Etimologia: Marcello, diminutivo di Marco = nato in marzo, sacro a Marte, dal latino
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L’ultima persecuzione dei cristiani, prima che Costantino accettasse il culto di Cristo, fu quella del vecchio Diocleziano, e fu la più lunga e cruda. Ebbe inizio nel 303 e distrusse le chiese, bruciò i libri sacri e i cristiani che si rifiutavano di sacrificarsi agli dèi erano considerati peggio di schiavi. I nobili, se cristiani, perdevano i loro titoli; gli ufficiali, i loro gradi; i funzionari, i loro uffici; i mercanti, i loro averi.
Ma a queste persecuzioni morali si aggiunsero presto anche quelle materiali. Accusati d’aver bruciato il Palazzo imperiale i Cristiani vennero arsi, affogati, decapitati, crocifissi, sbranati. Città intere restarono spopolate; l’esercito decimato.
Dinanzi a questo vero e proprio «terrore», molti Cristiani cedettero: abiurarono e apostatarono. Non tutti furono capaci di reggere, specialmente alla persecuzione civile, e per conservare, non tanto la loro vita, quanto la loro dignità, i loro gradi, i loro uffici, i loro averi, caddero nell’apostasia.
Vennero chiamati lapsi, cioè caduti; e relapsi quando erano ricaduti più di una volta nell’apostasia.
Per questi suoi figli infelici, la Chiesa devastata, smembrata, prese il lutto, e alla morte del Papa Marcellino si ebbe un lungo periodo di vacanza della sede apostolica.
In questo momento difficilissimo, anzi, addirittura tragico, s’alzò la figura di San Marcello, presbiterocapo della Chiesa Romana. Nei calendari e negli elenchi dei Pontefici, gli viene dato il titolo di Papa, trentunesimo della serie Apostolica. Ma forse egli non fu Papa, ma soltanto «Presbiterocapo», cioè primo tra i sacerdoti romani.
In ogni modo, il suo pontificato ebbe inizio quattro anni dopo la morte del suo predecessore, e fu di breve durata. La Chiesa, dopo la persecuzione e l’assenza di un capo, mostrava le piaghe dell’infedeltà e le cicatrici del tradimento. San Marcello fu severo coi lapsi, ai quali impose gravi penitenze; severissimo coi relapsi. Duro con coloro i quali, addirittura, avevano formato una specie di partito «lassista», che tentava di giustificare, se non addirittura difendere, l’operato dei cristiani rinnegati.
E la durezza di San Marcello era santa e salutare, perché se i deboli possono destare pietà, i traditori compiaciuti e i superbi non possono suscitare che la riprovazione e la condanna.
Con la morte di Diocleziano e la successione di Massenzio, che doveva essere poi l’avversario sconfitto da Costantino, la persecuzione parve placarsi. La Chiesa romana si riorganizzò sotto la guida inflessibile di San Marcello, finché anche l’Imperatore Massenzio, insospettitosi, mandò in esilio il Pontefice, o «Presbiterocapo», della Chiesa Romana.
E in esilio morì, nel 309, per quanto le leggende, e anche il Martirologio accennino ad una fine diversa e più colorita.
Narrano infatti come Marcello celebrasse nella casa che una ricca matrona, Novella, aveva lasciato alla Chiesa, convertendosi al Cristianesimo, e che si trovava sulla via Lata. L’Imperatore, avrebbe fatto trasformare quella casachiesa in una stalla per i cavalli dei corrieri imperiali; e San Marcello, dopo essere stato battuto con le verghe, fu condannato a servire come stalliere.
Nel qual servizio, conclude la Leggenda, dopo molti anni di fatiche e di strapazzi, morì. Ecco perché San Marcello, presbitero-capo e Papa, viene venerato come Patrono degli stallieri e protettore delle scuderie.
Fonte www.santiebeati.it – Autore: Domenico Agasso
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