Patronato: Madrid
Etimologia: Isidoro = dono di Iside, dal greco
Isidoro nasce a Madrid intorno al 1070/1080 da una poverissima famiglia di contadini. Contadino egli stesso tutta la vita, per necessità. Non sa né leggere né scrivere, ma sa parlare con Dio. Anzi, a Dio dedica molto tempo, sacrificando il riposo, ma non il lavoro, al quale si dedica appassionatamente.
Quando l’urgenza di parlare con Dio arriva anche durante il lavoro, sono gli angeli a venirgli in aiuto e a guidare l’aratro al posto suo. Un modo poetico e significativo per dire come Isidoro abbia imparato a dare a Dio il primo posto. Senza venir mai meno ai suoi doveri terreni. Per i colleghi invidiosi è facile così accusarlo di “assenteismo”. Ma è il padrone stesso a verificare che Isidoro ha tutte le carte in regola, con Dio e con gli uomini. L’invidia, che è davvero vecchia quanto il mondo, gli procura anche un’accusa di malversazione e di furto ai danni dell’azienda , perché ha il “brutto vizio” di aiutare con generosità i poveri. Attingendo abbondantemente da un sacco, il cui livello tuttavia non si abbassa mai. E pensare che la generosità di Isidoro non si limita alle persone, ma si estende anche agli animali della campagna. Ai quali d’inverno non fa mancare il necessario sostentamento.
In questo continuo esercizio di carità e preghiera è seguito passo passo dalla moglie Maria, che una certa agiografia ha dipinto dapprima avara e poi “conquistata” dall’esempio del marito. Certo è comunque che sulla strada della perfezione avanzano entrambi, sostenendosi a vicenda e aiutandosi anche a sopportare i dolori della vita, come quello cocente della morte in tenerissima età del loro unico figlio.
Isidoro muore nel 1130 e lo seppelliscono senza particolari onori nel cimitero di Sant’Andrea, ma anche da quel campo egli continua a “fare la carità”, dispensando grazie e favori a chi lo invoca. Al punto che quarant’anni dopo devono a furor di popolo esumare il suo corpo incorrotto e portarlo in chiesa.
A canonizzarlo, però, nessuno ci pensa. Ci vuole un grosso miracolo, cinque secoli dopo, in favore del re Filippo II a sbloccare la situazione. E il 12 marzo 1622 papa Gregorio XV gli concede la gloria degli altari insieme a quattro “grossi” santi (Filippo Neri, Teresa d’Avila, Ignazio di Loyola e Francesco Saverio) in mezzo ai quali, qui in terra, l’illetterato contadino si sarebbe sentito un po’ a disagio. E da allora, come recita l’enciclopedia dei santi, diventa il “patrono degli affittuari agricoli, dei birocciai, di Centallo e di Verzuolo”.
Autore: Gianpiero Pettiti
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