Teresa di Gesù, o d’Avila, al secolo Teresa Sánchez de Cepeda Dávila y Ahumada, è stata una religiosa e mistica spagnola, proclamata dottore della Chiesa da Paolo VI.
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Figura di spicco della Riforma cattolica, autrice di importanti scritti di mistica, riformò con San Giovanni della Croce l’ordine dei Carmelitani, fondando i Carmelitani scalzi e le Carmelitane scalze.
Teresa nasce ad Avila (Spagna) il 28 Marzo 1515; era figlia di don Alonso de Cepeda, mercante originario di Toledo di origini giudaiche convertitosi al Cristianesimo nel 1485 e di Beatriz de Ahumada, di una nobile famiglia di Avila.
Ai due figli che il padre di Teresa aveva avuto dal suo primo matrimonio se ne aggiunsero altri nove, nati dalle nozze con Beatriz, dei quali Teresa fu la secondogenita.
Verso i 14 anni rimase orfana di madre. Più tardi il padre l’affidò per l’educazione alle Agostiniane di Avila dove ebbe la fortuna di incontrare una santa religiosa; il frequente contatto con lei riuscì ad allontanarla dalle vuote compagnie e a porre nel suo cuore il germe di una vera vocazione.
A 21 anni infatti, dopo l’opposizione paterna alla sua chiamata, fuggì il 2 novembre 1536 dalla sua casa per entrare nel monastero carmelitano dell’Incarnazione di Avila, consacrandosi per sempre al servizio di Dio.
Si distinse, giovane professa, per la sua singolare virtù; ma purtroppo una strana e misteriosa malattia la colpì nel fiore della sua età, portandola quasi alla morte.
Dopo quattro giorni di catalessi, riprese a vivere: era però in uno stato pietoso. Rattrappita per fortissimi dolori di nervi, si ravvolgeva in se stessa come un gomitolo.
Quello che i medici non riuscirono a fare, lo fece la preghiera e il ricorso ai santi del cielo: San Giuseppe, il santo che fu da lei tanto prediletto, la riportò alla salute, con un vero miracolo.
Convalescente, tornò al monastero dell’Incarnazione, dal quale era uscita per le cure.
Riprese la sua vita ascetica e la sua fervente preghiera , stimolata nella direzione dell’orazione dalle letture indicatele dallo zio Pietro di cui era stata ospite.
Il demonio però, prevedendo che proprio quella giovane religiosa avrebbe potuto strappargli col tempo molte persone, con la sua attraente personalità e col suo amore per Dio, fece quanto poteva per spegnere nel cuore la fiamma di questo comunicativo amore.
Attraverso le grate del monastero, Teresa incominciò a dialogare con molte persone, portando la conversazione anche su questioni frivole e piuttosto mondane, fino – dice lei stessa: – “a vergognarmi di continuare con Dio quella particolare amicizia che deriva dall’orazione”.
Tra il 1554 e il 1555 avvenne il significativo episodio che avrebbe condotto la religiosa al ribaltamento della propria vita:
«I miei occhi caddero sopra una immagine che era stata posta lì, in attesa della solennità che doveva farsi in monastero. Raffigurava Nostro Signore coperto di piaghe. Appena la guardai mi sentii tutta commossa, perché rappresentava al vivo quanto Egli aveva sofferto per noi: fu così grande il dolore che provai al pensiero dell’ingratitudine con la quale rispondevo al suo amore, che mi parve il cuore mi si spezzasse. Mi gettai ai suoi piedi tutta in lacrime, e lo supplicai a darmi forza per non offenderlo più.» (Vita 9,1)
Fu quella che lei stessa definisce come la sua seconda conversione, a seguito della quale cominciò nuovamente a dedicarsi alla preghiera e a ridurre i passatempi. Particolarmente significativa fu per lei la lettura delle Confessioni di sant’Agostino ed esperienze mistiche che ebbe.
Da allora in poi l’orazione divenne il suo bene più grande, disponendola ad un rapporto sempre più profondo con Dio.
Raggiunse così in un tempo relativamente breve le vette più alte e l’amore pieno e totale verso Dio e verso le sorelle. Ormai muove passi da gigante. Trasportata sulle ali dell’orazione, può irradiare intorno a sé tanta luce da illuminare chi le sta attorno.
Nacque in lei il desiderio di condividere con altre sorelle una maggior autenticità di vita monastica (che probabilmente non c’era in quel momento nel suo ordine) e sotto la guida di Francesco Borgia e di Pietro di Alcantara, cominciò a fondare comunità piccole, dove le monache potessero vivere la regola primitiva dell’Ordine carmelitano, sull’esempio dei primi padri.
Iniziò così quell’intensa attività riformatrice che verrà detta riforma teresiana e che proprio da lei prese il nome.
Il 24 agosto 1562 ebbe così inizio la fondazione di San Giuseppe: il suo primo monastero riformato, che poté attuare in mezzo a moltissime difficoltà di ogni genere, sia da parte della città stessa, sia da parte di alcune persone forse istigate dal demonio.
Le nuove monache, strette in severa clausura, consumano la loro vita nella preghiera, nella mortificazione, nella comunione fraterna e nel lavoro. Alla liturgia delle ore del coro seguono due ore di orazione mentale; nel cibo si astengono completamente dalle carni e aggiungono altre penitenze.
