Patronato: Mendicanti, Senzatetto
Etimologia: Benedetto = che augura il bene, dal latino
San Benedetto Giuseppe Labre, nacque ad Amette il 26 marzo del 1748, primo di quindici fratelli. Più tardi potè entrare nei Certosini, da cui usci quasi subito, e fra i trappisti di cui pure dovette allontanarsi per grave malattia. Di nuovo libero, si mosse al pellegrinaggio di Roma , secondo il voto fatto durante la convalescenza. Durante il viaggio ebbe una luce interna così viva sulla vocazione che gli era riservata, che non ne dubitò mai più. Egli diceva come S.Alessio: “Bisogna abbandonare la patria ed i propri parenti, per condurre una nuova specie di vita di estrema penitenza, ma in mezzo al mondo, visitando in pellegrinaggio i Santuari cattolici più celebrati“.
Si decise, dunque, dopo ripetute approvazioni di direttori spirituali, ad iniziare la lunga serie di pellegrinaggi, che durò tutta la sua vita.
Vestì un abito rozzo e logoro, trascurando ogni norma di igiene personale: non domandò mai elemosina. Visitò nei primi sei anni Loreto, Assisi, Compostella, nella Spagna, i Santuari della Svizzera e della Francia.
Gli ultimi sei anni trascorsi a Roma. Da qui ogni anno partiva per una visita alla Santa Casa di Loreto. Poichè la più dolce compagnia di Benedetto Labre è Gesù e Maria, il Santuario dove si compì il mistero della Incarnazione, il Santuario testimone di tutte le virtù intime della Sacra Famiglia, Benedetto che portava pure il nome di Giuseppe e che onorava grandemente il casto Sposo della Santa Vergine, vorrebbe non abbandonarlo mai. Infatti egli non se ne allontanerebbe, se il senso cristiano di cui egli è ben penetrato, non gli avesse fatto conoscere in Roma una fonte ancor più feconda di vita religiosa che in qualsiasi altro luogo. A Roma passa i suoi giorni e, quando può, anche le sue notti nelle chiese: egli sa venerare tutte le memorie dei Santi Apostoli e dei Martiri.
Là egli è assiduo in tutte le chiese, secondo i turni fissati, dinnanzi al Santissimo Sacramento, tanto che a voce di popolo viene battezzato il povero delle Quarantore.
Lo si vedeva dinnanzi all’altare ora immobile come una statua, ora trasportato verso Dio da un impulso che si manifesta dal suo atteggiamento esteriore.
Attraverso tutti gli strappi delle sue vesti il lume della grazia, direi quasi della gloria, sfolgora da ogni parte: “Vedete dunque questo povero, esclamava un giorno una donna, come è buono! come è bello! Bello?!” Sì: la stessa scrittura che ci dipinge Gesù Cristo come l’uomo abietto e l’ultimo degli esseri, ce lo rappresenta altrove il più bello dei figli degli uomini.
Ora Benedetto Labre ha conciliato in sè questo doppia caratteristica, che i profeti avevano dato di Cristo: un tipo superiore si rivela attraverso questa grossolana corteccia. Egli è il rifiuto del mondo, eppure nè è il fiore.
Alla fine, logoro dalle austerità, Benedetto Labre il 16 aprile del 1783 cadde sui gradini della Chiesa di S. Maria dei Monti a Roma e, portato in una casa vicina, vi morì. La sua morte fu seguita da una grande quantità di grazie e di miracoli. Fu beatificato da Pio IX nel 1839 e canonizzato da Leone XIII l’8 dicembre 1883.
Autore: Don Luca Roveda
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