Antonio Grassi nacque in una distinta famiglia di Fermo (Ascoli Piceno) il 13 novembre 1592. La sua fanciullezza fu semplice e religiosa: studiò presso il curato di S. Pietro, frequentando la chiesa di S. Spirito dei Padri dell’Oratorio. Incarnò presto lo spirito filippino ed entrò nella congregazione l’11 ottobre 1609. L’Oratorio di Fermo, uno dei più antichi, era nato nel 1586, mentre era ancora in vita S. Filippo Neri (morì nove anni più tardi).
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Il 17 dicembre 1617, nel Duomo cittadino, il Vescovo Alessandro Strozzi lo ordinò sacerdote. Mansueto e sorridente, Padre Antonio si distinse per l’impegno catechistico, soprattutto nel preparare i ragazzi a ricevere i sacramenti, e per la carità verso gli infermi e i carcerati .
Trascorreva molte ore nel confessionale, affermando che il compito principale del sacerdote era compatire, aiutare e consolare.
Nel 1625 andò pellegrino a Roma per lucrare le indulgenze del Giubileo: visitò molte basiliche e i luoghi del Fondatore. Il suo misticismo destò l’ammirazione di tutti. Nel 1635 fu eletto Preposito dei Filippini della sua città, carica che mantenne fino alla morte.
Aveva un carisma eccezionale e tutti, popolani e nobili, vedevano in lui un padre. In quegli anni, nelle Marche, nacquero diverse case di Oratoriani. In una di queste, a Monte S. Giusto, guarì istantaneamente il ginocchio di una donna, Giacoma Pupilli.
Eccezionale fu la sua missione di “pacere”, tante le rivalità che riuscì a ripianare, tra persone importanti come tra gli umili. Quest’apostolato fu tanto provvidenziale che il Governatore fece mettere un suo ritratto nel Palazzo di Città. Padre dei poveri, la sua carità era smisurata. In un anno di carestia eccezionale donò ai bisognosi anche le proprie coperte, il soprabito e stese la mano per chiedere l’elemosina che poi distribuì. La sua generosità divenne proverbiale e si raccontano diversi fioretti: Padre Antonio Raccamadoro vide alcune monete di rame tramutarsi nelle sue mani in monete d’argento, nel Conservatorio delle Orfane moltiplicò in abbondanza il vino.
Visitava di notte coloro che si vergognavano di ricevere il suo aiuto. Ai confratelli, che alcune volte lo rimproverarono per l’eccessiva generosità, diceva che la Provvidenza non avrebbe fatto mai mancare nulla.
Per le elemosine ridusse al minimo le spese della casa.
Devotissimo della Vergine Maria, annuale era il suo pellegrinaggio, finché poté a piedi, alla Santa Casa di Loreto. Qui fu protagonista di un fatto eccezionale: colpito da un fulmine restò illeso sebbene le vesti si bruciarono, era il 4 settembre 1621. Ogni sabato si recava nella chiesa di S. Maria a Mare per celebrarvi la Santa Messa, contribuendo a far rinascere quel Santuario all’epoca quasi abbandonato.
La sua fama di santità arrivò a Roma, conquistando la stima del Papa e dei confratelli. Tra gli altri il Cardinale Colloredo, subito dopo la sua morte, ne istruì il processo di beatificazione.
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Il Beato Antonio predisse la propria salita al cielo quattro anni prima che avvenisse. Assistito spiritualmente anche dall’arcivescovo di Fermo, che durante i giorni dell’agonia non si allontanò dal suo capezzale, spirò alle ore 22 del 13 dicembre 1671. Immediata fu la fama di santità in tutta Italia e anche in Germania, numerose le grazie e i miracoli a lui attribuiti. Durante l’Anno Santo del 1900, il 30 settembre, Papa Leone XIII lo beatificò.
Il suo corpo è custodito, in un’artistica urna di cristallo, sotto la mensa dell’altare maggiore della Chiesa del Carmine di Fermo. Il complesso conventuale in cui visse tutta la vita di sacerdote, per cinquantacinque anni, è oggi sede del tribunale
.
La sua data di culto è stata fissata nel Martyrologium Romanum al 13 dicembre, mentre la Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri lo celebra il 15 dicembre.
Autore: Daniele Bolognini
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