Beato Damiano de Veuster, sacerdote della Congregazione dei Missionari dei Sacri Cuori di Gesù e Maria, che attese con tale dedizione all’assistenza dei lebbrosi, da morire colpito anch’egli dalla lebbra.
Etimologia: Damiano = domatore, o del popolo, dal greco
La vita
I coniugi fiamminghi De Veuster hanno otto figli. Da cui escono due suore e due preti dei “Sacri Cuori di Gesù e Maria”, detti anche “Società del Picpus”, dalla via di Parigi dove è nata la congregazione. Giuseppe, penultimo degli otto, è destinato ad aiutare il padre, ma a 19 anni entra anche lui al Picpus prendendo il nome di fratel Damiano. Nell’istituto c’è anche suo fratello Pamphile: ordinato prete nel 1863. Pamphile non va in missione perché malato, e allora Damiano ottiene di partire al posto del fratello, anche se non è ancora stato ordinato sacerdote.
Destinazione della missione: le Isole Sandwich, così chiamate dal loro scopritore James Cook nel 1778 in onore di Lord Sandwich, capo della Marina inglese. Sono un arcipelago indipendente sotto una monarchia locale, e più tardi si chiameranno Isole Hawaii. Damiano le raggiunge dopo 138 giorni di navigazione, da Brema a Honolulu. Completa gli studi, diventa sacerdote nel 1864 e lavora nell’isola principale, Hawaii. Istruisce la gente nella fede e insegna ad allevare montoni e maiali, come pure a coltivare la terra. Il divario culturale crea ostacoli duri, la solitudine a volte gli pare insopportabile.
Ma è solo un primo collaudo. Nel 1873 il suo vescovo cerca preti volontari per l’isola lazzaretto di Molokai, dove il governo confina tutti i malati di lebbra, togliendoli alle famiglie: si offrono in quattro, per turni di 34 settimane, e tra loro c’è padre Damiano, che va per primo a Molokai e vi resterà per sempre (tranne un breve soggiorno a Honolulu). Ci deve restare, perché il governo teme il contagio e gli proibisce di lasciare l’isola con i suoi 780800 malati ad alta mortalità: 183 decessi nei primi otto mesi.
Ma “tanti ne seppelliamo, altrettanti ne manda il governo“. Ora fuma la pipa per difesa contro l’insopportabile odore di carne in disfacimento, che a volte lo fa svenire in chiesa. A Molokai è prete, medico e padre: cura le anime, lava le piaghe, distribuisce medicine, stimola il senso di dignità dei malati, che si organizzano, lavorano la terra, creano orfanotrofi: opera loro, orgoglio loro.
Nel 1885, ecco la scoperta: anche lui è stato contagiato dalla lebbra. Ed è solo, aspettando a lungo un altro prete per confessarsi, fino all’arrivo del padre belga Conrardy, pochi mesi prima della morte. Sopporta incomprensioni, ma è capace di dire: “Sono tranquillo e rassegnato, e anche più felice in questo mio mondo“. Fino all’ultimo aiuta gli studi sulla lebbra, sperimentando su di sé nuovi farmaci.
La morte e il culto
Muore dopo un mese di letto, e mille malati di lebbra lo seppelliscono ai piedi di un albero. Nel 1936 il suo corpo verrà riportato in Belgio, a Lovanio. Giovanni Paolo II lo ha beatificato a Bruxelles nel 1995, continuando l’iter iniziato da Paolo VI nel 1967 su richiesta di 33 mila lebbrosi e concluso da Benedetto XVI che lo ha canonizzato in Piazza San Pietro l’11 ottobre 2009.
Autore: Domenico Agasso