Patronato: Brescia
Etimologia: Faustino = (come Fausto) propizio, favorevole, dal latino; Giovita = giovane
Emblema: Palma
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Faustino e Giovita erano due fratelli e nobili bresciani vissuti nel II secolo. Furono entrambi militari e divennero cavalieri. Si convertirono al cristianesimo dal vescovo Apollonio.
Durante la persecuzione di Adriano, in premio della loro costanza nell’apostolato della fede, Apollonio, allora vescovo della città, li ammise agli ordini sacri: Faustino divenne sacerdote e Giovita diacono.
Dopo la consacrazione i santi fratelli raddoppiarono lo zelo e procurarono ai prigionieri, oltre che la parola di conforto, la grazia dei Santissimi Sacramenti.
In pari tempo si dedicarono alla predicazione ottenendo abbondante frutto di conversioni. Ma tanto zelo non poteva restare a lungo nascosto: un certo Giuliano li denunziò e li fece arrestare.
Condotti dinanzi ad Adriano imperatore, di passaggio in quei giorni per Brescia, furono invitati a sacrificare agli dèi dell’impero.
“Noi giammai sacrificheremo ai vostri dèi bugiardi, perchè uno solo è il Dio vero: Gesù Cristo il quale si fece uomo e mori sulla croce per la nostra salvezza!” Risposero con coraggio.
“Ed io vi costringerò colle torture” disse l’imperatore.
“Non vogliamo offendere il nostro Dio con simile atto di idolatria!“
“Io vi farò scorticare vivi, vi taglierò le mani se non getterete una manata d’incenso sul turibolo del tempio; vi taglierò la lingua se non griderete «Evviva gli da dell’impero!» e poi vi butterò alle fiere (solitamente tigri o leoni)!
I due cristiani risposero: “Ma noi non ti ubbidiremo ugualmente! Le tue minacce, o imperatore, non ci fanno tremare, perché senza il permesso del nostro Dio, non ci puoi torcere un sol capello!“
Adriano, viste inutili le minacce, li condannò alle fiere.
“Oh, quanto dolce ì il patire e morire per il Signore!” cantavano i santi fratelli mentre venivano condotti al circo.
Furono dati in pasto alle fiere. Queste uscirono saltelloni con alti ruggiti, ma giunti vicine ai due Santi, si accovacciarono ai loro piedi lambendoli dolcemente. A nulla valsero le urla, le istigazioni dei domatori e del popolo, a nulla valse il prolungato digiuno delle belve: non era ancora scoccata l’ora di Dio.
Portati fuori dal ciroc furono tenuti prigionieri nelle carceri di Milano dove subirono molte torture, poi trasferiti a Roma dove furono di nuovo dati in pasto alle fiere nel Colosseo, ma anche stavolta ne uscirono indenni. Furono imbarcati e mandati a Napoli, e pare che grazie ad una loro intercessione una tempesta durante il viaggio si placò.
Le torture continuarono, infine si decise di spingerli nel mare su una barchetta che però tornò a riva (secondo la leggenda fu riportata in salvo dagli angeli).
Furono quindi condannati a morte, riportati a Brescia e il 15 febbraio furono decapitati, poco fuori porta Matolfa. I corpi furono sepolti nel cimitero di San Latino e nello stesso luogo il vescovo Faustino successivamente fece edificare la chiesa di San Faustino ad Sanguinem.
La storia della loro vita e la testimonianza del loro martirio è narrata nella Legenda Maior.
Alcune reliquie sono oggi conservate nella basilica dedicata ai due martiri. I due martiri sono raffigurati spesso in veste militare romana con la spada in un pugno e la palma del martirio nell’altra, in altre raffigurazioni sono in vesti religiose, Faustino da presbitero, Giovita da diacono.
Il loro patronato su Brescia fu confermato anche a causa di una visione dei due santi che combattevano a fianco dei bresciani contro i milanesi nello scontro decisivo che fece togliere l’assedio alla città, il 13 dicembre 1438.
Foto copertina (Santi Faustino e Giovita nella Pala della Mercanzia di Vincenzo Foppa)
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