A Montilla nell’Andalusia in Spagna, san Giovanni d’Ávila, sacerdote, che percorse tutta la regione predicando Cristo. Sospettato ingiustamente di eresia, fu gettato in carcere, dove scrisse la parte più importante della sua dottrina spirituale.
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Giovanni d’Avila, mistico e scrittore, amico e consigliere dei grandi santi spagnoli suoi contemporanei, fu indubbiamente un sacerdote assai stimato nella Spagna del suo tempo. Principale suo biografo fu il discepolo Luigi di Granada.
Giovanni nasce il 6 Gennaio 1499 ad Almodovar del Campo, in Spagna. La sua famiglia, di condizioni agiate, era di origini giudaiche.
Inviato all’università di Salamanca per studiare diritto, non si sentì però portato per tale genere di studi. Tornato a casa, trascorse tre anni in preghiera e penitenza. Un francescano gli consigliò di studiare filosofia e teologia, come fece presso Alcalà tra il 1520 ed il 1526, sotto la guida di Domenico de Soto. Nel frattempo rimase orfano; venne ordinato sacerdote nel 1525 e devolvette ai poveri buona parte della sua eredità.
Celebrò la sua prima Messa nella chiesa dov’erano sepolti i genitori. Ottimo predicatore, avrebbe desiderato partire missionario per il Messico, ma l’arcivescovo di Siviglia lo trattenette in patria per destinarlo alla predicazione in Andalusia.
Per ben nove anni Giovanni d’Avila operò in tale regione. Convertendo persone di ogni età e classe sociale e conducendole a notevoli progressi nel loro cammino di fede.
Dal 1529 al 1538 predicò con strepitoso successo. Venne incaricato anche di pronunciare il sermone in occasione dei funerali della regina Isabella di Portogallo, moglie di Carlo V, tenutisi il 17 maggio 1538. Questa sua omelia guadagnò fece convertire San Francesco Borgia, che abbandonando la carica di Viceré di Catalogna e divenne sacerdote gesuita.
Un’immeritata accusa di eresia gli fu rivolta dall’Inquisizione, in merito all’estremo rigore che caratterizzava i suoi insegnamenti sino talvolta ad escludere a priori i ricchi dal Regno dei Cieli. Scagionato dalle ingiuste accuse, fu accolto trionfalmente dal popolo e riprese la sua attività presso Cordova, Granada e Siviglia.
È pervenuto a noi integralmente il suo epistolario spirituale, nonché degli estratti delle sue omelie trascritti dai suoi uditori. Dal 1554 il suo corpo fu segnato dalla malattia, ma nonostante ciò proseguì il suo apostolato sino alla morte, avvenuta a Montilla il 10 Maggio 1569.
Ebbe un ruolo determinante nello sviluppo e nella diffusione dei Gesuiti, dato che fu amico di Sant’Ignazio di Loyola. Sostenne Santa Teresa d’Avila nella sua grande opera di riforma dell’Ordine Carmelitano. Aiutò anche San Giovanni di Dio nella fondazione dei Fatebenefratelli.
Sognò talvolta di poter entrare egli stesso nella Compagnia di Gesù, ma fu dissuaso da tale proposito proprio dal provinciale dei Gesuiti in Andalusia, rimanendo sempre un sacerdote secolare, dunque non appartenente ad alcun ordine religioso. Trovò però alla sua morte sepoltura proprio nella chiesa tenuta dei Gesuiti a Montilla.
I vari aspetti dell’insegnamento di questo santo possono essere analizzati nel trattato sistematico “Audi filia”, piuttosto che nel suo epistolario spirituale, oppure rintracciandolo negli estratti delle sue prediche. Di questi ultimi riportiamo un esempio, volto a tratteggiare la diversità fra ogni anima: “I corpi degli uomini sono di diversa indole, e c’è grande dissomiglianza nella conformazione delle loro menti, perché Dio ha concesso doni diversi a individui differenti. Non guida tutti nel medesimo sentiero, perciò è impossibile indicare una devozione particolare come la più opportuna. Alcuni non sentono alcuna attrattiva speciale per qualsivoglia forma di devozione ed essi dovrebbero consultare qualcuno […] così per conoscere se si siano lasciati guidare da una causa d’amore o di timore, di tristezza o di gioia, e come applicare i rimedi più adatti alle loro necessità”.
Giovanni d’Avila insisteva circa l’unicità della via tracciata da Cristo, valida per tutti:
“Cristo ti dice che se noi desideriamo unirci a lui, dobbiamo camminare sulla strada che egli ha percorso. Non è sicuramente cosa retta dire che il Figlio di Dio avrebbe camminato nei sentieri dell’ignominia mentre i figli dell’uomo vanno per le vie dell’onore mondano”. Innalza inoltre preghiere affinché il suo corrispondente posa gustare “quali tesori nascosti Dio ci elargisce nelle prove delle quali il mondo pensa solo a fuggire”. Similmente sottolinea come coloro i quali “immaginano di ottenere la santità per mezzo della loro sapienza e forza si ritroveranno, dopo molte tribolazioni, fatiche e sforzi gravosi, lontani dal possederla, e questo in proporzione alla loro certezza di averla ottenuta con le proprie forze”.
Dopo un lungo oblio, si risvegliò un discreto interesse nei suoi confronti. Ci fu la beatificazione il 4 aprile 1894 sotto il pontificato di Papa Leone XIII. Poi la proclamazione a patrono del clero diocesano spagnolo fatta dal Venerabile Pio XII.
La canonizzazione, avvenne il 31 maggio 1970 ad opera di Papa Paolo VI.
Così Papa Benedetto XVI ha presentato in sintesi questa ricca esemplare figura di sacerdote nel proclamarlo “Dottore della Chiesa” il 7 ottobre 2012 insieme alla mistica tedesca Santa Ildegarda di Bingen:
«San Giovanni di Avila visse nel secolo XVI. Profondo conoscitore delle Sacre Scritture, era dotato di ardente spirito missionario. Seppe penetrare con singolare profondità i misteri della Redenzione operata da Cristo per l’umanità. Uomo di Dio, univa la preghiera costante all’azione apostolica. Si dedicò alla predicazione e all’incremento della pratica dei Sacramenti, concentrando il suo impegno nel migliorare la formazione dei candidati al sacerdozio, dei religiosi e dei laici, in vista di una feconda riforma della Chiesa».
Ricordiamo che San Giovanni d’Avila è anche il patrono del Clero diocesano spagnolo.
Fonte santiebeati.it -Autore: Fabio Arduino
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