Oggi la Chiesa ricorda Sant’Andrea Avellino (sacerdote)
Sant’Andrea Avellino, al secolo Lancellotto Avellino, è stato un presbitero e religioso italiano dell’Ordine dei Chierici Regolari Teatini: è stato proclamato santo nel 1712 da papa Clemente XI.
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La vita di Sant’Andre Avellino
Sant’Andrea Avellino nasce a Castelnuovo di Lucania (Basilicata) nel 1521; era figlio di Giovanni e di Margherita Apelli. Riceve la prima educazione dallo zio don Cesare Appella, che era arciprete del paese.
Nel 1532 si trasferì a Senise, paese distante pochi chilometri, dove studiò lettere classiche, matematica e musica per quattro anni.
Il 17 agosto 1537 il vescovo di Anglona, Pietro Paolo Parisio lo consacrò suddiacono. Per quattro anni aiutò lo zio arciprete nell’opera di catechesi della parrocchia.
A Napoli
Venne ordinato sacerdote nel 1545. Nel 547 si iscrive all’Università di Napoli per conseguire la laurea in utroque iure.
Nel 1548 fece la conoscenza del gesuita spagnolo padre Diego Laínez, e la frequentazione degli esercizi spirituali, tenuti da uno dei maggiori collaboratori di Ignazio di Loyola, provocarono un profondo cambiamento nel modo di pensare di Lancellotto che lo indicherà come il momento della sua vera conversione.
Da questo momento decide di continuare gli studi giuridici, ma di rinunciare alla laurea.
Decide di dominare e contrastare i moti istintivi della propria volontà; progredire ogni giorno di più nella via della perfezione e dedicarsi totalmente a Dio abbracciando lo stato religioso della famiglia teatina (Gaetano di Thiene, aveva fondato nel 1533 una comunità di questo ordine riformatore a Napoli, presso la grande basilica di San Paolo Maggiore).
Terminati gli studi, come deciso, rinunciò al conseguimento della laurea abbandonando disegni e aspirazioni di grandezza.
In attesa di essere accolto tra i teatini, operò presso la Curia Arcivescovile di Napoli come avvocato. Durante questo periodo ebbe modo di difendere un sacerdote in tribunale: la causa fu vinta ma solo con l’uso della menzogna. Questo fatto marcò profondamente Lancellotto che decise di lasciare tutto ciò che poteva ostacolare il suo servizio a Dio. Tornò al suo paese ed elargì, a favore del fratello, la parte di eredità che gli spettava. Di lì a poco venne richiamato a Napoli dal vicario generale Scipione Rebiba.
Nel 1551 venne incaricato di riformare i costumi del monastero di Sant’Arcangelo a Baiano. In quel tempo vi era l’usanza nelle famiglie nobili di mettere in convento le figlie che non avevano trovato un matrimonio conveniente. Questa usanza creava nei monasteri una situazione di poca coerenza con la vera vita monastica. Don Lancellotto si dedicò con tutte le sue forze alla riforma di questa comunità con l’introduzione di una più disciplinata e attenta conduzione della vita della monache. Questo gli causò risentimenti e critiche che sfociarono in un tentativo di omicidio.
Fra i teatini
Il 14 agosto 1556 entrò come postulante presso i teatini di San Paolo a Napoli. Il 30 novembre dello stesso anno vestì l’abito di novizio, prendendo il nuovo nome di Andrea. Il 25 gennaio 1558 prese i voti. L’anno seguente venne ricevuto a Roma da papa Paolo IV cofondatore assieme a san Gaetano da Thiene dell’Ordine dei Chierici Regolari Teatini.
Nel 1560 venne nominato maestro dei novizi, carica che ricoprì per 10 anni.
Nel 1567 padre don Andrea Avellino venne nominato preposito di San Paolo Maggiore a Napoli, ruolo che ricoprì a più riprese nei successivi dieci anni. Inoltre, fu visitatore della Provincia lombarda dei teatini tra il 1573 e il 1577 e della Provincia campana dal 1590 al 1591.
Le sue regole per svolgere al meglio la sua attività di superiore erano:
- agire secondo il detto della sapienza, con fermezza e con dolcezza;
- imitare il Signore che prima insegnò con l’esempio e poi con la parola;
- tenere presente il monito di san Bernardo ai prepositi vedano tutto, dissimulino molto, correggano poco;
- valutare la buona volontà dei confratelli, apprezzare il loro operato e farlo conoscere, perché sia di esempio e di sprone agli altri.