Consumano quindi la loro vita in sacrificio, per la gloria di Dio, per la salvezza dei fratelli vicini e lontani e si spendono in un apostolato indispensabile ed efficace per la Chiesa tutta.
Alla prima fondazione ne seguiranno altre sedici.
I mezzi di trasporto da un monastero all’altro sono carri rozzi e malmessi: ella saprà cambiarli in una sorta di monasteri ambulanti, dove con un campanello si davano i segni della preghiera, della ricreazione e del silenzio, pagando i carrettieri e i viaggiatori, perché rispettino il raccoglimento delle monache.
La santa medita di introdurre nella sua Riforma anche i Carmelitani (filone maschile) e vi riesce assai bene con Juan de la Cruz (San Giovanni della Croce), che fonderà il suo primo convento di Carmelitani Scalzi, nel 1568.
Essi avranno l’obbligo, oltre la Regola comune con le monache, ma senza clausura, di occuparsi, in parte, anche dell’apostolato diretto ed esteriore. Così, presto, si fonderanno ben 14 conventi maschili.
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Arriva però, come sempre, l’ora della prova e attraversa con calma e pazienza le molte persecuzioni che le sopravvengono da parte degli uomini e del demonio stesso, geloso di tanto bene. Quando sembra che la sua opera venga distrutta la sua opera viene giuridicamente riconosciuta dall’autorità della Chiesa e costituita in un organismo a parte, indipendentemente dal vecchio tronco su cui era sbocciata.
Madre di anime e fondatrice di monasteri era una donna tenerissima ma si riteneva l’ultima di tutte e non voleva che le sue figlie le strappassero di mano la scopa e non volessero permetterle di lavare i piatti. Non usciva mai dalla sua bocca alcuna parola contro la carità e non si meravigliava mai delle debolezze altrui. Eccelleva nello spirito di ubbidienza, di povertà, di generosità, di prudenza. Ma ella fu grande soprattutto nell’amore.
Fu maestra di mistici e direttrice di coscienze, tenne contatti epistolari con il re Filippo II di Spagna e con i personaggi più illustri del suo tempo.
Le sue continue infermità corporali non le lasciavano un momento di tregua; il martirio ineffabilmente doloroso a causa delle vie molto straordinarie per cui Dio la conduceva, l’incomprensione di confessori e di persone che la pensavano quasi indemoniata, la lotta stessa col demonio, che a volte pareva atterrirla, le ignominiose calunnie di alcuni nemici e dello stesso Nunzio Apostolico che la giudicò femmina inquieta e vagabonda le furono molte volte causa di gravi afflizioni.
Proprio nei di grave sofferenza fece alcune esperienze mistiche che la trasformarono interiormente affinando in lei la percezione di Dio, con esperienze estatiche, descritte nei suoi libri.
Su sollecitazione del suo confessore, nel 1567 scrisse la storia della sua vita.
Nella prefazione osserva:
«Io vorrei che, come mi hanno comandato di scrivere il mio modo di orazione e le grazie che mi ha fatte il Signore, mi avessero concesso anche di raccontare minutamente e con chiarezza i miei grandi peccati.»
Il cammino della perfezione (titolo originale: Camino de perfecciòn), scritto anch’esso dopo il 1567 sotto la direzione del suo confessore.
Il castello interiore, (titolo originale: Castillo interior, Las Moradas) scritto nel 1577, in cui paragona l’anima contemplante ad un castello composto da 7 camere interne successive.
Le Relazioni, un’estensione della sua autobiografia sotto forma di racconto epistolare delle sue esperienze interiori ed esterne.
Sono opere minori i Concetti dell’amore, le Esclamazioni e le Carte, una raccolta di 342 lettere complete e 87 frammenti di altre.
Oggi vi sono molte edizioni di tutte le opere della santa. La prosa di Teresa è caratterizzata da spontaneità, eleganza stilistica e forza espressiva, che la fanno figurare tra i più importanti prosatori della letteratura spagnola.
Morì la notte tra il 4 ottobre e il 15 ottobre 1582. Quella notte, infatti, entrava in vigore la riforma gregoriana del calendario, che prevedeva il salto di dieci giorni tra le due date in questione.
Il 24 aprile 1614 fu beatificata da papa Paolo V; il 12 marzo 1622 fu proclamata santa da Papa Gregorio XV a quarant’anni dalla morte.
Papa Paolo VI il 27 settembre 1970 la riconobbe come dottore della Chiesa, prima donna nella storia della Chiesa a ricevere questo titolo e viene considerata una vera e propria maestra di preghiera.
È la patrona di: scrittori, orfani, persone malate nel corpo, persone in cerca di grazia.
O serafica Vergine Teresa, sposa diletta del Crocifisso,
Voi che in terra tanto avete amato il vostro e mio Dio,
ed ora in cielo lo amate con amore più puro e più grande:
Voi che avete sempre desiderato di vederlo amato da tutti gli uomini,
impetrate, vi prego anche per me la scintilla di questo santo amore,
che mi faccia dimenticare del mondo, delle creature, di me stesso
e faccia che tutte le mie opere siano sempre impiegate in eseguire, fra le delizie o fra le pene, la volontà di quel sommo Bene, che merita essere infinitamente ubbidito ed amato.
Deh! ottenetemi queste grazie Voi che tanto potete presso Dio per venire partecipe di Lui con Voi nell’eternità del Paradiso. Amen.
Gloria al Padre
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