A Pisa, beata Chiara Gambacorti, che, ancora giovane, rimasta vedova del marito, su esortazione di santa Caterina da Siena, fondò qui il primo monastero domenicano di stretta osservanza e, perdonati gli assassini del padre e dei suoi fratelli, governò le consorelle con prudenza e carità.
Nasce probabilmente a Firenze nel 1362; era figlia di Pietro (detto anche Piero) della potente famiglia pisana dei Gambacorti, dal 1369 signore incontrastato di Pisa.
Chiara – il cui nome di battesimo è Tora, diminutivo di Vittoria, o secondo altri Teodora – è destinata appena dodicenne, dal padre, a un ricco matrimonio con un nobile pisano, di fazione ghibellina: Simone Massa.
Il suo sposo muore tre anni dopo e in casa Gambacorti c’è ora una vedova quindicenne.
Chiara si nega ad ogni altro disegno matrimoniale del padre, perché vuole scegliersi un futuro seguendo i consigli di Caterina da Siena. L’ha incontrata a Pisa nel 1375, in primavera e poi in autunno. Più tardi, dopo la morte del marito, riceve sue lettere che la spingono a farsi suora.
Anzi, già le danno suggerimenti pratici di comportamento quotidiano come religiosa: «E guarda che tu non perda il tempo tuo (…), ma sempre esercita il tempo o coll’orazione o colla lezione [lettura] o con fare alcuna cosa manuale, acciocché tu non cada nell’ozio».
Su questa spinta, Tora decide di ritirarsi presso le monache Clarisse, ma non è ancora una di loro.
E non lo diventerà, perché la famiglia reagisce duramente alla sua iniziativa: i fratelli la portano via con la forza dal monastero, e per alcuni mesi la tengono in una sorta di prigionia domestica. Ma non serve. Ha deciso, e i suoi si rassegnano a vederla entrare nel monastero domenicano di Santa Croce. Qui Tora veste l’abito religioso e prende il nome di suor Chiara.
È il tempo in cui papa Gregorio XI, tallonato da Caterina, lascia Avignone per ritornare stabilmente in Roma (gennaio 1377). Pietro Gambacorti, padrone di Pisa, lo accoglie solennemente durante la sosta a Livorno. E intanto fa costruire in Pisa un monastero nuovo per la figlia, che sarà dedicato a san Domenico. Non solo: vorrebbe anche poter ricevere un’altra volta in città Caterina da Siena.
Lei non può più accettare, è ammalata; ma trova il tempo di scrivergli, con belle parole di gratitudine. E con un avviso bene in chiaro: sappia il signore di Pisa che è tempo per lui di “correggere” vita e comportamenti: «Non indugiate, che il tempo è breve e il punto della mortene viene, che non ce n’avvediamo».
Caterina muore nel 1380. Dodici anni dopo c’è in Pisa un’altra congiura contro i Gambacorti, appoggiata dai Visconti di Milano: e Pietro viene assassinato con i figli Benedetto e Lorenzo.
Nel monastero, suor Chiara diventa madre badessa; i beni dei Gambacorti le serviranno per farlo diventare un centro di accoglienza per ogni sorta di povero.
Un giorno battono alla sua porta la moglie e le figlie dell’uomo che ha ucciso suo padre e i suoi fratelli; lei le perdona e le accoglie nel convento, diventando così anche la loro casa.
Per le sue monache, Chiara è già santa da viva. E nel giorno della morte 17 Aprile 1420, invece del Requiem, le loro voci intonano il Gloria. Il suo corpo si trova ancora nel suo monastero a Pisa.
A Pisa le hanno intitolato una piazza.
Papa Pio VIII, nel 1830, l’ha beatificata.
Autore: Domenico Agasso
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