari lavori, portinaio, ortolano, calzolaio e infermiere, fuori era il questuante non solo a Nicosia ma anche nei paesi vicini, Capizzi, Cerami, Mistretta e Gagliano.
Si definiva “u sciccareddu”, l’asinello che carico portava quanto raccolto al convento.
Aveva una particolare predilezione per i bambini, dalle sue tasche tirava fuori una noce, delle nocciole o delle face le regalava ai fanciulli ed in base al numero di queste cose ricordava loro le piaghe di Gesù, la santissima Trinità, i dieci comandamenti, piccoli regali che però davano l’opportunità a fra Felice di fare una breve e semplice lezione di catechismo.
Se per strada incontrava poveri con carichi particolarmente pesanti dava loro una mano per aiutarli, aiutava gli ammalati e cercava di fare qualcosa per i più bisognosi. Tutte le domeniche era solito andare a trovare i carcerati.
Il superiore nonché padre spirituale spesso lo trattava duramente, lo umiliava appioppandogli nomignoli quali poltrone, ipocrita, gabbatore della gente, santo della Mecca, fra Felice rispondeva a ciò dicendo “sia per l’amor di Dio”.
Fra Felice distribuiva delle striscioline di carta sulle quali erano scritte delle invocazioni alla Beata Vergine. Le utilizzava come rimedio infallibile per tutti i mali, appendendole alle porte delle abitazioni dove vi erano sofferenti ammalati o poveri, contrastava il fuoco che aveva attaccato i covoni da trebbiare, oppure appendendole nelle cisterne prive di acqua. Spesso avvenivano grazie ed eventi miracolosi che non facevano altro che accrescere la fama di fra Felice.
Una volta alleggerito da tutti i servizi data l’avanzata età e la malferma salute si dedicò alla preghiera.
Verso la fine del mese di maggio 1787 mentre era nel suo orto si accasciò senza più forze e dopo alcuni giorni nel suo letto raccomandandosi a San Francesco e alla Madonna chiese al superiore il l’obbedienza di morire. Morì il 31 maggio del 1787.
Fu dichiarato Beato da papa Leone XIII il 12 febbraio 1888. Papa Benedetto XVI, nella sua prima cerimonia di canonizzazione, lo ha proclamato santo il 23 ottobre 2005 in piazza San Pietro. (Autore: Carmelo Randell – www.santiebeati.it)
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O San Felice,
figlio della terra di Sicilia,
testimone dell’amore di Cristo,
cultore della Beata Vergine Maria,
fratello tra fratelli come San Francesco d’Assisi,
custodisci e proteggi tutti i cercatori di Dio.
Porta ancora oggi, nella tua bisaccia,
la pace e il bene,
l’amore di Dio e la speranza.
San Felice, uomo del silenzio e dell’ascolto,
intercedi presso
il Padre perché ci rigeneri,
il Figlio perché ci salvi,
lo Spirito perché ci santifichi e per ottenere… (si chieda la grazia…)
affinché con te possiamo lodare il Signore in eterno. Amen.
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