Dopo i tumulti scoppiati a Napoli a seguito dell’uccisione dell’eletto del popolo Giovan Vincenzo Starace (ritenuto il responsabile della carestia) il santo si operò come mediatore e mise a disposizione dei bisognosi le risorse del suo ordine.
Molto benefica e proficua fu la sua attività come superiore dell’ordine che visse in quel periodo un intenso sviluppo nelle province di Napoli, Milano e Roma.
Intensa fu la sua attività epistolare che conta oltre mille lettere. Scrisse numerosi trattati e opuscoli di ascetica e di esegesi biblica. L’epistolario fu pubblicato nel 1731 in due volumi. Da questi scritti si constata la sua grande devozione per la Madonna.
Le sue principali fonti di ispirazione erano: sant’Agostino, san Giovanni Crisostomo, san Bernardo e san Tommaso. Tra i suoi discepoli, il più famoso è padre Lorenzo Scupoli, teatino autore del Combattimento spirituale.
Fu anche molto apprezzato come confessore.
La morte
Morì il 10 novembre 1608 a Napoli e fu tra i pazienti del famoso medico e scienziato Giulio Iasolino, che si recava a fargli visita al convento dei Chierici Regolari di San Paolo Maggiore.
Il 13 novembre del 1608, tre giorni dopo la morte del frate, lo Iasolino si recò al convento, ignaro dell’accaduto, con il suo allievo prediletto Marco Aurelio Severino. I monaci lo condussero a visitare la salma ed egli, con immensa sorpresa, la trovò rosea come se fosse stata in vita e non scorse nessun segno tipico della morte avvenuta: gli occhi erano ancora umidi e le giunture del braccio ancora pieghevoli.
Con un paio di forbici fece tre incisioni sull’orecchio e con sommo stupore non vide scorrere da queste ferite siero, bensì sangue rosso e fluido. I monaci raccolsero il sangue in alcune ampolle e, anche dopo un anno dal decesso, si poté constatare che il corpo non era ancora in decomposizione e che scuotendo le ampolline il sangue era rimasto fluido.
Tutto ciò egli lo affermò sotto giuramento il 15 aprile del 1614, in occasione del processo di canonizzazione del frate, dove affermò di non aver mai visto niente di simile nel corso della sua carriera professionale e durante le numerose dissezioni di cadaveri da lui effettuate.
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Il culto
Il processo di beatificazione ebbe inizio nel dicembre del 1614. Andrea Avellino fu beatificato da Urbano VIII il 14 ottobre 1624 e proclamato santo da Clemente XI il 22 maggio 1712.
È sepolto nella basilica di San Paolo Maggiore a Napoli.
Sant’Andrea Avellino è il protettore dei paesi di Castronuovo di Sant’Andrea, in provincia di Potenza, Monasterace, in provincia di Reggio Calabria e di Badolato in provincia di Catanzaro, entrambi sulla costa jonica della Calabria, e compatrono della diocesi di Tursi-Lagonegro.
A Castronuovo di Sant’Andrea, suo paese natale, nel 2017 è stato inaugurato il “Museo della Vita e delle Opere di Sant’Andrea Avellino” nella cappella sconsacrata di San Filippo Neri, che ospita dipinti, sculture, disegni, incisioni, libri, manoscritti, reliquie dal XVII al XXI secolo.
Preghiera a Sant’Andre Avellino
O glorioso Sant’Andrea
che tanto vi impegnaste all’istruzione degli ignoranti,
alla conversione dei peccatori
e al perfezionamento dei giusti,
otteneteci la grazia di impegnarci sempre
per il vero bene del nostro prossimo.
– Gloria al Padre…
Sant’Andrea, prega per noi!
O glorioso Sant’Andrea
che non contento di condurre una vita edificante
faceste il voto
di fare sempre nuovi progressi
nella via della perfezione,
otteneteci dal Signore la grazia
di mettere il massimo impegno
per la nostra santificazione
e di progredire continuamente
sulla via della santità.
– Gloria al Padre…
Sant’Andrea, prega per noi! Amen.